Abbandono a Gesù

""qui a lato: Beato Pablo José Nardini (1821-1862), presbitero

 

 

Mons. Agostino Gonon
Vescovo di Moulins

Verso le vette della Santità Sacerdotale

* * *

Preparazione alla morte
IL «DIES IRAE» DEL SACERDOTE

Abbandono a Gesù.

 

***

Mio Dio! il lavoro quotidiano mi assorbe interamente, il ministero occupa, preoccupa tutte le mie facoltà; stanco tìsicamente, abbattuto moralmente, ho appena le forze e il tempo di pensare a me stesso. Giungo ogni giorno a sera senza aver fatto quanto avrei voluto, e forse neppure quanto avrei dovuto… E m’avanzo così verso la grande sera. Non vi sono già? non mi capiterà improvvisa, in un attimo, avvolgendo d’un tratto tutto nelle tenebre? Nessuno me ne avvertirà perché, Signore, Voi avete detto che nessuno può dirlo: Nescitis diem neque horam (Mat. 25, 13); anzi ch’io ne sarò sorpreso: Qua hora non putatis Filius hominis veniet (Luc. 12, 40).

Davanti a sì terribile incertezza ricordo la vostra parola, che è luce e raggio di speranza… Filius hominis veniet! Voi verrete o Maestro, Rabbonì, Voi che al dire di S. Giovanni mi siete avvocato se pecco! Voglio dunque abbandonarmi alla confidenza, contare sulla vostra misericordia, credere al vostro amore per i sacerdoti: vos dixi amicos, e fin d’ora vi rivolgo per quella sera misteriosa, la prece liturgica:

Oro supplex et acclinis

Cor contritum quasi cinis

Gere curam mei finis.

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Coronamento. Maria e il sacerdote

SILVIO MARIA GIRAUD
MISSIONARIO DELLA SALETTE

 

SACERDOTE E OSTIA

* * *

LIBRO TERZO

LE VIRTU' SACERDOTALI
L'UNIONE A GESÙ CRISTO

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CORONAMENTO DELL'OPERA
MARIA E IL SACERDOTE

 

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La statua di Maria risplende su la più alta guglia del Duomo di Milano, al disopra deI santo Tabernacolo dove sta la Vittima divina, Gesù Ostia. In tal modo, ci sta a cuore che, la dolce immagine della nostra celeste Madre incoroni la modesta opera nostra che a Lei pure, nell'incominciarla, abbiamo dedicata e consacrata.

 

I. EMINENTE DIGNITA' DI MARIA, MADRE DI DIO

Ciò che costituisce la grande dignità della Madonna, la più sublime che una semplice creatura possa ricevere, è la Maternità divina (641). Questa comprende una specie di infinità (642). Maria è essenzialmente legata, nel disegno divino, alla Incarnazione e ne forma parte integrante. Non vi furono già due decreti divini, uno per l'Incarnazione e un altro per la Maternità divina; ma un solo e medesimo decreto che comprendeva l'Incarnazione della seconda Persona della SS. Trinità e insieme la miracolosa Maternità di Maria (643). In tutta realtà, nel disegno di Dio, Gesù e Maria non fanno che una cosa sola. In quella guisa che, in virtù dell'unione ipostatica, Gesù Cristo è Figlio di Dio e neI medesimo tempo viene pure santificato in una maniera eminente e senza pari: così, Maria non è già solamente Madre di Dio, destinata a dare al Figlio di Dio quella umanità di cui sarà rivestito; ma inoltre, essa, è santificata per causa di tale dignità e anche da tale dignità, poiché, giusta il sentimento dei Teologi, la Maternità divina è causa formale di santificazione (644). Maria è quindi santa, immacolata e piena di grazia, in quel modo che Gesù, Figlio di Dio, è il «Santo, l'Innocente, l'Immacolato, separato dai peccatori, sublimato sopra i cieli» (Eb 7, 26).

In Gesù e in Maria abbiamo la stessa pienezza di grazia, ma ad un titolo diverso. Gesù ha la pienezza della grazia per un diritto diretto e assoluto, mentre Maria la possiede solamente per graziosa concessione; e inoltre la pienezza della grazia che trovasi in Maria ha in Gesù il suo principio e la sua causa (645).

