Verso le vette della santtià sacerdotale

  • Categoria dell'articolo:Spiritualita

Mons. Agostino Gonon
Vescovo di Moulins

Verso le vette della Santità Sacerdotale

 

PREFAZIONE DELL'AUTORE

Dopo le prime tre serie di « Ritiri mensili » :
I) Il Sacerdote e i suoi grandi doveri –

II) Il Sacerdote nella sua atmosfera soprannaturale
III) Il Sacerdote alla scuola del Maestro Divino, ecco la quarta: Le gemme della corona sacerdotale. Si completa così un lavoro nel quale abbiamo trasfuso tutto il nostro cuore, perché intrapreso per «gli Amici del Maestro». Vogliano essi trovare in queste ultime pagine, come già nelle prime, la prova del nostro vivo desiderio d'aiutarli a conoscere meglio, a volere più fortemente.

Quanto più addentro abbiamo potuto penetrare nelle anime sacerdotali, tanto più si è intensificato il nostro sincero e affettuoso rispetto per esse. Quali virtù, quante bellezze inorali abbiamo scoperte in coloro che ci è pur dolce chiamare, edificati e commossi:

« Venerati e cari Confratelli». E più grande è la nostra ammirazione perché meglio ci son note le condizioni a volte tanto penose della loro esistenza solitaria, priva di consolazione e d'incoraggiamento.

Come comprendiamo bene il bisogno che hanno ì sacerdoti di accostarsi a Dio sempre più, di appoggiarsi a Lui!

Il Ritiro mensile può aiutarli in questo e per noi è vera gioia poterne facilitare la pratica con questo quarto e ultimo volume.

Supplichiamo la Vergine Immacolata di benedire te nostre intenzioni, e per sua mediazione imploriamo dal Cuore Sacratissimo di Gesù le migliori effusioni delle sue grazie sui nostri degnissimi e amatissimi lettori.

Agostino
Vescovo di Moulins.

LE GEMME DELLA CORONA SACERDOTALE

 

RITIRO DEL MESE DI GENNAIO

 

IL SACERDOTE E LA VIRTÙ' DI RELIGIONE

« Il grande disegno di Dio nella vocazione al sacerdozio è di avere delle persone, che, sciolte da ogni legame, si dedichino unicamente e attendano continuamente all'esercizio del suo culto religioso. Siccome egli è infinitamente santo e perfetto in se stesso e infinitamente buono e liberale verso le sue creature, cosi merita di essere onorato per la sua grandezza e lodato, ringraziato per tutti i suoi benefici. E poiché il suo essere è eterno e le sue perfezioni sono immutabili, come ininterrotti sono i suoi benefìzi, così egli vuole essere glorificato senza posa e continuamente lodato da coloro che, ad ogni istante, sono arricchiti delle sue grazie.

« Nel cielo ha creato gli angeli che lo adorano, lo lodano, continuamente, e gli rendono il culto dovuto alla sua divina maestà.

« Ma il nostro Dio, che desidera sulla terra un culto simile a quello del cielo, e che vuol essere sempre onorato e per le sue adorabili grandezze e per i benefici che spande ognora sulle sue creature, vedendo che la maggior parte degli uomini non avrebbero voluto soddisfarlo o ne sarebbero stati distolti dalle necessità della vita, scelse, a farne le veci, i sacerdoti, perché in nome di tutti gli tributassero l'ossequio di un perpetuo culto di religione.

