Il sacerdote e il diaconato

  • Categoria dell'articolo:Spiritualita

a lato: Beato Mosé Tovini (1877-1930), sacerdote diocesano

Mons. Agostino Gonon
Vescovo di Moulins

Verso le vette della Santità Sacerdotale

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RITIRO DEL MESE DI DICEMBRE

IL SACERDOTE E IL DIACONATO

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Considerate ergo, Fratres, viros vobis boni testimonii septem, plenos Spiritu Sancto et sapientia.

(Act. 6, 3). Ecco le parole che iniziano la prima ordinazione dei Diaconi, narrata dagli Atti degli Apostoli. Esse rivelano la importanza del passo che stava per compiere la Chiesa nascente; richiamano l’attenzione sul valore del nuovo Ordine che si voleva istituire, per il fatto che ammettevano soltanto uomini meravigliosamente favoriti di buona testimonianza, di pienezza di Spirito Santo, di abbondante Sapienza. Solo un dono regale può giustificare simili esigenze e il Diaconato è davvero tale: Diaconus quasi propinquus ordini sacerdotali aliquid participat de ejus officio 65). Quest’affermazione di S. Tommaso ci mostra nel Diacono qualche cosa del sacerdote, ci si avvicina alla vetta luminosa. Non ancora il sacerdozio, ma una parte notevole del suo ministero viene conferita agli eletti.

Quasi eco di quel preludio antico, la cerimonia del nostro Diaconato incominciò con un rito fino allora inusitato per noi, e che dovette incuterci sacro timore, se l’animo nostro era compreso, come avrebbe dovuto esserlo, del sentimento del nostro nulla, della cognizione della nostra miseria. Ricordiamo!

L’Arcidiacono, nel presentarci al Pontefice consacrante lo pregò di ordinarci.

Gli fu risposto: — Scis illos dignos esse?

Egli riprese: — Quantum humana fragilitas nosse sinit, et scio, et testificor, ipsos dignos esse ad hujus onus offici.

E non paventammo, benché il Vescovo, continuando l’inchiesta, lanciasse agli astanti l’intimazione: Si quis habet aliquid contra illos… exeat et dicat.

Nessuno si mosse, neppure la nostra coscienza, dominata com’era dalla fede nell’Amore che ci aveva chiamati: Non vos me elegistis, sed ego elegi vos! (Ioan. 15. 16). Ma allora dovette avvivarsi in noi il bisogno di essere grandi, di nobili sensi, per ricevere degnamente la grazia preziosissima che stava per esserci conferita; si dovette raffermare in noi la volontà d’adottare un metodo di vita che favorisse tutta la possibile fecondità.

Siccome non v’è dubbio riguardo alla natura sacramentale del Diaconato 66) perché fu l’inizio del Sacramento dell’Ordine sacro, così è certo che esso ha infuso nelle nostre anime una grazia abbondante, concessa per tutta la vita in una volta sola, con possibilità d’essere accresciuta in seguito con gli atti che ne dovevano promanare; una grazia permanente, che ci comunicava il diritto assoluto a grazie attuali, le quali dovevano aiutarci a compiere con frutto le funzioni proprie del Diacono.

Facciamo rivivere tanta grazia riconoscendone ancor meglio l’alto valore alla luce della fede. Meditiamo quindi la dignità e gli uffici del Diacono.

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Abbandono a Gesù

""qui a lato: Beato Pablo José Nardini (1821-1862), presbitero

 

 

Mons. Agostino Gonon
Vescovo di Moulins

Verso le vette della Santità Sacerdotale

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Preparazione alla morte
IL «DIES IRAE» DEL SACERDOTE

Abbandono a Gesù.

 

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Mio Dio! il lavoro quotidiano mi assorbe interamente, il ministero occupa, preoccupa tutte le mie facoltà; stanco tìsicamente, abbattuto moralmente, ho appena le forze e il tempo di pensare a me stesso. Giungo ogni giorno a sera senza aver fatto quanto avrei voluto, e forse neppure quanto avrei dovuto… E m’avanzo così verso la grande sera. Non vi sono già? non mi capiterà improvvisa, in un attimo, avvolgendo d’un tratto tutto nelle tenebre? Nessuno me ne avvertirà perché, Signore, Voi avete detto che nessuno può dirlo: Nescitis diem neque horam (Mat. 25, 13); anzi ch’io ne sarò sorpreso: Qua hora non putatis Filius hominis veniet (Luc. 12, 40).

