Il sacerdote e la giustizia

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qui a lato: San Jean Gabriel Perboyre (1802-1840), presbitero e martire

 

 

Mons. Agostino Gonon
Vescovo di Moulins

Verso le vette della Santità Sacerdotale

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RITIRO DEL MESE DI GIUGNO

IL SACERDOTE E LA GIUSTIZIA

 

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La S. Scrittura magnifica poche virtù quanto la giustizia, ne parla con frequenza e la esalta in maniera notevole. Si può dedurre a priori che questa è la più grande delle virtù morali. Così pensava già Aristotele: Justitia est omnis virtus; questa meditazione ce ne convincerà indubbiamente.

 

Diamo una rapida scorsa alle pagine dei libri santi; esse esaltano anzitutto la bellezza della giustizia: Iustitia tua sicut montes Dei! (Ps., 35, 6). — Justitia et judiciuvi correctio sedis tuae! (Ps. 96, 2). — Mecum sunt… gloria, opes superbae et iustitia (Prov., 8, 18).

Poi ne rivelano la celeste origine: Veritas de terra orta est et justitia de coelo prospexit (Ps. 84, 12); la sua identità con quanto è bello e buono: Misericordia et veritas obviaverunt sibi; justitia et pax osculatae sunt (Ps., 84, 11); la sua efficacia purificatrice: justitia liberabit a morte, justitia rectorum liberabit eos (Prov., 11, 6); il suo potere santificatore: iustitia simplicis diriget viam ejus (Prov., 11,5) — justitia elevat gentes; le sue affinità con la beatitudine suprema: justitia enim perpetua est et immortalis (Sap., 1, 15) — justitia mea in generationes generationum (Isai. 31, 9).

Perciò chi la possiede è ricco: Iustus ut palma florebìt, sicut cedrus Libani multiplicabitur (Ps. 91, 13); può ripromettersi ogni contento: laetabitur justus in Domino (Ps., 13, 10); è sicuro della sua eterna salvezza: justus in aeternum non commovebitur (Prov., 10, 30); lascerà sul suo passaggio una scia luminosa: in memoria aeterna erit justus (Ps. Ili, 6).

Il Vangelo fa di S. Giuseppe e del santo vecchio Simeone il più bel panegirico in una sola parola; del primo afferma: Joseph, vir ejus, cum esset justus (Mat., 1, 19); e del secondo: et homo iste justus et timoratus (Lue, 2, 25). S. Paolo trova in questa parola il programma riassuntivo di tutta la santità: Non est enim regnum Dei esca et potus, sed justitia, et pax, et gaudium in Spiritu Sancto (Rom., 14 17). Meditiamo dunque: 1) che cos'è la giustizia; 2) qual'è il suo oggetto.

1. – CHE COS'È'?

Scrive S. Tommaso: Se si volesse dare della giustizia una definizione classica, si dovrebbe dire che è: Habitus secundum quem aliquis constanti et perpetua voluntate jus suum unicuique tribuit (25). E' dunque la giustizia che inserisce nelle nostre azioni l'elemento necessario senza il quale sarebbe vano pretendere che fossero buone, perché esso fa attuare ciò che dev'essere. L'intendevano così anche i pagani. Cicerone, infatti, scrive queste parole significative: Iustitia, in qua virtutis est splendor maximus, ex qua viri boni nominantur (26). Ragione e fede si accordano su questo punto, quindi sarà facile alla fede piegare la ragione davanti al Decalogo come dinanzi alla magna carta della giustizia. I dieci Comandamenti sono invero la codificazione perfetta dei nostri doveri adeguati ai diritti di Dio, del prossimo, della nostra personalità.

E' giustizia tributare all'Autore d'ogni cosa l'adorazione, l'amore perfetto e il culto che ne deriva; è giustizia rispettare i fratelli nostri astenendoci da qualsiasi attentato all'anima, al corpo e ai beni loro; è giustizia aver cura della dignità umana conservandoci veritieri e casti. Ancora una volta comprendiamo che giustizia e santità sono sinonimi: Nostro Signore ci aiuta a tanto, poichè stabilisce una equazione tra il quid fadendo vitam aeternam possidebo (Luc, 10, 25), la santità consumata, e il serva mandata, la pratica della piena giustizia.

