Omnia et in omnibus Christus

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P. SILVIO MARIA GIRAUD
MISSIONARIO DELLA SALETTE

SACERDOTE E OSTIA

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CAPITOLO VENTIQUATTRESIMO. CONCLUSIONE DEL LIBRO PRIMO:
«OMNIA ET IN OMNIBUS CHRISTUS»

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     Al termine di questo primo Libro, un pensiero assorbe tutto l’animo nostro: quel pensiero che s. Paolo ha espresso in questi termini: Omnia et in omnibus Christus (Col 3, 11). Davvero, GESÙ è tutto in ogni cosa; ed Egli è tutto in ogni cosa nella sua qualità di Sacerdote e di. Vittima. Riposiamo in questo delizioso argomento.
     GESÙ è Dio, ed Egli è tutto; è l’Uomo Dio, ed Egli è tutto. In Lui, il Padre ha posto tutto quanto è suo fuorché di essere Padre: tutta la divinità, tutte le perfezioni divine, tutto l’Essere divino; e in Lui, dopo l’Incarnazione, ha posto tutta la sua verità, tutta la sua santità, tutta la sua autorità, tutta la sua potenza, tutti i suoi diritti; ne ha fatto l’oggetto di tutte le sue compiacenze: da Lui tutta la sua felicità e tutta la sua gloria accidentale. Per mezzo di Lui e in Lui, Dio Padre ha disegni di bontà e; d’amore sopra il mondo delle creature ragionevoli; ma, quando pure le Creature non accettassero i suoi disegni, il Padre nel suo Figlio incarnato riceverebbe una Religione così completa e perfetta, una soddisfazione così assoluta, un contraccambio, una riconoscenza, una corrispondenza così perfetta alle sue adorabili degnazioni, che la defezione e l’ingratitudine degli Angeli e degli uomini non toglierebbero nulla alla pienezza della sua gioia; perché la Religione, l’amore, la corrispondenza fedele del Figlio suo sono per Lui sufficienti in un modo assolutamente perfetto, pieno e delizioso. In questo primo senso GESÙ è tutto per il Padre; ma Egli è tale ancora in altra maniera sublime. Egli è tutto per il Padre «Chiunque lo vede, vede il Padre» (Gv 14, 9). «Chiunque ha il senso e l’intelligenza di CRISTO» (1 Cor 2, 16), perciò stesso intende tutte le perfezioni e tutti gli attributi del Padre: Potenza, Sapienza, Bontà, Provvidenza, Giustizia, Misericordia, Maestà, Verità; e ne intende pure i disegni, le volontà sopra il mondo, e «le vie sì profonde ed i giudizi sì impentrabili» (Rm 11, 33). Per il Padre ancora GESÙ è tutto, perché quando il Padre comunica se stesso alle creature, il suo dono è GESÙ; e quando noi andiamo al Padre, al Cuore del Padre, al seno del Padre, troviamo GESÙ. «Là, dice Clemente Alessandrino, là GESÙ è l’alimento celeste, il latte di cui han bisogno le nostre labbra da bambini. Beati coloro che ricevono, in quel seno del Padre, quel latte dell’eterna vita!» (206). In ogni maniera pertanto, per il Padre suo santo e adorabile GESÙ è tutto.