Davanti a sì terribile incertezza ricordo la vostra parola, che è luce e raggio di speranza… Filius hominis veniet! Voi verrete o Maestro, Rabbonì, Voi che al dire di S. Giovanni mi siete avvocato se pecco! Voglio dunque abbandonarmi alla confidenza, contare sulla vostra misericordia, credere al vostro amore per i sacerdoti: vos dixi amicos, e fin d’ora vi rivolgo per quella sera misteriosa, la prece liturgica:

Oro supplex et acclinis

Cor contritum quasi cinis

Gere curam mei finis.

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Esame sull’obbligo dell’Ufficio Divino

  • Categoria dell'articolo:Spiritualita

qui a lato: Beato Mariano de la Mata Aparicio (1905-1983)

 

 

Mons. Agostino Gonon
Vescovo di Moulins

Verso le vette della Santità Sacerdotale

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Esame sull'obbligo dell'Ufficio Divino

 

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Vi adoro, Gesù, quale supremo religioso del Padre e cantore della sua gloria. In seno all'adorabile Trinità, o Verbo eterno, siete il meraviglioso cantico che forma l'estasi delle divine Persone: splendor gloriae.

Durante i giorni della vostra vita mortale, o Verbo incarnato, avete modulato con tutta la vostra esistenza l'inno d'adorazione e d'amore, interrotto dalla caduta del primo uomo.

Il vostro canto allietava i cieli: Filius meus dilectus in quo mihi bene complacui (Mat. 3, 17). E avete voluto che gli accenti di quell'inno, eco pur esso del vostro cantico eterno, avessero risonanze perenni attraverso il tempo e lo spazio, attutendo l'aspro grido della rivolta e dell'odio del peccato, avvolgendo la creazione tutta in un mormorio armonioso e soave all'orecchio del suo divino Autore.

Ecco l'Ufficio, ecco il mio breviario che mi sono impegnato sub gravi a recitare quotidianamente, fin dal giorno puro e radioso del mio suddiaconato.

Quale stima nutro per tale dovere e come lo adempio?

 

1. – STIMA DEL DOVERE

Rifletto che recitando il breviario compio una funzione nobilissima?
E' la Chiesa che prega con le mie labbra, e Voi, Gesù, tributate i vostri omaggi al Padre con il mio cuore: Domine, in unione illius divinae intentionis qua Ipse in terris laudes Deo persolvisti, has Ubi horas persolvo.

Questi pensieri creando in me una convinzione profonda, mi faranno evitare il pericolo di considerare l'Ufficio come un'occupazione gravosa che si subisce e si tratta con leggerezza, o con impazienza o con disprezzo.

Com'è infelice l'espressione che si coglie sulle labbra di qualche sacerdote; «Sbarazzarsi del breviario»!

Penso che la meditazione e la recita del breviario sono il sole dei miei esercizi di pietà, mentre assicurano all'anima mia la necessaria respirazione e l'aiuto a disporsi continuamente alla devota celebrazione della S. Messa e al conveniente ringraziamento? Hymno dicto exierunt (Mat, 26, 30).

Riconosco di possedere nel breviario un mezzo eccellente per santificare ogni mia giornata?
La sua divisione, septies in die laudem dixi tibi corrisponde esattamente alle antiche sette divisioni diurne e notturne del tempo, implorando su ognuna di esse grazie e ausilii di celestiali influssi.

— So trovarvi un ammirabile e corroborante nutrimento per la mente e per il cuore, gustando i sentimenti ispirati dei salmi, penetrandomi degli splendidi insegnamenti contenuti nelle pagine tolte dalla sacra Scrittura, edificandomi colla narrazione delle vite dei Santi, attingendo direzione morale dagli anni e dagli oremus? I loro autori erano anime eminenti in santità, in dottrina, perfettamente idonee a informare altri ex animo. Il breviario recitato a dovere fornisce soggetti di meditazione, letture della Sacra Scrittura, letture spirituali, lezioni di teologia, e anche di sacra eloquenza nelle omelie dei Padri.