« Il sacerdote è come un sacramento di Gesù Cristo, religioso di Dio suo Padre; infatti Gesù sotto le apparenze del sacerdote continua a onorare perfettamente il Padre. Il sacerdote è dunque il supplemento del Cristo, nel quale Egli completa ciò che manca al suo culto religioso, come completava in S. Paolo ciò che mancava alle sue sofferenze. Il sacerdote è un mediatore fra Dio e gli uomini, che rende a Dio i doveri della sua Chiesa, e a questa distribuisce i doni di Dio. In una parola il sacerdote è come un sommario e una sintesi di tutta la religione » 1)

Belli e gravi pensieri di un gran servo di Dio che aveva meditato profondamente sul sacerdozio. Non sono essi il commento della parola dell'Apostolo, così completo nella sua . concisione? omnis pontifex ex hominibus as-sumptus, pro hominibus constituitur, in his quae sunt ad Deum (Hebr. 5, 1). Non son l'eco della dichiarazione solenne fatta da Gesù alla Samaritana? Venit hora, et nunc est, quando veri adoratores adombunt Patrem in spirita et ventate. Nam et Pater tales quaerit qui adorent eum (Joan. 4, 23).

Ci troviamo di fronte a un dovere importante, essenziale. Il Padre cerca veri adoratori e deve trovarli nei suoi sacerdoti, continuatori del solo vero Sacerdote, del solo vero Adoratore e Mediatore. Eppure questo dovere non è il meglio compreso né il più fedelmente osservato. Per riuscire ad osservarlo come si conviene, ravviviamo le nostre convinzioni e perciò meditiamo: 1° il fondamento; la pratica della virtù di religione.

1) Olier; Trattato degli Ordini Sacri, 1» parte, cap VII.

1. – IL FONDAMENTO

S. Tommaso (1) con Cicerone e S. Agostino, trova nel termine religione una triplice etimologia, quindi un triplice significato, a) Deriva da relegere; l'uomo riflette a ciò che è in se stesso, a chi è Dio, e volge le sue potenze verso l'Autore del suo essere: In omnibus viis tuis cogita illum (Prov., 3, 6). b) Deriva da religere; l'uomo, allontanato da Dio per la sua primitiva disobbedienza, decide di ritornare a Lui, elegge di servire Luì, invece di servire le proprie passioni, c) Deriva inoltre da religare; l'uomo orientato verso Dio per via d'intelligenza, s'unisce a Lui con tutta l'attività dell'anima sua.

Non escludiamo, un significato a vantaggio dell'altro ; si collegano e si completano a vicenda. Punto di partenza è la luce su ciò che è Dio, su ciò che siamo noi. Nostro Signore lo disse a S. Caterina da Siena: «Io sono Colui che è, e tu colei che non è! » Ne consegue che tutto ciò che siamo, tutto quanto abbiamo dev'essere riferito a Dio. Ecco il compito della religione la quale, dice ancora S. Tommaso, « è una virtù in forza della quale gli uomini rendono a Dio il culto e il rispettò a Lui dovuti ». Dìo è: due parole dal significato immenso: Ego sum qui sum (Exod. 3, 14). Egli è l'Essere per Se stesso, l'aseità è la sua essenza. Egli basta a Se stesso e non riceve da nessuno. Quando per mezzo di Mosè trasmette gli ordini al suo popolo, sanziona ogni precetto con questa solenne affermazione: Ego Dominus Deus vester. Ego Dominus '(Lev. 19, 2-12). Egli solo è vita, solo è forza, solo è potenza, solo è tutto, l'Infinito, l'Assoluto: Scito ergo hodie, et cogitato in corde tuo quod Dominus ipse sit Deus, in coelo sursum et in terra deorsum, et non sit alius (Deut. 4, 39).

Ne viene di conseguenza che le creature son nulla dinanzi a Lui: Ecce mensurabiles posui-sti dies meos, et substantia mea tanquam ni-hilum ante te. Verumtamen universa vanitas, omnis homo vivens (Ps. 38, 6). Nulla esiste senza di Lui, nulla esiste se non per Lui.

Su tutto ha dominio essenziale: è proprio della natura stessa della creatura il derivare da Dio, quindi l'appartenergli.

Su tutto ha dominio universale: non v'è atomo che non sia sua creatura, e che sfugga al suo dominio.

Su tutto ha dominio assoluto: nulla, nessuno può cosa alcuna contro di Lui; Lucifero l'apprese a sue spese: Quis ut Deus? Adamo lo sperimentò dolorosamente; l'empio che lo provoca e lo bestemmia, non vincerà; Dio può sembrare sordo, muto, inerte sotto i colpì del l'oltraggio: che gli importa il tempo? Per vendicarsi dispone dell'eternità!