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    Considerato in se stesso, GESÙ è tutto: ogni verità, ogni ordine, ogni sapienza, ogni virtù, ogni luce, ogni forza, ogni pace, ogni vita, ogni grazia, ogni bene, assolutamente tutto: Omne bonum (Es 34, 1).
     Riguardo al mondo creato, GESÙ è il principio, l’origine, la fonte di ogni essere e di ogni vita: principio, origine, fonte viva, efficace, creatrice con una volontà attuale, diretta e irresistibile, di ogni essere e di ogni vita. A Lui Angeli e uomini sono debitori di tutto quanto han ricevuto o riceveranno, nell’ordine della natura, della grazia e della gloria. Vi è un libro scritto dalla mano di Dio, nel quale si trova registrato in anticipazione tutto quanto la Trinità Santa ha fatto o farà in questo mondo e nell’altro: GESÙ di tal libro è l’alpha e l’omega, il principio e la fine (Ap 1, 8; 21, 6; 12, 13; –  Gv 8, 25). Gli spiriti celesti non hanno bellezza e gloria se non perché GESÙ è la Bellezza e la Gloria eccellente del Padre ed essi ne ricevono il magnifico riflesso. Per la virtù di GESÙ «sopra la terra regnano i Re, comandano i principi e i legislatori ordinano cose giuste» (Prv 8, 15). Vi è autorità nella famiglia? Ogni autorità viene da Lui. Vi sono sposi, purché Egli è Sposo; vi sono degli amici generosi, dei protettori, dei giusti, dei sapienti, dei santi, perché Egli è l’amico, il protettore, il giusto, il sapiente, il santo che dà comunicazione della sua pienezza a tutti, sia nell’ordine soprannaturale da Dio stabilito, come nell’ordine naturale di cui Dio è pure l’autore (207).
     GESÙ solo è la spiegazione del mondo (Eb 11, 3). Quando diceva: «Io sono la luce del mondo», voleva dire che Egli rischiara tutto, e che da Lui viene tolta qualsiasi oscurità impenetrabile, negli eventi così variati e stupendi degli annali della storia umana. Tuttavia, non siamo ancora capaci di comprendere quanto qui affermiamo; soltanto nell’eternità, riconosceremo con ammirazione come CRISTO sia la Luce universale, che dissipa tutte le tenebre e rivelerà tutto quanto ora è nascosto per la nostra ignoranza. La sua Incarnazione, la sua Dottrina, la sua Vita, le sue opere, la sua Passione, la sua Morte illuminano con magnifica chiarezza tutti i misteri più profondi della vita degli uomini, degli Angeli, dei giusti, dei peccatori, e, in particolare, il mistero, così schiacciante per la nostra debole ragione, della libertà di cui venne dotata la creatura ragionevole, sia angelica sia umana, come della condotta e delle vie di Dio nel nostro mondo in cui quella libertà si esercita e opera effetti così sorprendenti. Per verità, nella luce del Mistero del Verbo Incarnato non vi è più mistero. Esso illumina la terra e il cielo, gli spaventosi abissi dell’inferno stesso, e le gioie e le glorie della Eternità beata.       Ma se GESÙ è tutto, è da dirsi pure ch’Egli è uno e riconduce tutto all’unità. In Lui solo il Padre vede ogni cosa, crea ogni cosa, «fonda e stabilisce, restaura e ri-concilia, santifica e glorifica ogni cosa» (Col 1, 16-20; Ef 1, 1-12 etc.). Come lo ha stabilito Principio e Inizio, così lo ha stabilito Fine di ogni cosa. Storicamente vi sono tre Chiese: la Chiesa che riceve le promesse, la Chiesa che ne vede la realizzazione, e la Chiesa che ne gode eternamente; e queste tre Chiese ne formano una sola: GESÙ è la loro unità (208). Sotto un altro aspetto, vi è la Chiesa che combatte, la Chiesa che espia, e la Chiesa che trionfa; e queste tre Chiese non formano esse pure che una Chiesa sola, ed è ancora GESÙ che costituisce la loro unità (209). «Vi sono, dice san Paolo, distinzioni di doni, ma un medesimo Spirito: e vi sono distinzioni di ministeri, ma un medesimo Signore: vi sono distinzioni di operazioni, ma lo stesso Dio è quello che fa in tutti tutte le cose… tutte queste Cose le opera un medesimo Spirito» (1 Cor 12, 4-6 11, 12). Orbene, questo Spirito unico, è lo Spirito di GESÙ CRISTO: questo Signore unico, questo Dio unico, è GESÙ CRISTO. L’Apostolo subito dopo dice: «Come il nostro corpo è uno, ed ha molte membra, e tutte le membra del corpo, benché siano molte, tuttavia sono un solo corpo: così anche CRISTO». Ita et Christus. Sant’Agostino si ferma sopra questa parola e fa notare che significa come CRISTO sia tutt’assieme il Capo e il Corpo. Diversamente, dice il Santo Dottore, l’Apostolo non avrebbe adoperato questa espressione: Ita et Christus, ma quest’altra: Ita et Christus et Corpus (210). Sempre l’unità di GESÙ CRISTO. Quando Nostro Signore medesimo dice: Io sono la via, la verità e la vita, quando ancora dice: «Voi non potete far nulla senza di me», ci afferma, e vuole lo sappiamo, «che Egli è «l’unico necessario» (211).

