Il supremo sacrificio
SILVIO MARIA GIRAUD
MISSIONARIO DELLA SALETTE
SACERDOTE E OSTIA
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LIBRO TERZO
LE VIRTU' SACERDOTALI
L'UNIONE A GESÙ CRISTO
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CAPITOLO DICIASSETTESIMO. IL SUPREMO SACRIFICIO
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Nostro Signore è stato Vittima, e Vittima perfetta, durante tutta la sua vita. Quando, nel seno della sua divina Madre, diceva Ecce venio, il suo Sacrificio era già completo, perché nulla si poteva aggiungere all'eccellenza di una tale Oblazione. Gli atti che seguirono sin all'ultimo sospiro, ebbero un valore infinito, tanto separatamente quanto nel loro complesso; ma essi non diedero punto un nuovo valore al Sacrificio del Figlio di Dio. Perciò san Paolo dice: «Con una sola oblazione Egli rese perfetti in perpetuo quelli che sono santificati» (Eb 10, 14). Tuttavia, era piaciuto al Padre, nei decreti della sua adorabile sapienza, di porre all'accettazione del Sacrificio del suo proprio Figlio, certe condizioni esterne; e la principale di tali condizioni era la morte di questo figlio prediletto. In questo senso sta scritto che GESÙ CRISTO fu obbediente «sino alla morte, e alla morte di croce». Ma quando l'Adorabile Vittima subì quella morte dolorosa, quella morte nel sangue, in mezzo a tanti patimenti e tante ignominie, allora in verità «tutto fu compiuto». «In quell'istante, fatale per l'inferno, ma per la Chiesa infinitamente felice, dice Bossuet, essendo interamente finita la legge vecchia, ed essendo pure confermate tutte le promesse del Testamento, la qual cosa non poteva farsi che nel compimento del Sacrificio del Mediatore, tutti gli antichi sacrifici degli animali perdettero la loro virtù: tutti i figli delle promesse presero il loro posto col Salvatore; e divenendo Vittime essi pure, la loro morte, che sino allora non avrebbe potuto essere che una pena del peccato, venne, in quella di GESÙ CRISTO, trasformata nella natura di Sacrificio» (611).
Ma qual mistero è mai questo? In qual modo «la nostra morte, in quella di GESÙ CRISTO, venne trasformata nella natura sii Sacrificio?». Quest'opera dell'amore del nostro Dio è sommamente bella; né vi si può pensare senza provarne grande delizia e consolazione. Nostro Signore, sulla croce, non era solo. GESÙ CRISTO non era mai solo. Sant'Agostino ci ha insegnato che GESÙ CRISTO è tutt'assieme il Capo e le membra. Noi eravamo dunque con Lui in ciascuno dei misteri della sua vita; come mai sarebbe stato possibile che fossimo da Lui separati in quel mistero supremo della Redenzione?
«No! dice quel grande Dottore dell'unità di CRISTO e della sua Chiesa applicando alla Passione di CRISTO il Salmo LVIII, non dobbiamo vedere in GESÙ CRISTO (che soffre sulla Croce) solamente il capo, ossia solamente il Mediatore tra Dio e gli uomini. Dobbiamo considerare GESÙ CRISTO come l'uomo perfetto, che in se medesimo riunisce il capo e il corpo; perché il CRISTO intero comprende il capo e il corpo.
«Perciò, sulla croce, Egli stesso parla in nome del suo corpo, quando dice: Deus meus, Deus meus, ut quid dereliquisti me? Dio Padre, infatti, non aveva abbandonato GESÙ CRISTO, né GESÙ CRISTO aveva abbandonato Dio Padre. Ma l'uomo, perché aveva abbandonato Dio, era stato, in realtà, abbandonato da Dio; GESÙ CRISTO, avendo preso la carne di Adamo, parla qui, ex persona ipsius carnis, come se fosse la persona di Adamo, poiché l'uomo nostro vecchio era affisso con Lui alla croce» (612).