— Il breviario infine porgerà un sostegno alla disciplina interna e anche esterna della mia vita, se nella recita saprò attenermi ad una saggia distribuzione delle sue parti. —

Non merito in proposito il vostro rimprovero un po' amaro: Si scires donum Dei? (Ioan 4. 10).

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Il sacerdote e il suddiaconato

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a lato: Beato Luigi Boccardo (1861-1936), presbitero

 

 

Mons. Agostino Gonon
Vescovo di Moulins

Verso le vette della Santità Sacerdotale

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RITIRO DEL MESE DI OTTOBRE

IL SACERDOTE E IL SUDDIACONATO

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Quando Gesù invita un'anima all'intima familiarità con Lui sembra la lasci libera; dice infatti: Si quis vult venire post me (Mat. 16, 24). Ma se l'anima consente, allora Egli pone delle condizioni che debbono essere ponderate seriamente da chi desidera impegnarsi a soddisfarle: Abneget semetipsum, tollat crucem suam et sequatur me.

Quale rischio però non accettare l'invito divino! Lo prova il fatto del giovane del Vangelo. Quando il Divino Maestro lo vide allontanarsi, quis vult venire post me, disse con mestizia: Quam difficile qui pecuniam habent, in regnum Dei introibunt! (Mare. 10, 23). Eppure aveva detto: Si vis!…

Mistero! Che cos'è dunque cotesta libertà? E' la libertà vera, quella che consiste nel determinarsi al bene, quella di cui si usa, e non si abusa. Sarà mai possibile rifiutare l'amicizia di un grande, senza alienarselo per sempre? E poi, se Gesù nella sua profferta d'amore esprime qualche esigenza, come non pensare ch'Egli stesso si farà nostro aiuto? Tollite jugum meum super vos, jugum enim suave est et onus meum leve (Matt. 11, 29). Dio dona quanto ordina.

Ma in realtà, quando chiama i suoi Apostoli non dice loro: Si vis; ma in tono dì comando Sequere me… venite post me. Mistero se si vuole; la vocazione, che si rivolge ad una volontà indipendente, le impone l'obbligo imprescrittibile d'orientare nel vero, di fissare nel bene l'uso della libertà. Ciò non toglie che si possa non obbedire; ma allora, salvo impossibilità fisiche o morali, si fa male, si può andare perduti.

Ogni sacerdote nel giorno indimenticabile del Suddiaconato fu posto nell'alternativa di avanzarsi verso l'altare o di recedere. Momento gravissimo quello in cui con solenne insistenza, il Vescovo gli disse: Iterum atque iterum considerare débetis attente, quod onus hodie ultro appetitis. Hactenus enim liberi estis… Fece però notare la meravigliosa bellezza di quel passo; si trattava di Deo, cui servire regnare est, perpetuo famulari. E con grande semplicità concluse: Si in sancto proposito perseverare placet, in nomine Domini, huc accedite 59).

E facemmo «il passo». Erano sacri gli obblighi contratti, le grazie ricevute dovettero essere abbondanti. Facciamole rivivere! oh, ne abbiamo bisogno! Il giogo forse non ci parve sempre soave né il peso leggero. Il ricordo della nostra vita passata, di certe ore soprattutto, può suscitare in noi una penosa confusione…

Non insistiamo di più! Misericordia Domini quia non sumus consumpti! (Thren. 3, 22). Siamo Suddiaconi per tutta l'eternità; meditiamo ciò che avremmo dovuto essere, ciò che vogliamo essere, ciò che siamo e saremo. Due parole comprendono tutto: Hostìam laudis.

 

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Preparazione alla morte: Timore e speranza

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qui a lato: Beato Francesco Spoto (1924-1964), presbitero e martire

Mons. Agostino Gonon
Vescovo di Moulins

Verso le vette della Santità Sacerdotale

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Preparazione alla morte
IL «DIES IRAE» DEL SACERDOTE

Timore e speranza.