Sì, diciamo piena giustizia, vera giustizia, perchè ne esiste la contraffazione, contro la quale il Divino Maestro ci premunisce: Nisi abundaverit justitia vestra plusquam scribarum et phariseorum, non intrabitis in regnum caelorum (Mat. 5, 20). E' proprio cosa tanto semplice essere giusto, meglio, essere onesto? Chi ha vissuto a lungo non oserà affermarlo quanto lo Spirito Santo dice per bocca del Salmista non è che troppo vero: Omnis homo mendax (Ps., 115, 2); ma per essere giusto è necessario uno sforzo che troppe volontà paventano e sfuggono per l'energia e la costanza che richiede.

Quale incoraggiamento dunque per noi a riflettere che si tratta di una virtù, naturale senza dubbio, ma ancor più soprannaturale, ossia che, allo sforzo richiesto per acquistarla, corrispondono aiuti divini infusi nell'anima orante, nell'anima pura, nell'anima in cui la grazia conferita dai Sacramenti è conservata con ogni possibile diligenza, come un intenso focolare di vita. Ricordiamo inoltre che alla pratica obbligatoria di ogni virtù è connesso un dono dello Spirito Santo, divino istinto che rende capaci di seguire la via che invita a percorrere. Nel caso nostro è il dono della Pietà: Pietas ad omnia utilis est, promissionem habens vitae quae nunc est et futurae (1 Tim., 4, 8). La pietà rivolge il nostro cuore verso Dio nostro Padre: Accepistis Spiritum adoptionis in quo clamamus: Abba, Poter (Rom., 8, 15); lo inclina verso gli uomini per amore di Dio come verso i membri di una famiglia in vista del loro Capo; lo sprona ad attuare in noi quanto piace a Dio. Ecco in qual modo il dono della pietà facilita l'esercizio della virtù della giustizia.

Nulla varrà dunque a indebolire la nostra speranza di acquistare tale virtù: sarà sempre possibile, facile anzi, piegare la nostra buona volontà sotto l'influsso dei sussidi della grazia e della mozione del dono.

Un parroco di valore che, data la sua situazione, aveva potuto osservare e ritenere molto, diceva ad un sacerdote che gli partecipava la sua nomina a Rettore del Seminario Maggiore: «Mi congratulo! Ma permettetemi un consiglio: adoperatevi, adoperatevi a formare uomini onesti!» Ironia, pessimismo, scetticismo, esagerazione??? — Si legga in proposito: «Honnéte avant tout» di M. J. Ribet.

D'altra parte ci terremo in guardia con vigilanza indefessa contro quanto sa d'ingiustizia; una breve analisi farà vedere la soverchia facilità, quindi la frequenza dell'ingiustizia.

Si distinguono due specie di giustizia: la giustizia distributiva e la giustizia commutativa.

Ogni individuo è, nella società, parte di un gran tutto; da ciò derivano relazioni speciali fra il tutto e le parti, ossia la comunità e ogni suo membro, relazioni regolate dalla giustizia distributiva che fa attribuire, distribuire con le debite proporzioni i beni comuni; poi relazioni tra parte e parte, tra individuo e individuo, rette dalla giustizia commutativa, la quale vigila sull'equità degli scambi reciproci.

Sì pecca contro la giustizia distributiva con l'accettazione delle persone. S. Paolo scrive: Vester Dominus est in coelis, et personarum acceptio non est apud eum (Ephes., 6, 9). Perciò S. Giacomo da preziosi consigli pratici nel secondo capitolo della sua Lettera cattolica. Fratres mei, nolite in personarum acceptione habere fidem Domini nostri Jesu Christi gloriae (Iacob., 2, 1).

Forse non è cosa molto rara che un prete debba rimproverarsi qualche cosa in proposito. L'espressione comune: aver delle preferenze, cela talvolta abitudini molto reprensibili. Perché un parroco, per esempio, è pieno di attenzioni per quelle tali famiglie, mentre non ne ha per tutte le altre? E' difficile non subire la influenza delle ricchezze, della liberalità, delle compiacenze che non si sospettano interessate.

Perché quel confessore adopera due pesi e due misure in confessionale? Perchè quel direttore è sempre tutto fretta quando ascolta quelle penitenti, mentre accorda ad altre tutto il tempo desiderato? E' cosa alquanto delicata mettere in evidenza i motivi per cui si applicano con larga, o anche soverchia indulgenza le regole della morale con un'anima, mentre con altre si restringono con un rigore che non transige, col pericolo di farle cadere nello scoraggiamento. Più delicato ancora confessare per quali motivi certe categorie di persone sorridenti, attraenti, sono accolte sempre con una bontà premurosa che non si smentisce mai, mentre altre più gravi, più riservate, forse anche sgradite, perché semplici o scrupolose o sgraziate, sono accolte quasi con freddezza, se pure non devono subire i rabbuffi e gli urti di un'impazienza che, con simile gente, non sa contenersi mai… Perchè alle lezioni di catechismo quel fanciullo gode di ogni favore fino a rendere i compagni gelosi, scontenti?