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      GESÙ è tutto in ogni cosa, e tutto riconduce e rinchiude nella sua unità. In Lui il creato è uno, poiché solo Egli ne è la ragione, il sostegno, l’esemplare e il fine. La società delle anime redente è una, perché non vive, non opera, non si sviluppa, e non arriva alla sua perfezione che in Lui e per mezzo di Lui. In Lui è uno il Cielo, perché Egli porta in sé tutti i Predestinati con la loro gloria e la loro felicità. Uno è il Purgatorio, perché soltanto in GESÙ CRISTO ha sollievo e, liberazione. Dappertutto GESÙ opera l’unità. Abbiamo già sentito le parole di Bossuet: «Dal corpo naturale di GESÙ emana un’impressione di unità, per radunare e ridurre in uno, tutto il corpo mistico» (212). Quelli che sono perduti per sempre, non si trovano in tale stato disperato se non perché sono separati, senza nessuna speranza, da quell’adorabile unità. La pace, la gioia, l’eterna vita delle anime consiste nel dimorare e rimanere fisse in tale unità (213). Perciò GESÙ, nella sua preghiera dopo la Cena, ha insistito, con tanta forza, per ottenere alla sua Chiesa questo dono ineffabile: Ut omnes unum sint… Ut et ipsi in nobis unum sint… Ego in eis, et tu in me; ut sint consummati in unum (Gv 17, 21-23).

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     O GESÙ! Voi siete davvero Tutto, e veramente solo e unico! Veramente tutto; contenete tutto: il Padre vostro, il vostro Spirito, la vostra Chiesa, tutto quanto è vero, e bello, e buono e santo!… Veramente solo e unico, perché soltanto in Voi, nella più perfetta ed essenziale unità, noi troviamo il Padre vostro ed il vostro Spirito, la vostra Chiesa e la nostra unica vita, per il tempo e per l’eternità! Principio, Fine e Centro: Principio nel quale tutto ha origine, tutto quanto Dio vuol fare fuori di sé; Fine dove tutto si riunisce; Centro dove tutto riposa e arriva al suo perfetto compimento nell’unità (214).
     Pensare a tali sublimi e deliziose verità, dirle, adorarle ecco la gioia della vita presente. Ma eccoci al complemento e come al coronamento di questa grande e dolce gioia: appunto nella sua qualità di Sacerdote e di Vittima, GESÙ è «Tutto in ogni cosa».
    Supponiamo, per un momento, che non fosse avvenuta la caduta del nostro primo padre, e che, nondimeno, nel consiglio della Sapienza eterna, fosse stata decretata l’Incarnazione del Verbo eterno; quale sarebbe stata, in questo mondo, in mezzo agli Angeli e agli uomini, la condizione del Verbo incarnato? Evidentemente, questo Dio fatto uomo sarebbe stato il Pontefice unico di quella creazione santa e gloriosa. Perché, la creatura essenzialmente deve rendere al Creatore un culto di adorazione, di lode, di sudditanza, di obbedienza, di riconoscenza e di amore. È questo ciò che la creatura deve fare innanzi tutto; è il suo primo dovere, anzi, a dire il vero, l’unico suo dovere; perché rendere a Dio ciò che gli è dovuto, questo è «tutto l’uomo» (Eccle. 12, 13); è il tutto dell’Angelo e di ogni possibile creatura ragionevole.

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    Il Verbo Incarnato, divenuto nel suo nuovo stato creatura di Dio, avrebbe dunque reso questo culto a Dio, e in una maniera perfettissima, oltremodo elevata e affatto degna di Dio medesimo; sarebbe stato il Re, il Capo della Religione di tutti gli esseri creati; anzi, ne sarebbe stato, di pieno diritto, il primo principio, il motore, l’esempio e la regola. In altri termini, Dio Padre l’avrebbe costituito Pontefice universale; e tutte le creature si sarebbero rivolte a Lui come al loro supplemento necessario per usufruire della pienezza del suo culto e della perfezione dei suoi omaggi (215). In Lui, per mezzo di Lui, e con Lui, tutte le creature avrebbero cercato in ogni cosa di raggiungere, ed avrebbero effettivamente raggiunto, il fine della loro esistenza. Il Verbo Incarnato sarebbe stato il loro centro e la loro, unione; perché lo zelo ch’egli avrebbe avuto per l’onore del Padre suo, lo avrebbe portato incessantemente ad attirare in sé, nella sua Oblazione, nella sua Religione, nelle sue disposizioni di lode, di riconoscenza, di sacrificio universale verso il Padre, in una parola, nel suo stato di Ostia, tutte le opere delle mani di Dio, affinché tutto si fosse trovato nell’ordine per mezzo di questa sorta di olocausto di ogni cosa alla Maestà dell’Onnipotente. In tal modo, nella sua qualità di Pontefice e di Vittima Egli sarebbe stato il Tutto dell’universo.

