La compassione di Maria alle sofferenze di Cristo sacerdote

MARIA E IL SACERDOZIO
di Padre Paolo Philippe, O.P.

 

PARTE SECONDA.  MARIA E LA VITA INTERIORE SACERDOTALE
CAPITOLO I. MARIA E IL CUORE SACERDOTALE DI CRISTO
2. La compassione di Maria alle sofferenze di Cristo sacerdote.
 
Di fronte a un tale abisso di dolore, che poteva fare la Santissima Vergine?
Maria non era che una creatura. Indubbiamente, era la Madre di Gesù, colei che dandogli quel corpo si delicato e sensibile, aveva permesso a Cristo di manifestare, attraverso la sofferenza, l’amore smisurato del suo Cuore. Ella aveva dato a Gesù tutto ciò che potesse farlo essere la vittima cruenta del suo stesso Sacerdozio.
Ma Nostro Signore, da lei, s’aspettava di più, perciò le aveva dato un Cuore si puro e ardente d’amore. Voleva, in effetti, che Maria cooperasse all’atto stesso del suo Sacerdozio, a! Sacrificio Redentivo.

Non è principalmente con la sofferenza fisica che la Santissima Vergine cooperò alla Passione, il suo Immacolato Concepimento, senza dubbio, non la dispensava dalle sofferenze inerenti alla condizione umana: fatiche, dolori di ogni sorte, morte. Pertanto il suo compito sotto la Croce non consisté nel riprodurre nel suo essere ciò che pativa Gesù, ma nell’apportare a Cristo qualcosa che egli ha voluto ricevere da lei: Nostro Signore volle che Maria lo consolasse e l’aiutasse nella sua Passione. Gesù era saturato d’amarezza e di obbrobrio: “Dio l’ha fatto peccato” — dice S. Paolo con inaudita audacia (II Cor., V, 21) — ma volle avere al suo fianco un Cuore purissimo, una “sorgente d’acqua viva”, un “giardino recinto”, una “fonte sigillata” (Cant., IV. 12. 15) che non avesse conosciuto mai il peccato e compensasse, con la sua semplice presenza, il dolore che l’infinità dei peccati e delle abominazioni del mondo aveva messo nella sua anima santa.
Sotto la Croce v’era una creatura che comprendeva perfettamente il mistero del suo Cuore, il perché della sua Incarnazione e Passione, una creatura che penetrava fino all’intimo l’anima santa di Gesù e che aveva fatto fruttificare tutte le grazie anticipate della Redenzione, una creatura che portava al Signore tutto ciò che un cuore umano, ricolmo di grazia, può dare in amore e in virtù. Al suo fianco. Maria era là, ritta, capolavoro del suo Sangue e al tempo stesso sposa del suo Cuore. Nuova Eva a fianco del nuovo Adamo, Maria svolge presso Gesù un ufficio complementare: semplice creatura, ella apporta a Gesù il suo Cuore Immacolato, il suo amore, tutta se stessa, per conseguenza, quanto ha di meglio.
L’unione della Santissima Vergine con Nostro Signore sulla Croce è, dunque, unicamente una unione di carità, anche se procedente dai vincoli costituiti dalla Maternità divina.
Null’altro. Ma sta in ciò tutto il mistero della Compassione. Nient’altro che la carità, ma la carità è amicizia e, se è vero che Maria resta Madre di Gesù sulla Croce, occorre un altro termine per precisare il legame particolare che l’unisce a lui. Questo termine, dalla tradizione e dalla liturgia è stato trovato nel Cantico dei Cantici: sponso (Cant., IV. 9: Cfr. TERRIEN, J.B., S.J., La Mére de Dieu et la Mére des hommes, Paris, 1933, pp. 178-188). Maria è veramente la Sposa del Cantico, perché ella a sposa” tutti i sentimenti di Cristo Crocifisso per il Padre e l’umanità. Ella si unisce col suo Cuore, solo col Cuore, all’atto di amore sgorgato dal Cuore di Gesù e che è stato sufficiente ad operare la salvezza del mondo. lì