Si può considerare, in Maria, una doppia relazione con le Persone della SS. Trinità: una relazione di cooperazione e una relazione di santificazione. La prima consiste in ciò che, per disposizione affatto gratuita della Bontà divina, Maria coopera direttamente ed efficacemente all'opera grande di Dio, ossia all'incarnazione del Figlio di Dio (646); per la seconda, Maria riceve quella santificazione speciale e affatto straordinaria che si addice alla sublimità ed alla eccellenza della sua cooperazione. Dapprima, Maria ha una relazione di operazione col Padre. Come il Padre genera eternamente il Figlio suo, così Maria, nel tempo, genera pure quel medesimo Figlio. È fa stessa operazione, ma in condizioni e con caratteri essenzialmente e assolutamente differenti. In Maria trovasi una virtù capace di generare un Dio, un Dio incarnato; tale virtù tutta divina è simile a quella del Padre. Con tutta verità si dice ­ ed è il linguaggio della fede – che Maria genera una Persona divina, ma una Persona divina che si fa uomo (647). Ne consegue, tra il Padre e la Vergine, una unione di una sublimità assolutamente ineffabile e incomprensibile, «una sorta di identità» dice san Pier Damiani (648) Maria è la Sposa del Padre. Questo titolo, di una esattezza rigorosa, esprime la relazione di operazione. Ma non è possibile che una tale unione non sia santificante; Maria quindi è realmente santificata dal Padre e si può applicarle quella parola che Gesù ha detto di se stesso: il Padre mi ha santificato, Quem pater sanctificavit (Gv 10, 36).

Tuttavia, perché qualsiasi santificazione non si fa né può farsi che in Gesù Cristo; in Gesù Cristo Maria è stata santificata. In qual modo? La grazia che ci viene da Gesù Cristo è una grazia di Filiazione divina: noi siamo figli per adozione come Gesù è Figlio per natura, perciò Gesù si compiace di chiamarci suoi fratelli (2 Pt 1, 4; 4, 4-5). Tale è pure la condizione fatta a Maria: Sposa del Padre nella sua relazione di operazione, essa è figlia del Padre nella sua relazione di grazia e di santificazione. Quale cooperatrice del Padre, è Sposa del Padre; in quanto santificata dal Padre, è Figlia del Padre e Sorella di Gesù Cristo. La grazia è la comunicazione della natura divina, ma di questa divina natura in quanto trovasi in Gesù Cristo, il quale essendo Figlio di Dio ci comunica la sua filiazione col farci parte di ciò ch'Egli ha ricevuto. Così si spiega perché la pietà cattolica dà abitualmente a Maria il titolo di Figlia del Padre; quell'altro, meno conosciuto, di Sposa del Padre, non è meno vero del primo, anzi è il principio di tutti gli altri titoli che si danno alla divina Vergine.

 

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L’assistenza della Santissima Vergine nel ministero sacerdotale

MARIA E IL SACERDOZIO
di Padre Paolo Philippe, O.P.

 PARTE TERZA . La Vergine Santissima e il ministero sacerdotale
Capitolo II. Maria e il ministero dei sacerdoti

Chiamata a collaborare con Nostro Signore all’opera della salvezza, Maria continua questa cooperazione con i suoi ministri.
Li aiuta nei loro ministero con una sollecitudine e una delicatezza incomparabili. Ritrova infatti in loro il Sacerdozio di Cristo.