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Mio Gesù, in ispirito precorro i giorni e mi vedo, dopo esalato 1′ ultimo respiro, ai vostri piedi nell’attesa ansiosa del grave verdetto, che fisserà la mia sorte eterna. Protendo a Voi le braccia supplichevoli e vi scongiuro con fervore:

Inter oves locum praesta Et ab haedis me sequestra Statuens in parte dextra.

— Nel consacrarmi sacerdote, o Signore, mi avete «inviato come un agnello in mezzo ai lupi» e m’avete mandato alle vostre pecorelle; Ad oves quae perierunt domus Israel (Mat., 15, 24). Ricevendo il sacerdozio, ho risposto alla vostra chiamata; e Voi dite: Oves meae vocem meam audiunt! (Ioan. 10. 27).

Dovendo predicare e conquistarvi le volontà del miei fratelli illuminando le loro intelligenze, vi ho studiato in modo tutto speciale, assai più profondamente della maggioranza degli uomini; e Voi dite ancora: Cognoscunt me meae! (Ioan. 10, 14).

Poi, m’avete fatto pastore; ho custodito le mie pecorelle, le ho difese contro il lupo rapace; dono la vita per esse: Animam suam dat pro ovibus suis! (Ioan. 10. 11).

Signore, dunque sono dell’ovile; inter oves locum praesta!

— Nel consacrarmi sacerdote m’avete segregato dai peccatori: segregatus a peccatoribus (Hebr. 7. 26). Fedele alla mia missione d’apostolo, ho lottato contro di loro: Iniauitatem odio habui et abominatus sum (Ps. 118, 163). Nonostante le mie mancanze che ho cercato di correggere, che ho voluto espiare, non ho mai patteggiato con esse; malgrado tutto, sono davvero colui che in via peccatorum non stetit (Ps. 1. lì. Ogni giorno vi ho supplicato istantemente di preservarmi dalla loro tirannide: Ab homine iniquo et doloso erue me (Ps. 42, 1).

Maestro Divino, sulle soglie dell’eternità et ab haedis me sequestra.

— Nel consacrarmi sacerdote m’avete ammesso alla vostra intimità: Vos antera dixi amicos (Ioan. 15, 15). Data la mia situazione son sempre vissuto accanto a Voi: In atriis domus Domini, in medio tui, Jerusalem (Ps. 115, 8). In ogni ministero sacerdotale, ero identificato a Voi che, per parlare, vi servivate delle mie labbra; operando il miracolo della transustanziazione ho detto corpus meum, ed era il Corpo vostro; perdonando i peccati ho detto Ego te absolvo e Voi avete assolto. Ogni mattina con la Comunione della mia Messa realizzavate in maniera ineffabile le vostre parole: Ego in vobis et vos in me!

Maestro Divino, ammettetemi per sempre a quell’Intimità, alla quale mi avete iniziato! Statuens in parte dextra.

 

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Esame sullo spirito liturgico

  • Categoria dell'articolo:Spiritualita

qui a lato: Beato don Michele Sopoćko (1888-1975), presbitero e confessore di Santa Faustina

 

 

Mons. Agostino Gonon
Vescovo di Moulins

Verso le vette della Santità Sacerdotale

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Esame sullo spirito liturgico

 

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Vi adoro, mio Dio, mentre per bocca del Profeta mi svelate quanto sia grave la negligenza nel vostro servizio: Maledictus qui facit opus Domini fraudulenter (Jerem., 48, 10). Il sacerdozio mi ha fatto vostro ministro; L'Opus Dei è il mio compito, vorrei dire il mio mestiere; ogni altra funzione m'è interdetta non solo perche tutto il mio tempo è o dev'essere assorbito dal mio ministero sacro, ma anche perché è sconveniente che l'homo Dei si lasci sopraffare dallo spirito dell uomo: Non potestis servire Deo et mammonae (Mat., 6, 24).

Ora, vi è uno spirito proprio di ciascuna carriera; e lo spirito proprio del ministero dell'altare è lo spirito liturgico. Chi non ne vive non può compiere il suo dovere come deve e forse già lo sovrasta il maledictus! Se l'argomento è di così alta importanza, devo esaminarmi in proposito e ricordarne la teoria e la pratica.