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     Il suo Sacerdozio sarebbe stato il Sacerdozio, di tutti, e parimenti il suo Sacrificio sarebbe stato Il Sacrificio di tutti: dimodochè in Lui, per mezzo di Lui e con Lui, l’universo sarebbe divenuto, e non avrebbe mai cessato di essere, una immensa, gloriosa e lietissima Ostia di Dio.
     E in tali condizioni, il Verbo, Pontefice e Vittima, ­ Pontefice, Principio, Centro, Fine di tutta la creazione, veramente «tutto in ogni cosa» sarebbe pure comparso, in tutta verità, il Tutto del Padre: vale a dire, tutta la sua gloria, tutta la sua gioia, la sua soddisfazione, poiché per mezzo di Lui sarebbe avvenuto, nell’universo, il compimento di ogni verità, di ogni giustizia di ogni disegno di Dio e di ogni beneplacito del Padre.

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     Orbene, ciò che sarebbe avvenuto allora, è appunto ciò che noi ora ammiriamo. Dopo la caduta del nostro primo padre, nulla è cambiato negli obblighi della creatura; e benché il Verbo sia venuto in mezzo a noi unicamente perché, essendo caduto Adamo, il mondo ha bisogno di essere redento, il Verbo fatto uomo prende il primo posto. E se prende un tal posto, non è punto subordinatamente. Prima ancora che la creazione fosse decretata dal Padre e da Lui effettuata, la caduta dell’uomo era prevista; e in questa previsione, vi era pure quella dell’Incarnazione (216). Epperò, prima ancora che il primo uomo comparisca al mondo, ve n’è già un altro che ne sarà il capo e il tipo, e di cui esso non sarà che l’abbozzo e la figura imperfetta (217). Esemplare, Principio, Regola e Modello di ogni creatura: il Verbo è tutto questo, principalmente riguardo a ciò che ad ogni creatura, innanzi tutto e soprattutto, è essenziale, vale adire, il dovere di religione. Il fatto della caduta non ha per nulla modificato i doveri dell’uomo verso Dio; anzi, vi aggiunge un obbligo tutto nuovo, quello dell’espiazione. Che se i doveri sono gli stessi come prima; e si sono accresciuti, la facoltà per adempierli non è più la stessa, appunto per causa della caduta e della disgrazia che ne è derivata. Dimodochè, se il sacerdozio dèl Verbo sarebbe stato necessario alla creatura, prima della caduta, onde offrire a Dio piena soddisfazione e degnissima lode; quale non sarà per lei, ora che è caduta, la necessità della Religione del Figlio di Dio? Questa Religione è il mezzo che rimedia a tutto, che riconduce la creatura ad essere riconciliata col Padre. GESÙ, Sacerdote e Vittima, è Colui che dà la vita a ciò the era morto, una vita abbondante, una vita eterna. Egli muore per comunicare questa vita, che è il complesso di tutti i beni; e la morte ch’Egli soffre per operare tali effetti, è il suo grande e unico Sacrificio. Ecco perché san Paolo sembra fare una distinzione tra GESÙ e GESÙ crocefisso (l Cor., I, 23; II, 2), tra GESÙ CRISTO nel mistero della sua Incarnazione, e GESÙ CRISTO in quello della sua Immolazione; come se il primo dicesse un ordine di cose diverse da ciò che è proprio del secondo. E infatti, l’Incarnazione, con quel cumulo di gloriosi misteri ch’essa suppone o comprende, avrebbe potuto aver luogo senza l’Immolazione, anche dopo il peccato del primo l’uomo, ed anche supposta la divina volontà di riparare il peccato. Ma, in realtà, essendochè l’Immolazione cruenta era, nei disegni della SS. Trinità, la condizione necessaria della Redenzione, dobbiamo riconoscere che nell’Immolazione il Redentore è propriamente «tutto in ogni cosa». Nel suo Sacrificio, infatti, come lo annunciava Lui stesso, Egli «attira tutto a sé» (GV 12, 32); nel suo Sacrificio fa la conquista della sua Chiesa e la unisce a sé in qualità di sposa (Ef 5, 25); nel suo Sacrificio, tutto è compiuto, tutto il disegno del Padre, tutto quanto il Padre desiderava ed esigeva, tutto quanto richiedevano i divini attributi, e parimenti tutta la grazia, la riparazione e la salvezza di cui il mondo aveva bisogno. Così, in tutta verità, GESÙ CRISTO, principalmente nella sua qualità di Sacerdote e di Ostia, è Principio, Fine e Centro di tutto il mondo creato. Anzi, nel suo Sacrificio del Calvario, Egli è Principio, Fine e Centro molto più sensibilmente che non lo sarebbe stato se non fosse avvenuto il peccato. Ora è Principio, ma Principio che dà l’essere della grazia, non soltanto per semplice comunicazione di se medesimo, come sarebbe stato prima della caduta, ma per una comunicazione che ha per condizione l’immolazione e il Sacrificio stesso; e ciò è ben altrimenti. straordinario e meraviglioso. È Fine di ogni creatura, ma Fine e Termine cui si riferiscono l’amore e gli omaggi delle creature, non solamente per diritto di superiorità e di dignità; ma per il diritto ch’Egli ha acquistato con la sofferenza, l’umiliazione e l’obbedienza sino alla morte di croce per la loro salvezza. GESÙ CRISTO è il Centro delle creature; ma, le attira a sé, nell’attuale condizione di Ostia, con vincoli molto più forti che non sarebbero stati i vincoli richiesti da uno stato di innocenza permanente; perché le unisce a sé, non già unicamente con l’attrattiva di un amore che non incontra ostacoli, ma con la potenza di una conquista che gli è costata tutto il suo sangue. Quanto Egli unisce a sé, in tali condizioni, gli è oltremodo più unito. Noi apparteniamo a GESÙ CRISTO Redentore, e quindi Sacerdote e Vittima, molto più che se GESÙ CRISTO fosse soltanto per noi Capo della Religione, Sacerdote e Pontefice, senza il Sacrificio cruento della sua vita. Maggiore è l’amore: maggiore è l’unione. Maggiore è l’unione: maggiore è la gloria data al Padre e maggiore è la vita divina comunicata alle anime. E tutto questo, è l’opera del Sacerdozio e del Sacrificio di GESÙ CRISTO: Omnia et in omnibus Christus.