2. L’assistenza della Santissima Vergine nel ministero sacerdotale



Se Nostro Signore s’è degnato di aver bisogno di Maria nell’opera della Redenzione, è, senza dubbio, in parte, perché voleva insegnarci che non potremo fare a meno dell’assistenza della Santissima Vergine nel nostro ministero.
Il primo atto del ministero pubblico di Gesù fu compiuto dietro preghiera di Maria: il miracolo delle nozze di Cana. Fu ella ad affrettare il momento in cui Nostro Signore si rivelò al popolo, e lo fece mostrando al Figlio suo il bisogno di quella buona gente: “Vinum non habent, non hanno più vino” (Jo, II, 1).
Fu ella, ancora, ad ottenere con la sua preghiera l’abbondanza delle grazie dello Spirito Santo, di cui gli Apostoli abbisognavano per essere le colonne della Chiesa, come una mamma che prega, alla vigilia dell’Ordinazione del figlio; se gli Apostoli hanno potuto compiere l’opera gigantesca che hanno compiuto, è grazia all’intercessione di Maria.
Nessuno dubita che li abbia assistiti ancora con la sua preghiera, durante gli anni che passò sulla terra presso S. Giovanni. Domandava ed otteneva per essi le grazie necessarie alla loro missione, le grazie della predicazione, le grazie della conversione dei pagani, le grazie di primi testimoni della fede. Era lì, come madre nascosta, a vegliare sulla fondazione delle Chiese.
Ma, in cielo, la sua regalità non conosce più ostacoli: ella vede e fa tutto insieme a Cristo Re, per nulla impedita dal numero o dallo spazio. Da allora ella prega per ognuno di noi, affinchè il nostro ministero sia fecondo, ci ottiene i lumi e le forze, che, senza di lei, non avremmo mai avuto e che forse non avevamo mai domandato.
E poi, ella svolge in noi un compito speciale, un ufficio che le è proprio in forza della sua maternità e della sua unione con noi: ci insegna ad essere non solo dei padri per le anime, dei direttori che le guidino e maestri che insegnino loro la verità, ma anche mamme. Ed è necessario, perché Dio non è solo un Padre, ma anche una Mamma: egli riunisce in se eminentemente tutto ciò che in natura è diviso.
Tale è il pensiero che la Madre Claret de la Touche ama svolgere: “Nostro Signore aveva detto a S. Pietro: “Pasci i miei agnelli; pasci le mie pecorelle”. Secondo l’interpretazione comune, gli agnelli sono i fedeli, le pecorelle i sacerdoti… La pecorella è madre, madre degli agnelli; li porta nel suo seno, li nutre del suo latte, li riscalda, li custodisce.
Il Sacerdote non è soltanto padre delle anime, ne è pure la madre: deve avere per loro l’amore tenero e delicato delle madri; deve amarle fino al sacrificio.
Deve dare alle anime la parte migliore della sua vita; nutrirle, per così dire, della sua propria sostanza, sostanza dell’anima, spirituale e purissima; riscaldarle con le fiamme dell’Amore Infinito, difenderle dal male…
Con questa sola parola “pecorella”, Gesù ha detto tutto sul Sacerdote” (CLARET DE LA TOUCHE, L.M., Al servizio di Dio-Amore, Torino, Lib. del Sacro Cuore, 1949, pp. 323-333).
Senza dubbio, il Sacerdote poteva apprendere da Nostro Signore quest’ufficio materno, perché Gesù è eminentemente Padre e Madre delle anime. Ma l’imitazione della sua santa Umanità ci porta a cercare in lui le qualità del maestro e del capo, del padre delle anime, piuttosto che quelle della madre. Perciò egli ha voluto che noi avessimo una Madre ed una Compagna per assisterci nei bisogni e consolarci con la sua presenza spirituale e per darci ancora quel complemento, che mancherebbe al nostro ministero, se badassimo unicamente a soprannaturalizzare in noi le sole qualità virili della nostra natura.
E’ lei che ci dà la compassione, inesauribile per coloro che soffrono e per coloro che sono deboli e lo spirito di sacrificio che si dona senza badare alla fatica o alla salute. E’ lei che c’insegna la delicatezza ed il rispetto del segreto delle anime. E’ lei, infine, che ci insegna a congiungere la semplicità della colomba con la prudenza del serpente. Tutto ciò che in Eva appare doppiezza e infantilismo, è in Maria magnanimità e rettitudine perfetta, al tempo stesso che umiltà superiore. Ella sa tacere quando occorre: ha preferito conservare il silenzio, piuttosto che giustificarsi di fronte a S. Giuseppe prima dell’ora di Dio (Matth., I, 18-24).

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L’unione con Cristo Sacerdote nel ministero delle anime

MARIA E IL SACERDOZIO
di Padre Paolo Philippe, O.P.

 PARTE TERZA . La Vergine Santissima e il ministero sacerdotale
Capitolo II. Maria e il ministero dei sacerdoti

Chiamata a collaborare con Nostro Signore all’opera della salvezza, Maria continua questa cooperazione con i suoi ministri.
Li aiuta nei loro ministero con una sollecitudine e una delicatezza incomparabili. Ritrova infatti in loro il Sacerdozio di Cristo.