 

1. – TEORIA

La liturgia è il culto ufficiale della Chiesa. Sono compreso di questa definizione? Da vero Ecclesiastico sono consapevole del dovere che m'incombe d'istruirmi e di essere sempre bene al corrente di quanto riguarda le mie funzioni? Considero seriamente la liturgia, il cui aspetto teologico è fondamentale, connesso com'è alla virtù di religione? Non l'ho deprezzata considerandone soltanto le forme esteriori? — E anche queste le ho trattate con la gravità dovuta, senza la quale la mia adorazione mancherebbe di nobiltà? Penso alla maestà di Dio nei miei atti sacerdotali? — E non ho mai esagerato assumendo un contegno interiormente forzato, perchè privo dello spirito filiale, ed esternamente affettato, studiato, tutto sussiego, privo di quella semplicità che è segno di vera grandezza? — Illuminato da buoni studi comprendo che la liturgia conduce a Dio pel tramite del Cristo, con la Chiesa, nell'ordine gerarchico? Ci porta a Dio con il S. Sacrificio della Messa; ci pone alla sua presenza per lodarlo e confessarlo con 1' Ufficio Divino e ci offre cosi modo di santificarci coll'adorare Dio. — Ignaro di tali nozioni, ho forse privato e la mia devozione individuale e il mio apostolato di un elemento efficacemente benefico?

 

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Il sacerdote e gli ordini minori

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a lato: San Josep Manyanet y Vives (1833-1901), presbitero

 

 

Mons. Agostino Gonon
Vescovo di Moulins

Verso le vette della Santità Sacerdotale

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RITIRO DEL MESE DI OTTOBRE

IL SACERDOTE E GLI ORDINI MINORI

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«Tra Dio e noi v'è tutto un sistema sacro e divino in cui l'ordine, la scienza e l'energia che sono eminentemente in Dio, prendono, per volontà sua, una esistenza e una consistenza create a fine di propagare regolarmente e soavemente in tutto l’universo quel moto luminoso, santificante e beatificante che, sotto l'azione dell'amore, parte in eterno dal seno del Padre per ricondurvi e stabilirvi per sempre le creature pacificate, illuminate, divenute perfette».

Queste magnifiche parole di S. Dionigi (51) diffondono una luce meravigliosa nel pensiero ammirativo di chiunque si raccoglie e sosta in meditazione davanti alle molteplici creazioni fra le quali viviamo. Nell'opera di Dio tutto è armonioso e bello; la deformità e il disordine provengono dalle volontà create che s'allontanano dalla sua, detta da S. Tommaso «la ragione ultima della bellezza delle creature».

In questo «sistema sacro» il sacerdozio occupa la sommità; esso parte in modo sovraeminente dal seno del Padre per ricondurvi «e stabilirvi per sempre le creature pacificate, illuminate, divenute perfette». Il sacerdozio deve dunque eccellere sopra tutto in bellezza e armonia come esprime il nome del Sacramento che lo conferisce: l'Ordine. Questa sola parola è una rivelazione. Solo mediante il sacerdozio fu ristabilito l'ordine essenziale fra il Creatore e la creatura; solo mediante il sacerdozio l'ordine si stabilisce e si conserva nella società, la quale ricade nello stato di barbarie quando si sopprime l’influenza del sacerdote; finalmente esiste un ordine perfetto nelle funzioni, molteplici del sacerdozio, una gerarchia che fa spontaneamente pensare a. quella degli spiriti celesti.

Infatti come vi sono nove cori di angeli, così dal Tonsurato che viene introdotto nella sacra milizia, al Vescovo che ha la pienezza dei poteri, vi sono nove gradi di partecipazione più o meno intima alla misteriosa dignità dell'eterno sacerdote: la Tonsura, l'Ostiariato, il Lettorato, l'Esorcistato, l'Accolitato, il Suddiaconato, il Diaconato, il Presbiterato, l'Episcopato. Questi gradi ricevono comunemente il nome di Ordini: maggiori i tre che precedono l'Episcopato; minori i quattro che seguono la Tonsura. Fermiamo la nostra riflessione su questi ultimi prima nel loro insieme, poi su ciascuno in particolare.