Non sorvoliamo alla leggera su punti tanto importanti. Nulla offende, ferisce così profondamente e spesso irreparabilmente un'anima semplice, un'anima retta, un'anima giovanetta, quanto un modo di agire ingiusto. L'imparzialità è più rara dì quanto si pensi anche presso uomini forti e anche virtuosi, sia perchè non si vigila, sia perché non si mortifica la sensibilità che offusca il giudizio e ostacola il retto esercizio della volontà. Quindi il prete deve studiarsi ad ogni costo di mantenere quell'indipendenza di apprezzamento e di azione, che assicura la rettitudine delle sue vie: Iustitia ante eum ambulabit et ponet in via gressus suos (Ps., 84, 14). Possa egli sempre ispirarsi nella pratica a queste parole.

Si pecca contro la giustizia commutativa con tutto ciò che, poco o tanto, in pensieri, in sentimenti, in parole o in atti, lede il quinto, il settimo e l'ottavo comandamento; insomma, con tutto ciò offende la carità.

Sembra strano che un prete debba fare l'esame di coscienza su questi tre comandamenti. Eppure…

Non avremo forse mai ferito il prossimo nelle sue membra; ma non lo abbiamo mai ferito nell'anima? Senza parlare del cattivo esempio, dello scandalo, disgraziatamente troppo possibile, riflettiamo che si manca di giustizia quando alla fiducia delle anime non si risponde con quello zelo che non conosce riposo; che non adempiamo il nostro dovere se non ci adoperiamo indefessi a far del bene e farne quant'è possibile: dii effecti deos efficientes, secondo l'espressione di S. Gregorio Nisseno, dal significato immenso.

Non avremo rubato; ma nel regolare i conti di fabbriceria, nel disporre delle offerte e delle elemosine delle Messe, è forse impossibile non essere di una esattezza matematica? Il popolo è esigentissimo nei riguardi del suo parroco quando è in gioco il danaro; spesso non comprende o fraintende le richieste dì offerte per la chiesa e per il culto, anche se ragionevoli e giustificate. Tuttavia si deve proprio pensare che l'epiteto di uomo venale, all'indirizzo di qualche prete sia sempre immeritato? Ma, quando non è immeritato, oh, che disgrazia! Fa orrore la calunnia, vera bassezza e viltà; fa orrore la maldicenza grave, più dannosa del furto. Ma, quale sforzo è necessario per attribuire sempre al prossimo buone intenzioni, per trattenere la lingua facile a trascorrere nella critica, per evitare che la nostra lingua mordace lanci frizzi pungenti! Ispiriamoci al Verbo divino e gustiamo quam dulcia faucibus vieis eloquio, tua, super mei ori meo (Ps., 118, 103), lo effonderemo poi per piacere a Dio, per l'edificazione delle anime: et erunt ut complaceant eloquio oris mei (Ps., 18, 14).

 

2. – OGGETTO DELLA GIUSTIZIA

Riassumendo, la giustizia, ben compresa, ci fa compiere ogni bene, e ci fa evitare ogni male. E' dunque integrata da ogni atto buono. Tuttavia certe virtù si possono considerare quali sue filiali, perchè hanno con essa intime affinità e ricevono la loro speciale denominazione secondo le persone verso le quali si esercita. Verso Dio si esercita con la religione; verso i genitori, con la pietà filiale; verso i superiori, con il rispetto; verso i benefattori, con la riconoscenza; verso tutti, con la verità.

Soffermiamoci un istante su ogni punto.

a) Religione. — Il pensiero dominante del sacerdote dev'essere il culto di Dio, interno ed esterno, poichè egli non può avere altro programma morale che la parola dei Proverbi: In omnibus viis tuis cogita illum (Prov., 3, 6). Come Cristo, egli è il grande religioso di Dio; perciò è obbligato per giustizia all'esercizio delle virtù che portano alla perfezione, alla pratica della vita interiore. La trascuratezza volontaria nella sua disciplina spirituale, porta uno squilibrio che la sua intelligenza non può scusare, cui la volontà non deve mai aderire. Ritorniamo continuamente a questo punto dello spirito di religione che deve permeare le anime nostre sempre più.

b) Pietà filiale. — Un prete che non amasse i genitori, che li lasciasse soffrire senza confortarli secondo la sua possibilità, che si vergognasse dell'umile loro condizione sociale, presenterebbe un caso molto strano; ma tutto è possibile! — Principi della Chiesa edificarono profondamente per la venerazione con cui vollero sempre onorare la madre loro, semplice operaia! Qui honorat patrem suum vita vivet longiore (Eccli., 3, 7).