1. L’unione con Cristo Sacerdote nel ministero delle anime

S. Tommaso dice che il Sacerdote ha due poteri: uno sul Corpo reale, l’altro sul Corpo Mistico (THOMAS AQUINAS, S., Summa Theol. Suppl., Q 36 a. 2), ma aggiunge che questo duplice potere è puramente strumentale: noi siamo soltanto ministri, strumenti per trasmettere la grazia, che, per nostro mezzo, dal capo fluisce nelle membra (Ibid., Q. 36 a.3).
Che dire, se non che le anime, di cui abbiamo la cura, ci sono state veramente affidate? Noi siamo i pastori e padri, le conosciamo per nome e le guidiamo, le generiamo alla vita spirituale e le risuscitiamo se l’hanno perduta, con una semplice assoluzione mutiamo la loro eternità: noi insegniamo loro !e parole di vita e di verità. Insomma, noi esercitiamo su di esse un potere più grande di qualsiasi sovrano della terra, poiché noi entriamo nelle coscienze e le dirigiamo.
Tuttavia, tale potere non è che un potere ministeriale, perché le anime, in definitiva, non ci appartengono (Cfr. le magnifiche pagine del R. P. DEHAU, TH., O.P., in Le Bon Pasteur, Paris, 1942). Esse sono di Cristo, di Dio, e noi non siamo che servi inutili, strumenti in se limitatissimi e debolissimi, ma forti per lui. “Dei adiutores sumus” (I Cor., III, 9).
Dobbiamo, perciò, avere un immenso rispetto per le anime, non accaparrarle, non imporre loro il nostro modo di vedere, non abusare dei nostro potere, cercare, invece, di percepire le intenzioni di Nostro Signore su ognuna di esse e guidarle secondo i voleri di Dio.

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La regalità della Santissima Vergine e l’azione santificatrice di Cristo

MARIA E IL SACERDOZIO
di Padre Paolo Philippe, O.P.

 PARTE TERZA . La Vergine Santissima e il ministero sacerdotale
Capitolo I. Maria e il ministero di Cristo sacerdote

2. La regalità della Santissima Vergine e l’azione santificatrice di Cristo.

Se Cristo ha terminato la sua opera sulla terra acquistando un diritto di valore infinito alle grazie necessarie per salvare gli uomini tutti, occorre, tuttavia, che gli uomini vengano ad attingere al tesoro del suo Cuore. Occorre che essi si lascino applicare i frutti della Passione e si salvino realmente. Anche in ciò bisogna che Gesù li aiuti con la collaborazione di Maria.

Quest’ufficio di Gesù è ancora un ufficio sacerdotale. Il Sacerdote non ha solo il compito di offrire il sacrifìcio a Dio —benché sia il suo compito principale— deve ancora comunicare alle anime, a ciascun’anima a lui affidata, le grazie divine. La mediazione universale di Cristo è una strada in due sensi, uno che sale al Padre per ottenere il potere di salvare tutti gli uomini e l’altro che discenda dal Padre per applicare loro i meriti ottenuti.

Parimenti, dire che Maria è la Mediatrice di tutte le grazie non è solo affermare che ella ci ha meritato, con la sua Compassione, tutto quello che Gesù ci ha acquistato con la sua Passione, ma anche credere che Maria è, insieme a Gesù, la Dispensatrice di tutte le grazie discese dal Padre ed accordate ad ognuna delle anime nostre.

 


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La Vergine Santissima e il ministero sacerdotale

MARIA E IL SACERDOZIO
di Padre Paolo Philippe, O.P.

 PARTE TERZA . La Vergine Santissima e il ministero sacerdotale
Capitolo I. Maria e il ministero di Cristo sacerdote

La Santissima Vergine non ha partecipato alla Passione solo consolando il cuore di Nostro Signore con la sua presenza, ma ha veramente cooperato alla Redenzione. Sul Calvario Maria è la Sposa di Cristo, ma è anche Madre nostra; ella ci ha veramente generati partecipando al Sacrificio Redentivo offerto dal Sommo Sacerdote.

Sulla Croce, però, questa maternità spirituale s’inizia soltanto; è in cielo, dopo l’Assunzione, che essa acquisterà tutta la sua ampiezza. Maria, infatti, non ha cooperato soltanto all’acquisto delle grazie che sono il frutto della Passione, ma ha cooperato anche e coopera ancora alla distribuzione di tutte queste grazie: dopo essere stata Sposa, è Regina e partecipa così alla Regalità sacerdotale di Cristo.