 

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Appello alla bontà di Gesù

  • Categoria dell'articolo:Spiritualita

qui a lato: Sant'Annibale Maria di Francia (1851-1927), presbitero

 

 

Mons. Agostino Gonon
Vescovo di Moulins

Verso le vette della Santità Sacerdotale

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Preparazione alla morte
IL «DIES IRAE» DEL SACERDOTE
Appello alla bontà di Gesù.
Preces meae non sunt dignae. Sed tu bonus fac benigne. Ne perenni cremer igne.

 

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Alla vigilia della vostra morte, o Gesù, rivolgeste agli Apostoli questa raccomandazione: Vigilate et orate (Mat., 26, 41), premunendoli così contro il pericolo della tentazione; e aggiungeste: Spiritus quidem promptus est, care autem infirma…

Alla vigilia della morte!… Forse ci sono già! Verrà un giorno in cui ci sarò senza saperlo; chi mi dirà che è giunto quel giorno? Nessuno. E tuttavia sarà di una gravità somma, molestato da tentazioni delicatissime, per il fatto che l'anima mia dovrà subire gli ultimi assalti del nemico; quanto mi saranno allora necessarie vigilanza e preghiera!

Ma preghiera non è già vigilanza? Per preservarmi dalle illusioni dello spirito e dalla debolezza della carne, voglio fin d'ora e in ogni giorno della mia vita, ripensando alla mia ora estrema, dirvi ciò che mi auguro di potervi dire in quel punto. Poiché sono e voglio essere sincero nella mia supplica, accettate, Gesù mio, che l'impotenza stessa della mia agonia Ve la esprima silenziosamente.

Preces meae non sunt dignae.

Dio mio, Voi avete pietà degli umili: Cor contritum et humiliatum non despicies (Ps., 50, 18). Dovrei durar fatica ad esserlo riflettendo che sono un nulla e un nulla peccatore?

La preghiera vien formulata dalle labbra, ma è un grido del cuore è getta l'anima ai piedi del vostro trono.

Che labbra sono le mie? Non debbo ripetere col Profeta e con più ragione: Vir pollutus labiis ego sum? (Isai., 6, 5). Ne avete raccolto soltanto parole di adorazione, di carità?

Che cuore è il mio? In certe ore nefaste, un vento infernale vi ha insinuato la polvere che mi ha reso simile a quell'uomo di cui Ezechiele dice: et posuerit idola sua in corde suo (Ezech. 14, 7); se pur non mi ha fatto somigliare a quell'altro qui posuerit immunditias in corde suo! (Ezech., 14, 4). Alla luce folgorante della eternità, non s'attenua la bruttezza del peccato, anzi meglio appare la sua abbominazione!

Che anima è la mia? Non forse vi ho ingannato privandovi della glorificazione che ne attendevate, non offrendovi in cambio che sterilitatem animae meae?

Ecco, il salmista mi dice: Quis ascendet in montem Domini, aut quis stabit in loco sancto ejus? Innocens manibus et mundo corde (Ps., 23, 3). S. Paolo insiste: Levantes puras manus sine ira et disceptatione (1 Tim.. 2, 8). L'anima mia è gravata da miserie, le mie mani portano tracce oscure.

No, non merito d'essere ascoltato: Non sum dignus vocari filius tuus (Luc, 15, 19). La mia preghiera è un mormorio che vi annoia, invece d'intenerirvi. Nulla posso, mio Signore, ma Voi tutto potete.

 

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Esame sullo spirito ecclesiastico

  • Categoria dell'articolo:Spiritualita

qui a lato: Sant'Arnold Janssen (1837-1909), presbitero

 

 

Mons. Agostino Gonon
Vescovo di Moulins

Verso le vette della Santità Sacerdotale

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Esame sullo spirito ecclesiastico

 

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Vi adoro, Maestro divino, in preghiera per noi, mentre state supplicando il vostro Padre celeste: Non rogo ut tollas eos de mundo, sed ut serves eos a maio… de mundo non sunt (Ioan., 17, 15). Il mio abito mi separa dal mondo, ma più ancora me ne deve separare il mio spirito.