Dio solo, l'essere, primo principio degli esseri, è pure necessariamente loro ultimo fine. Infatti, l'operaio intelligente per fare un'opera degna di sé, deve volerla adeguata ai mezzi d'azione di cui dispone. L'Infinito dispone di mezzi infiniti; il fine del suo atto, perché sia degno di Lui, deve essere infinito, e non v'è, né può esservi che un solo infinito.

Dio è tutto, Dio ha diritto a tutto. Quale posto occupa nel mondo?

Gli esseri privi di ragione seguono necessariamente l'orbita tracciata dalla Provvidenza: Coeli enarrant gloriavi Dei, et opera manuum ejus annuntiat flrmamentum (Ps. 18, 1). Ma l'uomo intelligente e libero da a Dio quanto gli deve? Re dell'universo, mente e cuore del mondo, volge a Dio e a Lui solo i suoi pensieri e i suoi affetti? Ohimè! Prima dell'Incarnazione tutto fu Dio per l'umanità, eccetto Dio stesso; si vide perfino il popolo eletto prostrato . dinanzi al vitello d'oro, e S. Paolo, prima Che fosse an"nunziato il grande mistero ai supersti-tiosiores Ateniesi, ebbe la dolorosa sorpresa di vedere nella loro città un altare dedicato al-i'Ignoto Deo '(Act, 17, 22).

Venne Gesù, erede di tutte le nazioni, e tributò al Padre suo l'omaggio stupendo della sua soggezione santa, del suo pensiero fedele, del suo amore totale. Ascoltiamolo rivelarci come in Lui vive il Padre, come Egli è tutto per il Padre: Non sum solus, Quia Poter mecum est (Joan. 16, 32). Pater meus usque modo opera-tur et ego operar (id. 5, 17). Quae placita sunt ei faeio semper (id. 8, 29). Pater in me manens ìpse facit opera (id. 16, 10).

E' Sacerdote perché è Mediatore, e la sua mediazione consiste essenzialmente in questo che Egli tributa al Padre e alla gloria sua, quello di cui lo priva la deficienza umana causata dal peccato: Aversio a Deo, conversici ad creaturas. E' mediatore di religione con il dono di tutto Se stesso, dono di cui il suo sacrificio non è che il compimento perfetto, perché lo fa assoluto come lo reclama l'assoluto del Padre: Ut. offerat dona et sacrificio pro peccatis (Hebr. 5, 1).

Non dimentichiamo che siamo sacerdoti in Lui; meglio, Egli stesso è Sacerdote in noi, solo e unico Sacerdote in tutti ì sacerdoti, che sono perciò, in virtù della loro consacrazione essenzialmente mediatori di religione,

Ci siamo chièsto più sopra quale posto occupa Dìo nel mondo. L'interrogazione diviene più grave ancora quando la rivolgiamo a noi stessi: quale posto occupa Dio nella nostra vita? E non possiamo non rivolgerla a noi, che dobbiamo essère guida dei nostri fratelli per condurli a, Dio; Forma facti gregis ex animo (1 Petr. 5, 3). Quale è la direttiva abituale dei nostri pensieri, dei nostri giudizi, delle nostre intenzioni, del nostri affetti? Risponda la coscienza; essa non ha diritto dì sottrarsi all'interrogazione. Aiutiamola piuttosto ad essere leale continuando la nostra, meditazione.

2. – LA PRATICA

Religioso di Dio secondo la parola dello Spirito Santo: Erunt sacerdotes mthi religione perpetua (Exod, 19, 9), il sacerdote, secondo la

definizione sopra citata, deve tributare a Dio per sè e per i fratelli, il culto e il rispetto che gli sono dovuti. Compie così quattro funzioni: adora, ringrazia, impetra grazie, domanda perdono.