 1. La fecondità della Santissima Vergine presso la Croce.

Ma è proprio esatto che Maria è divenuta Madre nostra sul Calvario? Non vanta dei diritti su di noi fin dal giorno dell’Annunciazione? Accettando col suo "fiat" di divenire la Madre del Redentore, Maria acconsentiva già a collaborare all’opera di rigenerazione spirituale decretata dall’Amore Infinito e che Cristo avrebbe effettuata. E’, dunque, ben certo che Maria è Madre nostra fin dall’Annunciazione. Se è stato infatti l’Amore Infinito di Dio che ci ha dato Cristo Gesù, esso ha voluto passare interamente nel Cuore di Maria, affinchè con un atto della sua volontà, l’amore di Maria, ci desse il Salvatore.

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L’unione del sacerdote con la Santissima Vergine

MARIA E IL SACERDOZIO
di Padre Paolo Philippe, O.P.

 PARTE SECONDA.  MARIA E LA VITA INTERIORE SACERDOTALE
CAPITOLO II. MARIA E LA VITA INTERIORE DEL SACERDOTE

 2. — L’UNIONE DEL SACERDOTE CON LA SANTISSIMA VERGINE


Sull’altare il Sacerdote continua e riproduce il Sacerdozio di Cristo nel suo atto principale, quindi deve continuare a riprodursi anche l’unione di Maria al sacrificio di Gesù. Tale unione deve rinnovarsi tante volte quante Messe vi sono al mondo, in caso contrario, non mancherebbe qualcosa alla Messa? Sarebbe ancora la rappresentazione perfetta del Sacrificio della Croce?
Senza dubbio, quest’unione del Sacerdote con la Santissima Vergine può non essere cosciente, al modo stesso che il Sacerdote può essere distratto nel consacrare l’ostia o il calice, senza che per ciò la Consacrazione sia invalida, perché Gesù non è mai distratto. Allo stesso modo, in cielo la Santissima Vergine non dimentica mai di unirsi al Sacerdote, che rappresenta Cristo, e di offrire con lui il Sacrificio al Padre, come quaggiù si è unita a Gesù per offrire con lui il Sacrificio della Croce. Dall’alto dei cieli e nella Divina Essenza, ella vede, e agisce unitamente a Cristo Sacerdote, che vive e agisce nel suo Sacerdote. Il mistero dell’unione di Maria Corredentrice col Redentore continua. Il Sacerdote partecipa ai sentimenti di Gesù crocifisso per Maria ed ai sentimenti di Maria per Gesù crocifisso; fa suo l’amore di Cristo per Maria e accoglie l’amore di Maria per Cristo che è in lui. Infine e soprattutto egli accoglie, nella sua preghiera sacerdotale, l’offerta della Corredentrice che si unisce al Redentore nell’atto supremo del Sacrificio.

 

 


L’unione del Sacerdote con Cristo nella Messa ci permette di immaginare a quale intimità con la Santissima Vergine noi siamo invitati, soprattutto se rammentiamo il compito che Maria ebbe sotto la Croce.
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L’unione del sacerdote con Cristo nella Messa

MARIA E IL SACERDOZIO
di Padre Paolo Philippe, O.P.

 

PARTE SECONDA.  MARIA E LA VITA INTERIORE SACERDOTALE
CAPITOLO II. MARIA E LA VITA INTERIORE DEL SACERDOTE
Dopo quanto s’è detto circa l’intimità esistente tra Cristo Sommo Sacerdote e la Vergine Santissima risulta alquanto difficile stendere un capitolo per farne l’applicazione alle relazioni intercorrenti tra il Sacerdote e Maria.
Se Gesù si è degnato aver bisogno di lei per essere assistito nell’atto principale del suo Sacerdozio, cosa dovremo dire della necessità della presenza di Maria nella vita intima del suo Sacerdote? La Madre Claret de la Touche l’aveva ben compreso: “II Sacerdote — ella scrive — è un altro Gesù; quello che Maria era per il suo Gesù lo è anche per il Sacerdote” (CLARET DE LA TOUCHE, L.M., Il Sacro Cuore e il Sacerdozio, Torino, Marietti, 1943).
 