Cosa ben più frequente è l'ostacolo che proviene in molti modi al ministero parrocchiale, dalla coabitazione dei parenti in canonica: Qui amat patrem aut matrem plus quam me, non est me dignus (Mat., 10, 37). L'argomento è delicato; ma è assai preferibile che l'apostolo, uomo di Dio e delle anime, sia… secundum ordinem Melchisedech, sine patre, sine maire, sine genealogia! (Hebr., 7, 17).

e) Rispetto. — Ogni uomo ha due specie di superiori: quelli imposti dall'ordine gerarchico, e quelli che si impongono per la loro superiorità intellettuale o morale. Verso gli uni e verso gli altri, la giustizia esige l'omaggio di un rispetto cordiale cui contrasta lo spirito d'insubordinazione, la tendenza alla critica, l'ambizione, l'orgoglio o la gelosia; difetti volgari, inerenti alla povera nostra natura contro i quali bisogna stare in guardia. Il prete giusto li combatte lealmente e senza tregua. Sempre ossequiente agli ordini del Vescovo, non ne discute mai le decisioni. Contento di quanto ha, non guarda di mal occhio le doti altrui; suo studio è trarre dal talento a lui affidato il massimo frutto. Gode delle buone qualità dei confratelli, si compiace della gloria maggiore che possono procurare a Dio e compensarlo così delle deficienze di quanti sono meno dotati.

d) Riconoscenza. — Sembra strano, ma non è men vero che, troppo spesso, il sentimento della riconoscenza riesce quasi un gravame sul cuore. Nel detto beatius est magis dare quam accipere (Act., 20-35), c'è forse una filosofia dolorosa. Non è il caso d'insistere. Si rifletta soltanto che il sacerdote è debitore a molte anime. Quante con la preghiera, con il sacrificio nascosto hanno contribuito efficacemente a procurargli il dono della vocazione, a far fiorire in lui tanta grazia! Quante prodigano il loro tempo, le loro risorse a vantaggio del suo ministero! E quante gli procurano il beneficio della croce! S. Margherita-Maria non onorava quali benefattrici coloro che la facevano soffrire? Il gratias agamus che ogni mattina eleviamo al cielo vada dunque, per giustizia, al Signore nostro Dio e da Lui si diffonda su quanti sono elargitori delle sue benedizioni!

e) Verità. — Abbiamo detto che la giustizia fa operare il bene; ora il bene è l'essere, l'essere è il vero: verum est ens. Il male procede dalla menzogna satanica e ogni male è una specie di menzogna; la giustizia impone di dire la verità. Ingannare volontariamente, direttamente il prossimo vuol dire rifiutargli quanto strettamente gli è dovuto. Il mondo è mentitore, è un commediante sfrontato; il Profeta predice qual sorte l'attende: Erubuerunt omnes, simul abierunt in confusionem fabricatores errorum (Isai., 45, 16). Se v'è qualcuno che deve essere l'uomo della verità, questi è proprio il sacerdote, che ha la missione di comunicare la vita a questo mondo perverso: Cognoscetis veritatem et veritas liberabit vos (Ioan., 8, 32). Preghiamo spesso il Signore: Emitte lucem tuam et veritatem tuam; ipsa me deduxerunt et adduxerunt in montem sanctum tuum et in tabernacula tua (Ps., 42, 3), al monte della santità, al tabernacolo della carità eterna.

— Dieci giusti avrebbero salvato le abominevoli città di Sodoma e Gomorra. E chi salverà l'umanità se non il sacerdozio? A condizione però, che della dignità sacerdotale siano rivestiti soltanto uomini giusti… perchè solamente questi seminano la vita: Iusti autem, quasi virens folium germinabunt (Prov. 11, 18); invocano Dio in loro aiuto ed Egli accorre: clamaverunt justi et Dominus exaudivit eos (Ps. 33, 18); alle loro opere: Sunt justi atque sapientes et opera eorum in manu Dei (Eccl., 9, 1); ed essi divengono conquistatori d'anime: justi autem haereditabunt terram (Ps., 36, 29); e nell'ora suprema, Fulgebunt justi et tanquam scintillae in arundineto discurrent (Sap., 3, 7).