 

a) Dio è, noi non siamo. La religione è l'adorazione che si abbassa fino ad annientarsi; è il riconoscimento di quanto v'è in Dio d'ineffàbile Infinità, di assoluta Pienezza, d'essenziale Autorità; è la vista abituale di tanta Grandezza, Maestà, Sapienza, Verità, Santità.

L'uomo è troppo incline a ripiegarsi su se stesso e non guarda Dio; è troppo limitato è non comprende Dio.

L'Uomo-Dio non ha mai perduto di vista il Padre, l'ha compreso quant'è comprensibile: Deum nemó vidit unquam, Unigenitus Fttius qui est in sinu Patris ipse enarravit (Joan. 1, 18). Quindi Egli fu un perfetto adoratore; In his quae Patris mei sunt oportet me èsse. '(Lue. 2, 49).

Così deve sforzarsi di essere il sacerdote, homo Dei. Sempre guarderà Dio con la contemplazione, lo studierà: con la meditazióne; la sua orazione, il suo breviario saranno le due correnti mistiche Che faranno prostrare l'anima sua adorante. Ad ogni aurora .dirà: Deus, Deus meus, ad te de luce vigilò (Ps. 62, 1), e nella quiete del crepuscolo: Elevatio manuum mearum sacriftdum vespertinum (Ps. 140, 2).

La sua vita dev'essere seria, intensa, riflessiva. Ma quanti sacerdoti sonò lungi dal presentare tale .fisionomia, perché disorientati, dissipati, superficiali!

b) Dio è, noi non siamo; Egli tutto ci dona. La religione è dunque il ringraziamento che sale verso la Perfezione sostanziale, necessaria, che è Dio stesso, la Bontà eterna, sempre viva, sempre diffusiva di sé.

L'uomo è troppo egoista per non essere ingrato; il mondo è freddo verso Colui che lo ricolma dei suoi beni.

Sulla terra Gesù fu la laus perennis come lo è il verbo nel seno dell'adorabile Trinità. . Il Vangelo ad ogni pagina dice di Lui: gratias agens (Mat. 15, 36) — cum gratias egis-set… (id. 6, 11). Ed Egli stesso in alcune circostanze manifesta così il moto istintivo del suo Cuore: Pater, gratias Ubi ago, quod…

E così farà pure l'homo Dei; in questo gli è guida il suo breviario, recitando il quale invita la creazione a cantare l'inno del solenne ringraziamento: Benedicite, omnia opera Domini, Domino! (Dan. 3, 57). Nella Messa invita i fedeli a unirsi concordi: Gratias agamus Domino Deo nostro, e per essere sicuro che l'armonia salirà gradita all'orecchio del Padre, fa propria quella dell'eterno Cantore: Per ipsum, et cum ipso, est tibi Deo omnipotenti, in uni-tate Spiritus Sancti, omnis honor et gloria.

c) Dio è, noi non siamo; abbiamo bisogno di tutto. La Religione è impetrazione di grazie, è la supplica dì chi si riconosce povero e indegno, ma che spera, filiale e perseverante, di ricevere i doni della Provvidenza e le effusioni dello Spirito Santo.

L'uomo orgoglioso non sì cura d'invocare l'aiuto di Dio; se, umile o infelice, vi pensa, non può farlo in modo efficace, incapace com'è di obbedire all'Apostolo: Volo ego viros orare inomni loco, levantes puras manus, sine ira et disceptatione (1 Tim. 2, 8); le sue mani non sono pure!

Che preghiera efficace quella del Salvatore! Qui in diebus carnis suae, preces supplicatio-nesgue ad eum, qui possit illum salvum tacere a morte, cum clamore valido et lacrymis, offe-rens, exauditus est prò sua reverantia… factus est omnibus obtemperantibus sibi, causa salu-tis aeternae (Hebr. 5, 7-9).