1 — L’UNIONE DEL SACERDOTE CON CRISTO NELLA MESSA. 
Se c’è una verità che in S. Tommaso regge tutto il trattato del Sacramento dell’Ordine è questa: il Sacerdote riceve il Sacerdozio prima di tutto per celebrare la Santa Messa. «Il Sacramento dell’Ordine è ordinato al Sacramento dell’Eucaristia» (THOMAS AQUINAS, S., Suppl., Q. 37, a.2).
“Il Sacerdote esercita due azioni: l’una, principale, riguarda il corpo vero di Cristo; l’altra, dipendente dalla prima, concerne il suo Corpo Mistico” (Ibid., Q., 36, a. 2).
Tutto il potere che abbiamo sul Corpo Mistico ci è, dunque, accordato per disporre le anime a ben ricevere l’Eucaristia e a ben unirsi a Cristo nella Messa.
Non è forse per riprodurre e continuare la Cena che Gesù ordinò Sacerdoti i suoi Apostoli, come ci insegna il Concilio di Trento in quel testo magnifico che abbiamo spesso meditato nei nostri ritiri fin dal Seminario?
“Nostro Dio e Signore, benché per operare l’eterna redenzione dovesse, con la morte, offrire se stesso ai Padre una volta sola sull’ara della croce: siccome suo sacerdozio non doveva estinguersi con la sua morte (Hebr. VII. 24-27), nell’ultima cena, nella notte in cui veniva tradito, volendo lasciare alla diletta sua sposa, la Chiesa, un sacrificio visibile — come la natura esige — che rappresentasse quel sacrificio cruento da offrirsi una volta sola sulla croce, ne perpetuasse nei secoli il ricordo e ne applicasse la virtù salvifica in remissione dei peccati che quotidianamente commettiamo: dichiarandoci costituito sacerdote secondo l’ordine di Melchisedech, offrì a Dio Padre suo, sotto la specie del pane e del vino, il suo corpo e il suo sangue e sotto le stesse specie lo diede agli Apostoli che in quel momento appunto costituì sacerdoti del Nuovo Testamento perché ne prendessero, e ad essi e ai loro successori nel sacerdozio comandò di offrirli, con queste parole: “Fate questo in memoria di me” (Concilio di Trento, Sess., XXII, c. 1 – Denz., 938. Cfr. THOMAS AQUINAS, S., Summa contra Gent., IV, 74).
Noi, dunque siamo Sacerdoti prima di tutto per offrire il Sacrificio della Messa, al modo stesso che Cristo e Sacerdote per offrire il Sacrificio della Croce. Gesù s’è fatto Sacerdote, s’è incarnato per la nostra Redenzione, e per la nostra Redenzione ottenuta attraverso l’offerta della sua vita sul Calvario. Nell’economia della nostra salvezza, il nostro Sacerdozio e la nostra Messa, stanno come il Sacerdozio di Cristo e il suo unico Sacrificio.
Di più, non e solo un parallelismo esistente fra lui e noi, è un legame attuale che ci unisce al suo Sacerdozio e al suo Sacrificio. Il Sacrificio della Messa, infatti, non è altro che il Sacrificio della Croce riprodotto sull’altare. Dice ancora il Concilio di Trento: “Una sola e identica è l’Ostia, identica è la persona che si offre ora attraverso il ministero del Sacerdote, come si offrì allora sulla Croce; il solo modo dell’offerta è differente” (Concilio di Trento, Sess., XXII, c. 1 – Denz., 940).
La Messa riproduce sacramentalmente il sacrificio del Calvario. E’ il Sacramento del Sacrificio redentivo, la Passione rappresentata, repraesentata, vale a dire resa di nuovo presente, presentata di nuovo al Padre in favore degli uomini e ripresentata realmente, benché in modo mistico, per noi che viviamo adesso.
Stamane nella Messa, dinanzi a noi non abbiamo avuto meno di quanto ebbe S. Giovanni il Venerdì Santo. E questo sacrificio della Croce è reso presente e ripresentato ai Padre per mezzo nostro. Noi siamo gli strumenti attraverso i quali Cristo perpetua, quanto alla sostanza, il Sacrificio della Croce sotto forma sacramentale, atto che in noi rinnova egli stesso dall’alto dei cieli. Egli si serve delle nostre labbra e, ancor più, della nostra anima o —per parlare con tutta precisione teologica — della nostra intelligenza nella sua funzione pratica, per rinnovare l’atto essenziale del suo sacerdozio. “Questo è il mio Corpo, questo è il mio Sangue”, dice egli stesso in noi, quantunque siamo noi a pronunziare tali parole e a pensare all’atto che compiamo.
Come insegna S. Tommaso: “E’ Lui il vero Sacerdote offertosi sull’altare della Croce, in virtù del quale si consacra ogni giorno il suo Corpo sull’altare” (“Ipse est verus sacerdos qui se obtulit in ara crucis, et cuius virtute corpus eius in altari quotidie consecratur” THOMAS AQUINAS, S., Contra Gent., IV, 76).
Noi non diciamo: “Questo è il Corpo di Cristo”, ma: “Questo è il mio Corpo” e tuttavia non abbiamo intenzione alcuna di pensare che quel corpo sia il nostro. No, in quel momento le persone sono due benché una sola l’azione, quella di Gesù Sommo Sacerdote che si serve del suo strumento amatissimo. Noi agiamo veramente — come dice S. Tommaso — in persona Christi (THOMAS AQUINAS, S., Summa Theol., IlI, Q. 82, a. 1); noi siamo “l’immagine di Cristo”.