Lo spirito è un insieme di principi, che informano le disposizioni intime e determinano la fisionomia caratteristica di un'anima.

Vae mundo a scandalis.

Lo spirito mondano è maledetto; benedetto invece lo spirito ecclesiastico: Qui adhaeret Domino unus spiritus est (Isai., 56, 6). E' di somma importanza ch'io sia animato dallo spirito del mio stato santo. Ne ricevetti la grazia iniziale il giorno della mia tonsura. Lo spirito del chierico è come il fondamento e l'involucro dello spirito proprio a ciascuno degli Ordini che mi furono conferiti successivamente. Se lo avessi lasciato affievolire o disperdersi, come potrebbe essere garantita la solidità dello splendido edificio del mio sacerdozio? Si conserva la pietra preziosa in solido scrigno e la si preserva così da ciò che potrebbe offuscarla, infrangerla.

Posseggo io lo spirito ecclesiastico? Interrogazione grave, alla quale potrò rispondere esaminando il mio modo di pensare e il mio modo d'agire.

 

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Il sacerdote e la tonsura

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 a lato: San JOSÉ MARÍA RUBIO Y PERALTA (1864-1929), confessore

 

 

Mons. Agostino Gonon
Vescovo di Moulins

Verso le vette della Santità Sacerdotale

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RITIRO DEL MESE DI SETTEMBRE

IL SACERDOTE E LA TONSURA

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S. Paolo raccomanda a Timoteo di ravvivare la grazia della sua Ordinazione. All'Apostolo questa raccomandazione doveva sembrare di un'importanza grandissima perché la ripete due volte. Anzitutto concentra l'attenzione del suo discepolo sulla presenza e permanenza in lui di questa grazia: Noli negligere gratiam quae in te est, quae data est tibi per prophetiam, cum impositione manuum presbyterii (1Tim. 4, 12). Poi lo invita a farla rivivere: Admoneo te ut ressuscites gratiam Dei, quae est in te per impositionem manuum mearum (2 Tim. 1).

E' veramente una realtà ammirabile la grazia del nostro sacerdozio, una specie di capitale ingente che ci procura inestimabili vantaggi, ma richiede di essere sfruttato. La nostra negligenza su questo punto è causa in gran parte dell'indebolimento delle nostre sante energie.

Ricordiamo infatti che ogni sacramento, oltre la grazia abituale, infonde nell'anima una grazia caratteristica la quale, secondo l'opinione più comune, non è realmente distinta dalla prima, ma la rende effettivamente più vigorosa e conferisce all'anima stessa un diritto speciale a grazie attuali, che l'aiuteranno a vivere secondo gli obblighi e lo spirito del sacramento ricevuto.

Di questi aiuti soprannaturali noi possiamo avvalerci nella misura della conoscenza che ne abbiamo e nella carità che ci piega docili, generosi, alla loro influenza santificatrice. Pur possedendo un tesoro si è poveri quando sì dimentica, o non si sa valersene.

Importa assai che noi non ci arricchiamo continuamente sfruttando la nostra grazia sacerdotale; non ve n'è altra più ricca, perché nessun Sacramento impone doveri più gravi; nessuno esige uno spirito più elevato di quello che è richiesto dall'Ordine sacro.

Questo gran sacramento è una vetta luminosa; vi siamo giunti con la progressiva ascesa dei diversi gradi, a ciascuno dei quali era annessa una virtù propria. In tutti questi gradi il buon prete è eminente.

Ci tornerà molto utile considerare di nuovo uno ad uno questi gradi per comprenderli sempre più e sempre meglio e invocarne con ardenti voti l'attuazione perfetta nella nostra vita morale.

Incominciamo dalla Tonsura. Non è un sacramento ma un sacramentale molto solenne; esso depone nell'anima come una potente calamità che attira le grazie destinate a formare il chierico a quello spirito che lo renderà idoneo al sacerdozio. «Gli antichi consideravano sacre le sorgenti dei fiumi; la Tonsura è come la sorgente delle grazie sacerdotali» (45).

Quale deve essere lo spirito del Tonsurato e che cosa esige? Due parole compendiano tutto: morte e vita.

 

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