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     O GESÙ! ho tentato di farmi l’eco di «queste grandi parole» che il vostro Apostolo ha dette del vostro Sacerdozio eterno. Vi domando perdono di aver osato elevarmi a questi gloriosi Misteri. Ma, o mio Dio I Dio fatto uomo, veramente uno di noi! Dio, così accondiscendente, e così adorabile! Redentore, Salvatore, Servo delle nostre anime sino alla morte penosa e ignominiosa della Croce! Incomparabile Amico, Padre, Fratello, Pastore, Sposo! O GESÙ! questo Mistero del vostro Sacerdozio è così bello, amabile e delizioso; è così bene il nostro Mistero, poiché voi siete Sacerdote per noi, Sacerdote sulla terra, ed anche Sacerdote in Cielo, dove siete, in tale qualità, il nostro Precursore (Eb 6, 20), Sacerdote nella Chiesa militante, e unico Sacerdote nel Sacrificio che vi offrite; questo Mistero del vostro Sacerdozio è così intimamente la nostra speranza, la nostra salvezza, la nostra unione col Padre; il Mistero del Vostro stato di Ostia è così bene ancora il nostro Mistero, il Mistero nel quale siamo stati benedetti, riconciliati col Padre e destinati alla visione e al possesso del Padre e nel Padre, di Voi medesimo e del suo Spirito; questo Mistero è così manifestamente il nostro bene, la nostra vita poiché lo attiriamo in noi, e fin d’ora ne facciamo il nostro alimento, nella attesa che possiamo nutrircene nella Patria; dico, o GESÙ, che questo Mistero, assolutamente unico, del vostro Sacerdozio e della vostra qualità di Ostia è così attraente, così vivificante, così beatificante per il celeste godimento che ci procura, già fin da questa valle di lagrime, è così bene il nostro tutto, assolutamente tutto per noi, omnia in omnibus, che, ad onta dell’intimo sentimento della mia estrema miseria ed incapacità, non ho potuto tralasciare di elevarmi verso di esso, verso di Voi, o mio Sacerdote, o mia Ostia! Sono troppo imperfetti i miei omaggi; il mio amore non è degno di Voi; ma i miei omaggi e il mio amore sono almeno l’espressione di tutta l’energia dell’anima mia riconoscente e felicissima, benché estremamente confusa, di portare il santo e meraviglioso carattere del vostro Sacerdozio, e di essere chiamato, con questo segno del vostro amore, alla perfezione dello stato di Ostia.
     O Amore! o Sacerdote! o Ostia! Siate benedetto nei secoli dei secoli!