Il sacerdote quando sale all'altare porta con sè i voti dei fedeli. Egli è colui che ufficialmente multum orai prò populo, et universa sancta civitate (2 Mac. 15, 14). La sua religione l'obbliga a una vita immacolata, affine di propiziare il Cuore di Dio: Quis ascendet in mon-tem Domini… innocens manibus et mundo corde! l(Ps. 23, 3).

d) Dio è, noi non siamo e abbiamo peccato. La religione che implora grazia, è la supplica di un perdono sempre pronto a concedersi al pentimento sincero: Quia apud te propi-tiatio est, et propter legem tuam sustinui te, Domine (Ps. 129, 4). L'uomo è incapace d'ottenere perdono: dovrebbe essere capace dell'infinito. Venne l'Uomo-Dio, Agnus qui tollit peccatum mundi (Joan, 1, 29), e nello spargimento del suo Sangue, justitia et pax osculatae sunt (Ps. 84, 11); il bacio della riconciliazione discese dal cielo a irradiare la fronte del peccatore di luci piene di speranza.

L'homo-Dei versa ogni mattina quel Sangue sul Calvario dell'altare, le sue mani ne sono , imporporate ed egli le innalza verso il cielo: Inter vestibulum et altare plorabunt sacerdoti tuis ministri Domini et dicent: parce Domine! (Ioel. 2, 17). Ne consegue per lui l'obbligo di identificarsi colla Vittima, perché nell'unico sacerdozio di Cristo, di cui egli è investito, sacerdote e ostia sono una cosa sola. L'ultima caratteristica del suo programma di religioso di Dio è l'« immolor supra sacriftcium » di S. Paolo (Phil. 2, 17).

— La religione è dunque una virtù sovreminentemente sacerdotale; dobbiamo quindi comprendere e scolpire nell'animo nostro la solenne raccomandazione del Concilio di Trento

1) : Sic decet omnino Clericos in sortem Domini vocatos, vitam moresque suos omnes com-ponere, ut habitu, gestu, ìncessu, sermone alii-sque omnibus rebus nihil nisi grave, modera-tum ac religione plenum praeseferant, levia etiam delieta, quae in ipsis maxima essent, ef-fugiant, ut eorum actiones cunctis afferant ve-nerationem.

 

Esame sullo spirito di religione

O Gesù, adoro l'anima vostra santissima che pienamente e con tutta perfezione soddisfa i doveri che le creature intelligenti hanno verso Dio. Quando voi, Religioso del Padre vostro a Lui tributate l'adorazione in ispirito e verità, ch'Egli esige per la sua gloria ad extra, « tales quaerit », mi associate mediante il' sacerdozio a tale funzione, ch'io devo compiere in ispirito di giustizia e di riparazione. Tanto onore esige da me una disposizione interna senza la quale

la mia vita non sarebbe leale ; una disposizione esterna senza la quale la prima non sarebbe visibile, nè avrebbe vita.

1. – RELIGIONE INTERNA

Dice S. Agostino: Religet nos Religio uni _ omnipotenti Deo

2). Quest'unione può e deve ottenersi con il cuore. Dio non ama la finzione: Populus hic labiis me honorat, cor autern eorum longe est a me (Mat. 15, 8). Vivo alla presenza di Dio quant'è possibile? Providebam Dominum in conspectu meo semper (Ps. 15, 8). — Sono fedele alla meditazione quotidiana, considerandola come un esercizio indispensabile per l'anima mia? — Sono fedele. a tutte le mie pratiche di pietà ritenendole quasi' un prolungamento della meditazione, che ne deve essere il principio informatore? — Curo la preparazione intima raccomandata dallo Spirito Santo: Ante orationem pruepara animam tuam (Eccli. 18, 23)? Senza preparazione le mie pratiche mi farebbero somigliare a Vaes sonans o al eymbalum tinniens di cui parla S. Paolo (1 Cor. 13, 1). Prima di ogni preghiera, prima della S. Messa, prima del breviario, prima d'amministrare un sacramento o di compiere qualsiasi funzione liturgica, prima d'entrare in chiesa o di fare un semplice segno di croce… ho premura di raccogliermi? Ambula coram me et esto perfectus (Gen. 17, 1). Ripeto spesso: «Mettiamoci alla presenza di Dio!»; lo faccio veramente? E l'altra ancor più solenne: Domine in unione illius divinae intentionis qua Ipse in terris laudes Deo persolvit, has Ubi horas persolvo? O mio Dio, omnes viae meae in conspectu tuo (Ps. 118, 158). Devo essere come Mosè: Invisibilem tamguam videns sustinuit (Hebr. 11, 27).

