Esame sull’amor di Dio

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Mons. Agostino Gonon
Vescovo di Moulins

Verso le vette della Santità Sacerdotale

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RITIRO DEL MESE DI APRILE

IL SACERDOTE E LA CARITÀ
Esame sull'amor di Dio
Il Dies irae del sacerdote

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ESAME SULL'AMOR DI DIO

Vi adoro, buon Maestro, mentre rinnovate il precetto che compendia la Legge e i Profeti: Dilìges! La vostra vita umana ne fu la pratica perfetta, poiché del vostro amore per il Padre avete dato la prova che non ammette confronto: la morte.

Devo soprattutto votarmi alla pratica di questo grave precetto. L'Atto di carità me ne indica il programma; lo voglio considerare alla luce del vostro Spirito d'amore.

I. – Mio Dio, vi amo con tutto il cuore. — Ecco l'assolutismo dell'amore di Dio che impegna tutto l'essere umano.

Amo Dio con volontà convinta e sincera? Ho mai confuso le emozioni della sensibilità, le impressioni del fervore con l'amore di Dio? Sono persuaso che l'amore, dono di sé, richiede sacrificio? Misuro la mia fedeltà a Dio dal grado della rinunzia a me stesso? Ho immolato la mente con la vita di fede, il cuore con il distacco da ogni cosa, la volontà con generosa obbedienza, il corpo con la mortificazione? Mi guardo dalle illusioni che tollerano riserve nell'amore, per sacrificare invece all'orgoglio o al senso?

II. – Sopra ogni cosa. — Ecco l'esclusività dell'amore di Dio che vuol essere amato solo; è geloso della sua gloria.

Ho forse lasciato nel mio cuore libero adito ad ogni sorta d'affetti sensibili, naturali e perfino sensuali? Mi turba mai la preoccupazione immoderata per coloro che il dovere m'impone d'amare, come i parenti e i benefattori? Per causa loro, ho forse compiuto qualche volta meno bene i miei doveri individuali o pastorali? Coltivo amicizie, e sopra tutto amicizie femminili che mi espongono al pericolo di peccare e destano ammirazione e scandalo? In proposito, sotto pretesto d'indipendenza ho mai sfidato stoltamente l'opinione pubblica? Oso imporre sistematicamente silenzio alla coscienza quando mi rimorde su questo punto delicato? Le mie relazioni hanno tutte un motivo divino?

Sono generoso con Dio nella prova come nella gioia, nell'umiliazione come nel trionfo? Sono regolare e fedele nelle ore di aridità spirituale, non sottraendo nulla alle mie pratiche di pietà? Non mi sono stancato mai nelle tentazioni, scoraggiato nelle avversità, rinunciando a continuare il lavoro intrapreso? In una parola, cerco di vedere Dio in tutto?

III. – Perchè siete infinitamente buono. — I motivi che l'ispirano specificano l'amore di Dio. L'amore iniziale è l'amore di speranza.

Ho amato Dio con fiducia? Ho compreso che non si può vivere senza speranza, che, pretendere d'andare a Dio senza nulla aspettare da Lui, è stolto orgoglio? Ho invece sollevato la mia volontà sopra se stessa nel pensiero dei beni eterni? Nonostante le mie colpe non ho mai dubitato della misericordia divina? Non ostante le prove, per quanto aspre, ho sempre creduto fermamente alla bontà di Dio per me? Nell'ora del pericolo ricorro istintivamente alla paternità di Dio.

IV. – Infinitamente amabile. — All'amore di speranza segue l'amore di compiacenza, che aderisce a Dio a motivo delle sue perfezioni.

Mi applico alla contemplazione delle perfezioni di Dio con la meditazione, con la lettura degli scritti dei Santi; nelle creature vedo il riflesso della bellezza, della bontà del Creatore? Mi guardo dalle volgarità e banalità che restringono l'orizzonte, per mantenermi in un'atmosfera ideale, pura, santa, compiacendomi di tutto quanto mi parla di Dio e mi accosta a Lui? Ho fatto sempre i sacrifici necessari per non omettere le mie pratiche di pietà, che mi fanno vivere nel soprannaturale?

V. – Amo il mio prossimo come me stesso per amor vostro. — Dopo l'amore di compiacenza, l'amore di benevolenza che vuole il bene dell’amato; il bene di Dio è la sua gloria nella salvezza delle anime.

Sono cosciente dell'obbligo di carità che m'incombe riguardo al prossimo? Evito solerte quanto potrebbe offendere chicchessia, ciò che sarebbe grave, specialmente per un prete? I peccati che si commettono con la lingua sono molti e pericolosi; facilmente intaccano la giustizia e possono compromettere il nostro ministero privandolo della fiducia dei fedeli, irritando le persone offese dal nostro parlare inconsiderato e malevolo. Vigilo sui miei giudizi da cui procedono le parole, studiandomi di pensar bene di tutti?

Ho vero zelo per la felicità eterna delle anime che mi sono affidate, dedicando tutte le mie energie all'apostolato, alla mortificazione, alla preghiera, non rassegnandomi mai ad una quiete stazionaria, che in nessun modo può essere scusato?

— Signore, faccio mia la supplica di S. Margherita-Maria e vi prego con tutto l'animo: «O Cuore ardente e vivente d'amore, o santuario della divinità, tempio della Maestà sovrana, altare della divina carità! Cuore acceso d'amore per Dio e per me, io vi adoro, vi amo, mi struggo d'amore e venerazione alla vostra presenza! Mi unisco alle vostre sante disposizioni; voglio ardere delle vostre fiamme e vivere della vostra vita!» (20).