sangue di Gesù che cola e le lacrime di Maria non sono che manifestazione esterna di questa oblazione interna, che giustamente è stata chiamata l’anima dei Sacrificio della Croce (GARRIGOU-LAGRANGE, R., O.P., L’Amour de Dieu et la Croix de Jésus, Paris, 1929, T.2, p. 848). C’è veramente fusione di cuori, intimità che tende all’unità nel! ordine stesso dell’amore. Maria è trasformata in Gesù senza cessare di essere se stessa. Ella penetra nell’intimità della vita interiore di Gesù, secondo la legge della mutua compenetrazione dei cuori e delle anime, che. S. Tommaso ritiene frutto stesso dell’amicizia (Cfr. THOMAS AQUINAS, S., Summa Theol., I-II, q. 28, a.2).
Cosi, la Santissima Vergine non è Sacerdote nel senso sacramentale della parola (La Chiesa ha proibito che si rappresentasse la Madonna rivestita di abiti sacerdotali  con Decisione del S. Ufficio del 15 gennaio 1913, pubblicata il 29 marzo 1916 in Acta Apost. Sedis, T. VIII, 1916, p.446). Il Sacerdote, infatti, non è che uno strumento del Sacerdozio di Cristo, a lui subordinato, che distribuisce come un sacro canale le grazie divine, che il Sommo Sacerdote accorda alle anime. Maria, invece, è a fianco di Cristo, e la Regina che riposa accanto al Re, la Sposa del Gran Sacerdote, partecipe col suo cuore e il suo Amore a tutti i voleri e atti sacerdotali.
S. Alberto Magno espone tale dottrina in termini di una estrema densità:” La Beata Vergine non è stata scelta dal Signore per essere ministra ma per essere sposa e aiuto, secondo quelle parole della Genesi: “Facciamogli un aiuto a lui simile» ( Gen. 2.18). La Beata Vergine non è vicaria (vale a dire strumento) ma Coadiutrice e compagna, partecipe al regno perché partecipò alle sofferenze per il genere umano, quando, mentre tutti i ministri e i discepoli erano fuggiti, ella restò solo sotto la Croce. Le ferite che Cristo ricevette nel corpo ella le sentì nel Cuore…” (“Beata Virgo nonest assumpta in ministerium a Domino sed in consortium et adiutorium iuxta illud: “facciamus ei adiutorium simile sibi” (Gen., XII, 18). Beata Virgo non est vicaria sed coadiutrix et socia, particeps in regno quae fuit particeps passionum pro genere humano, quando, omninbus fugientibus ministris et discipulis, sola sub cruce perstitit; et vulnera quae Christus corpore, ipsa corde suscepit, unde et gladius tunc ipsius animam pertransivit…”. ALBERTUS MAGNUS, S., Mariale, q.42).
Tuttavia, la Santissima Vergine presso la Croce offre veramente Gesù al Padre come l’ha offerto al Tempio. Allora, però, si trattava di un’azione simbolica, prefigurante il ruolo che ella avrebbe avuto nella Passione; ora, invece ella lo offre unendosi all’oblazione sacerdotale che Gesù fa di sé per la Redenzione del mondo.
Nostro Signore si attendeva questo da lei come l’aspetta da tutti i cristiani, in particolare da tutte le anime consacrate. Esse, infatti, sono sue “spose” nella misura in cui riproducono l’atto compiuto da Maria sul Calvario, Non più della loro Madre, i fedeli sono dunque Sacerdoti, solo nel senso largo rivelato da S. Pietro: questo “Sacerdozio regale” (I Petr., II, 9), col quale essi offrono il Sacrificio della Croce nella Messa, non è altro che il potere che essi hanno in virtù della grazia battesimale e, in definitiva, per la carità, di unirsi a Cristo Sacerdote nell’atto supremo del suo sacerdozio.
Tanto per la Santissima Vergine come per i suoi figlioli, l’unione alla Passione di Cristo consiste dunque essenzialmente in un atto di amore.