2. – RELIGIONE ESTERNA

Tutti siamo obbligati al culto esterno; per tutti l'Apostolo scrive: Glorificate et portate Deum in corpore vestro (1 Cor. 6, 20), il sacerdote più di ogni altro. Per il fatto che egli è sacerdote nel corpo e nello spirito, è ostia in tutta la persona: Obsecro itaque vos, fratres, per misericordiam Dei ut exibeatis corpora ve-stra hostiam viventem, sanctam, Deo placen-tem (Rom. 12, 1). La mia religione esterna deve esplicarsi in chiesa e fuori di chiesa.

a) In chiesa. — Il mio contegno, il mio tratto, la mia compostezza sono di edificazione ai fedeli? Modestia vestra nota sit omnibus ho-mtnibus; Dominus enim prope est (Phil. 4, 6). E' facile prendere troppa familiarità col luogo santo: Quam terribilis est locus iste! non est hic aliud nisi domus Dei et porta coeli '(Gen. 28, 17); eppure vi si parla senza motivo, ci si comporta come in casa propria!… — Vigilo sui miei sguardi? Si può destare sorpresa e per-sino scandalo se non si vive nell'assemblea cristiana in modo da meritare l'elogio che S. Gi-rolamo fa di S. Giovanni Battista: Oculis desi-derantibus Christum, nihil aliud dignabatur aspieere 1). I miei gesti portano l'impronta della dignità? Non si devono prendere pose solenni; ma certe genuflessioni stroncate, certi segni di croce che non lo sono, una certa precipitazione disinvolta sanno di oltraggio all'onore dovuto a Dio e non edificano certo i fedeli! — La mia pronunzia è integra, rispettoso il mio tono di voce? Si deve bensì evitare qualsiasi affettazione, leziosaggine; ma anche vigilare per non omettere alcuna formula (si può arrivare a pronunciare malamente ciò che è essenziale; questo non è un disordine frequente, ma quanto grave!) — Sto attento per non divenire un fonografo intelligente, o meglio per nulla intelligente? Osservo scrupolosamente riti e rubriche? Tutto è stato saggiamente ordinato; considerare alla leggera le prescrizioni del cerimoniale o dell'Orcio espone al pericolo di cadere nell'arbitrario o nel ridicolo; indizio di poco spirito di fede: Maledictus Qui facit opus Domini fraudolenta (Ierem. 48, 10).

b) Fuori di chiesa. — Devo ricordare che sono prete da per tutto. Trattando colle persone di condizione inferiore, col pretesto d'essere semplice, cado troppo in basso? Vi sono certe maniere, certi atteggiamenti trasandati, certe libertà dì linguaggio sconvenienti ad un prete. — Con le persone di condizione elevata, sotto pretesto di urbanità, tengo un contegno, un parlare che disdice ad un uomo di chiesa e mi attira le beffe malcelate, anzi che la stima di coloro cui pretendo garbare? — Tanto le persone del popolo che le aristocratiche quando scorgono un prete, vogliono vederlo vero prete, e non un uomo più goffo che elegante, Prete solo nell'abito! — Il mio vestire è sempre corretto? Sono veramente da per tutto homo Dei?

— O Gesù, adorabile modello dei vostri sacerdoti, aiutatemi a conoscere quanto in me devo modificare e aiutatemi nella riforma. Con tutto l'animo vi prego di aiutarmi a compiere il vostro desiderio: Videant opera vestra bona et gloriftcent Patrem vestrum qui in caelìs est (Mat. 5,. 16).