Ufficio meritorio

Mons. Pasquale Morganti
Arcivescovo di Ravenna e Vescovo di Cervia
L'AMMINISTRAZIONE DEL SACRAMENTO DELLA PENITENZA
Meditazioni per sacerdoti


San Pio da Pietralcina in confessionale

MEDITAZIONE IV.

Ufficio meritorio.

1. Merito intrinseco.

Il merito di una azione deriva principalmente da due cause: dalla grandezza od utilità intrinseca dell'azione medesima e dalla fatica che viene a costare. Orbene l'amministrazione della penitenza è di grande merito per il Confessore per ambedue le cause: quindi non solo perchè compito per sé nobilissimo, come s'è visto nelle meditazioni precedenti, ma soprattutto perchè d'immenso bene al prossimo, e perchè in questo ministero il sacerdote deve sostenere innumerabili e pesanti sacrifici.
La meditazione di questa verità darà una forte scossa alla nostra pigra volontà, che facilmente sa decidersi anche a lavoro gravoso, quando ne spera una grande utilità.
Ecco il merito grande d'un buon Confessore, manifestato:
1° da Gesù Cristo con poche ma efficacissime parole: «Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me (Mt 25, 40);
dai Santi. Essi, profondi ed intelligenti scrutatori delle parole di Gesù, seppero intendere molto bene la sentenza che abbiamo ora riferita, e la tenevano di continuo presente alla mente quando confessavano, specialmente i miserabili, chiamati da Gesù i suoi fratelli minimi.
Infatti S. Giovanni de' Rossi, santificatosi può quasi dirsi nel solo Confessionale, diceva: «Prima di dedicarmi al ministero delle Confessioni non conoscevo la strada più corta del Paradiso: ma adesso l'ho conosciuta ed è quella del confessare, perchè se ne ricava un grandissimo bene». Alludeva chiaramente al triplice bene intrinseco a questo ministero, cioè la gloria che ne ridonda a Dio, il vantaggio grande che si procura al prossimo e quello che ne trae lo stesso confessore, sia correggendo e perfezionando se stesso, mentre corregge e perfeziona gli altri, sia esercitando il complesso di virtù indispensabili in tale azione: carità, pazienza, fede, umiltà. Il medesimo Santo, pregato a moderarsi per salute dall'ascoltar confessioni, rispondeva: «La strada più bella per arrivare a veder Dio è quella di faticare, finché vi siano forze e sanità; il Signore poi pagherà in Paradiso. La carità mai non pregiudica». Ed ai sacerdoti che dicevano, che si sarebbero accontentati di non perdere l'anima loro col confessare, egli protestava: che egli non si sarebbe accontentato di non fare guadagno; ma anzi impiegava l'opera sua, nell'amministrare questo sacramento, con la fiducia d'acquistarvi merito e di averne un giorno copiosa da Dio la mercede». Quindi, a detta di questo Santo, l'amministrazione del sacramento d ella Penitenza è la via più corta, più bella, più sicura per arrivare al cielo e la fonte di mercede copiosa.
Persuaditi dunque di queste consolanti verità, riflettendo che, oltre quanto, si è qui riportato, va pure aggiunto, in un modo particolare, all'amministrazione del sacramento della Penitenza quanto si afferma del merito delle opere di zelo in genere.

2. Merito della fatica.

Rifletti anche qui alle conseguenze: se cioè il merito è in ragione della fatica, del sacrificio e della perfezione con cui si esercita un'azione, invece di lagnarti delle pene inevitabili nel confessare, devi anzi goderne, e reputarle occasioni preziosissime che Dio ti presenta per arricchire l'anima tua e per elevarti a gloria grande in cielo.
S. Francesco di Sales ripeteva: «Si è martire non solo confessando Dio innanzi agli uomini, ma anche confessando gli uomini innanzi a Dio». È penoso:
a) il dover stare lungo tempo in luogo e posizione incomoda nel confessionale;
b) il dover accorrervi in ora importuna;
c) il dover trattare con peccatori indisposti ed ostinati. Ebbene, procura di prepararti con buona volontà per tollerare tutto generosamente ed impara a temprarti ed animarti seguendo l'esempio dei Santi.
Intanto così prega: « Signore Gesù, pastore delle anime, purtroppo la mia pigrizia male si adatta a sedere nel tribunale di penitenza per i vari disagi da superare, per la lunghezza del lavoro, per l'inopportunità dell'ora, per l'incomoda posizione, per l'inclemenza della stagione, ed ancor più per la rozzezza, l'ignoranza, l'impreparazione, l'ostinazione dei penitenti, che esigono un lavoro veramente tormentoso! Ma tu m'incoraggi, assicurandomi che apprezzi queste penose mie fatiche: tu vedi l'affanno e il dolore (Sal 9-10, 35). Conosco le tue opere, la tua fatica e la tua costanza (Ap 2,2): e aggiungi che mi premierai appunto in ragione del mio, lavoro: ciascuno riceverà la sua mercede secondo il proprio lavoro (1 Cor 3,8). Come pure mi fai osservare che tali fatiche sono spese per un'opera ben degna, quale è quella della salute delle anime: «Fratelli miei, se uno di voi si allontana dalla verità e un altro ve lo riconduce, costui sappia che chi riconduce un peccatore dalla sua via di errore, salverà la sua anima dalla morte e coprirà una moltitudine di peccati» (Gc 5, 19-20).
Come rifiutarsi dunque ad impresa sì sublime, santa e fruttuosa? Come anzi non abbracciarla con tutto lo slancio del cuore?

Proposito: Procura di pensare spesso al merito del ministero della S. Confessione.

 


Testo tratto da: Mons. Pasquale Morganti, L'amministrazione del sacramento della penitenza, Torino: Marietti, 1944, pp. 16-20.