Tale è il “mistero di fede” che noi rinnoviamo ogni giorno.
Cerchiamo perciò di comprendere a quale intimità con Nostro Signore ci induca, al fine di intendere meglio, in seguito, l’unione che ci è riservata con la Santissima Vergine.
Il Sacerdote non è solo uno strumento, un servo, è anche un amico di Gesù. E’ uno strumento vivente di Cristo Sacerdote. Abbiamo visto più innanzi che la grazia sacerdotale infonde nei nostro cuore una carità che ci unisce in modo ineffabile a nostro Signore nell’atto preciso della nostra vita sacerdotale. Ora lo comprendiamo meglio.
Dicevamo poc’anzi che, al momento della consacrazione, in noi sono realmente due persone, quella di Cristo che consacra e la nostra. Perché non dire anche che, grazie alla carità, vi sono in noi due cuori, il Cuore Sacerdotale di Gesù che si offre al Padre per la salvezza del mondo e, in particolare, per le anime ad intenzione delle quali si celebra la Messa e il nostro cuore ricolmo di grazia sacerdotale e dell’amore di Dio e delle anime? E, al modo stesso che sull’altare le due persone non compiono che un identica azione sacerdotale, anche i due cuori si identificano per l’amore, perché è il medesimo Amore Infinito che ispira loro tale azione.
Siamo nel punto focale della nostra vita sacerdotale. E’ il momento della nostra giornata in cui comunichiamo col Cuore di Cristo in una maniera singolarissima. Senza dubbio, vi sono dei Santi laici e delle Sante che hanno amato e compreso Cristo più che dei Sacerdoti canonizzati: ma, a parità di grado di carità, chi è Sacerdote è più unito a Nostro Signore di colui che non lo è, in forza del carattere, che gli dà il potere di riprodurre l’atto sacerdotale di Gesù Crocifisso e per la grazia sacramentale, che lo fa comunicare con Cristo nell’atto stesso del suo Sacerdozio.
Gesù si è offerto una volta sul Calvario, ma allora Sacerdote era lui solo; la Vergine Santissima là vicino a lui, v’era solo come Madre e Sposa. Oggi, quando egli si offre sull’altare, lo fa servendosi di un povero uomo come noi, ci assume in lui, o piuttosto, viene in noi e depone nel nostro cuore, — ma secondo il grado della nostra carità, ahimè spesso così debole! — tutti i sentimenti che, sulla Croce, egli aveva per il Padre, per la Santissima Vergine, e per le anime, tutti i sentimenti ancora che egli in questo momento ha in cielo per le anime, ad intenzione delle quali viene celebrata questa Messa.
E’ davvero un’amicizia, quella che allora egli stabilisce in noi. una unità totale, una koinonia, una comunanza di tutti i più intimi segreti del suo Cuore: Omnia mea tua sunt. omnia tua mea sunt (Jo., XVII, 10).
In una delle questioni della Somma che consacra all’amore, S. Tommaso apre delle visioni insondabili circa la mutua compenetrazione dei cuori e degli animi che si realizza tra gli amici: “La persona amata si trova in colui che ama, in quanto l’amato permane nel pensiero dell’amico… d’altra parte, colui che ama si trova col pensiero nell’amico, in quanto l’amante non si contenta di una conoscenza superficiale dell’amico, ma cerca di conoscere a fondo e nei dettagli ciò che Io riguarda: penetra cosi nel suo intimo, come, per esempio, dello Spirito Santo, che è l’Amore di Dio, si dice che " scruta la profondità di Dio” (I Cor., II, 10).
“Nell’amore di amicizia l’amante è nell’amato in quanto ritiene come propri il bene o il male dell’amico ai pari della di luì volontà, quasi che, nell’amico, egli stesso goda del suo bene e soffra del suo male. Per ciò è proprio degli amici avere un sol volere e rattristarsi o gioire per una stessa cosa… di modo che, in quanto colui che ama stima come proprie le cose dell’amico, sembra essere nell’amico, quasi a lui identificato: in quanto, poi, vuole e agisce per l’amico come per se stesso — quasi ritenendolo una stessa cosa con sé — così la persona amata è in colui che ama” (“Amatum dicitur esse in amante, in quantum amatum immoratur in apprehensioneamantis… Amans vero dicitur esse in amato secundum apprehensionem, in quantum amans non est contentus superficiali apprehensione amati, sed nititur singula quae ad amatum pertinent intrinsecus disquirere; et sic ad interiora eius ingreditur: sicut de Spiritu Sancto, qui est Amor Dei, dicitur quod “scrutatoretia profunda Dei” (I Cor., II, 10)… In amore amicitiae, amans dicitur in amato, in quantum reputat bona vel mala amici sicut sua et voluntatem amici sicut suam, ut quasi ipse in suo amico cideatur bona vel mala pati ed affici. Et propter hoc, proprium est amicorum idem velle et in eodem tristari et gaudere secundum Philosophum ut sic, in quantum quae sunt amici aestimat sua, amans videatur esse in amato, quasi idem factus amato: in quantum autem e converso vult et agit propter ami***** idem sibi, sic amatum in amante.” THOMAS AQUINAS, S., Summa Theol., I-II, q. 28, a. 2).
 