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NOTE
(206) Alimentum est Dominus Jesus, hoc est Verbum Dei, spiritus incarnatus, caro coelestis santificata. Nutrimentum est lac Patris, quo solo aluntur infantuli. Ipse itaque qui est dilectus et altor noster, Verbum effundit pro nobis suum sanguinem… per quem, qui in Deum credidimus, ad mamillam Patris, quae curarum oblivionem inducit, nempe Verbum, confugimus… – CLÉMENS ALEXANDRIN., Paedagogus, I.

(207) Ipse Christus est Justitia ex qua omnes Justi fiunt, ipse est Veritas ex qua omnes in Veritate consistunt, ipse Vita ex qua omnes vivunt, et ipse est Lex ex qua omnes in Lege sunt. – ORIGENES, In Ep. ad Rom., lib. III.

(208) Christus ***** tota sua Ecclesia, sive quae adhuc versatur in terris, sive quae ***** eo jam regnat in coelis, una persona est. – S. GREG. papa, In Psal. poenit.; in Ps. V.

(209) Ab initio saeculorum, Christus in omnibus suis patitur (et trimphat). Ipse est enim initium et finis, qui in lege velatur, in Evangelio revelatur; mirabilis semper, et patiens et triumphans, in sanctis suis Dominus. In Abel occisus a fratre, in Noe irrisus a filio, in Abraham peregrinatus, in Isaac oblatus, in Jacob famulatus, in Joseph venditus, in Moyse expositus et fugatus, in Prophetis lapidatus et sectus, in Apostolis terra marique jactatus et multis ac variis beatorum Martyrum crucibus frequenter occisus… Ipse et in te patitur opprobria, et ipsum in te odit hic mundus. S. PAULIN. NOLAN., Epist. XXXVIII.
 
(210) De Peccatorum meritis, cap. XXX.

(211) JOANN., XV, 5; XIV, 6; Luc., X, 42. – Unum necessarium est Deus. – CORNEL. a LAP.

(212) Explication de quelques difficultés, etc.

 (213) Amemus unitatem, et timeamus separationem. Nihil enim sic debet formidare Christianus, quam separari a corpore Christi. S. AUG., In Evang. S. Joannis, tract. XXVII.

(214) Christus enim est summa, caput, et recapitulatio omnium operum Dei, visibilium et invisibilium. Quocirca omnes res feruntur in Christum, tanquam in centrum cui conjungi desiderant. – CORNEL. a LAP., in Agg. II, 8. «Il verbo, che è il principio della creazione, è il termine nel quale si compie il ritorno della creazione a Dio… In Lui si trovano, non solo, come nel loro principio e nella loro origine, ma pure nel loro riposo e nella loro completa perfezione, tutte le nuove creature di un mondo nuovo… Perché, secondo s. Dionigi, tutte le cose, per natura, sono uscite dall’unità, e ricercano tale unità per un segreto istinto della natura; vi rientrano con.la grazia; vi si inabissano con la gloria». BÉRULLE, Grandezze di Gesù, Discorso IV.

(215) THOMASSIN, De Incarnat., lib. II, cap. II.

(216) Antequam pecaret aut crearetur Adam, Deus ab aeterno, per praescientiam conditionatam, omnia futura praesciebat et praevidebat, et secundum eam absolute voluit et decrevit Adamum et omnia Adami esse propter Christum, esseque typum Christi rerumque a Christo gerendarum voluit; adeoque statuit et decrevit, ut Christus esset omnium, non tantum electorum, sed et operum suorum, principium, exemplar, et finis. –  CORNEL. A LAPID., in Rom., V, 14.

(217) Rom., V, 14. – Quoucumque limus exprimebatur, Christus cogitabatur homo futurus… Ad imaginem Dei fecit illum, scilicet Christi… Ita limus ille jam tunc imaginem induens Christi futuri in carne, non tantum Dei opus erat, sed et pignus. – TERT., De Resurrect., cap. VI. ­ S. Gregorio Nisseno ha detto pure: Ac fortasse ad imaginem quidem est Divinitatis nuda anima, ad similitudinem autem Incarnationis Verbi istud anima e nostrae corporisque compositum.