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La compassione di Maria alle sofferenze di Cristo sacerdote

MARIA E IL SACERDOZIO
di Padre Paolo Philippe, O.P.

 

PARTE SECONDA.  MARIA E LA VITA INTERIORE SACERDOTALE
CAPITOLO I. MARIA E IL CUORE SACERDOTALE DI CRISTO
2. La compassione di Maria alle sofferenze di Cristo sacerdote.
 
Di fronte a un tale abisso di dolore, che poteva fare la Santissima Vergine?
Maria non era che una creatura. Indubbiamente, era la Madre di Gesù, colei che dandogli quel corpo si delicato e sensibile, aveva permesso a Cristo di manifestare, attraverso la sofferenza, l’amore smisurato del suo Cuore. Ella aveva dato a Gesù tutto ciò che potesse farlo essere la vittima cruenta del suo stesso Sacerdozio.
Ma Nostro Signore, da lei, s’aspettava di più, perciò le aveva dato un Cuore si puro e ardente d’amore. Voleva, in effetti, che Maria cooperasse all’atto stesso del suo Sacerdozio, a! Sacrificio Redentivo.

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Maria e il Cuore Sacerdotale di Cristo

MARIA E IL SACERDOZIO
di Padre Paolo Philippe, O.P.

PARTE SECONDA.  MARIA E LA VITA INTERIORE SACERDOTALE
CAPITOLO I. MARIA E IL CUORE SACERDOTALE DI CRISTO

Se la Maternità divina è il fondamento di tutte le relazioni che intercorrono tra la Santissima Vergine e nostro Signore, essa, tuttavia, non esaurisce tutti gli aspetti di tali relazioni.
Maria è stata predestinata ad essere la Madre del Figliuolo Unigenito di Dio, non solo per plasmare la sua santa Umanità, offrirgli la possibilità di divenire Sacerdote, ma anche per dargli il suo Cuore verginale e cooperare all’opera che egli è venuto a compiere in terra, la Redenzione.
Sono queste relazioni di Maria col Sommo Sacerdote che dovremo ora contemplare. Esse ci sveleranno a quale intimità con la Vergine Santa noi siamo invitati nella Chiesa e nella nostra vita interiore di Sacerdoti.

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