 

Preparazione alla morte

Il «DIES IRAE» DEL SACERDOTE

Severità riservata al sacerdote.

 

Quid sum miser tunc dicturus Quem patronum rogaturus ***** vix justus sit securus!

Ogni giorno, o mio Dio, m'avanzo verso l'eternità; ogni sera mi fa pensare alla morte. Oh! le ombre di quell'ultima sera calano ogni giorno più e porranno fine ad ogni cosa per me, e saranno preludio, lo spero, di quell'aurora che non conosce tramonto… potrebbero tuttavia essere precorritrici di una notte senza aurora… Sarebbe da insensato perdere di vista questo avvenimento; prudenza e ragione m'invitano a ricordarlo spesso, se non riesco a pensarlo sempre.

Ma fra il preludio e la realtà definitiva dovrò fare la grande comparsa al vostro tribunale… E quanto là mi attende sarà spaventoso! Perchè non affrontare fin d'ora e con la ragione e con la fede quanto sarà oggetto di terrore in quel momento? Non si tratta nè di commuovere, nè di calmare la sensibilità, ma di vedere, di conoscere con chiarezza. Ora. Ho letto e riletto queste parole terrificanti della Sapienza: Horrende et celeriter apparebit vobis, quoniam judicium durissimum his qui praesunt fiet. 7. Exiguo enim conceditur misericordia; potentes autem potenter tormenta patientur. 8 Non enim subtrahet personam cujusquam Deus, nec verebitur magnitudinem ejus cujusquam, quoniam pusillum et magnum ipse fecit, et æqualiter cura est illi de omnibus. 9 Fortioribus autem fortior instat cruciatio (Sap. 6, 6 seg.).

Non v'è dubbio: a me è riservato il più tremendo giudizio. Io, sacerdote, ho ricevuto l'ordine di praeesse. Io, sacerdote, ho ricevuto un potere che sovrasta ogni umano potere: Sicut misit me Pater, et ego mitto vos… (Ioan. 20, 21). Data est mihi omnis potestas in caelo et in terra, euntes ergo (Mat. 28, 18). Io, sacerdote per divina elezione, sono stato fatto grande tra i miei fratelli: Tu autem homo Dei. Sacerdos alter Christus. Io, sacerdote, sono stato fatto più forte perché, come sacerdote, godo del beneficio della promessa: Ecce ego vobis***** sum (Mat. 28, 20). A me dunque s'applicano le parole: qui praesunt potentes magnum fortioribus!

Gesù, Voi stesso mi spiegate il motivo di tanto severo giudizio: Cui multum est datum, multum quaeretur ab eo et cui commendaverunt multum, plus petent ab eo (Luc. 12. 48). Sono stato favorito di troppi privilegi e come si potrebbe non chiedermi molto? Il Signore esigerà conto rigoroso dei talenti affidati alla mia gestione. Ah, come mi sentirò piccino di fronte alla sua potenza, meschino dinanzi alle sue proteste, vile di fronte a tante sue liberalità, ottenebrato allo sfolgorio della sua vivida luce, freddo accanto alla sua carità infinita!… Come mi riconoscerò allora colpevole, troppo miserabile!

Quid sum miser, tunc dicturus?

Allora cercherò un difensore, ma dove trovarlo?

Quem patronem rogaturus?

Non chiamerò il demonio, complice dei miei peccati, per accusarlo; sogghignerebbe maligno… Avevo a mia disposizione tutti i mezzi per vincerlo in me e negli altri.

Non invocherò il mio buon Angelo Custode, nè i miei santi Patroni; mi rimproverebbero di non essermi valso del loro aiuto, d'aver resa inutile la loro azione con la mia indolenza.

Non invocherò la Vergine Santissima; oh! Maria compiangerebbe la sorte di un misero che non seppe far tesoro della protezione di tanta Madre.

O Gesù, non invocherò Voi! Mi siete avvocato presso il Padre per ottenermi il perdono di tante colpe; ma lo siete finchè sono in vita; dopo lascerete tale ufficio per assumere quello di giudice: Omne judicium dedit Filio! (Ioan. 10, 25).

Potrò forse far appello alle mie opere e dirvi: Testimonium perhibent de me? (Ioan. 10. 25). Oh, quanto naturalismo vi si è infiltrato e quante ne ho tralasciate che pur erano obbligatorie! — Potrò ricorrere alle anime da me rigenerate alla grazia? Esse mi rimprovereranno di averle trascurate, di averle defraudate di quanto erano in diritto di aspettarsi da me! Poi… quelle cui avrò dato scandalo!! esse deporranno contro di me!… — Potrò almeno ricorrere alle Messe celebrate in sì gran numero, ai Sacramenti amministrati? Ahi! E le une e gli altri aumenteranno forse il mio debito, renderanno ancor più pesante il mio fardello!

Mio Dio, che sarà di me? All'avvicinarsi della morte tremavano i Santi, fremette il Sommo Sacerdote, l'unico Sacerdote, il Santo del Santi…!

***** vix justus sit securus!

— Non voglio sfuggire questo problema, per quanto angoscioso e terribile. Mi è inesorabilmente proposto, bisogna pur risolverlo! Perché non arrendermi al timore che m'ispira? Initium sapientiae timor Domini (Ps. 110, 9). Temere è sapienza.

Voglio essere lealmente fedele, generoso cosi, da sommergere ogni terrore in una filiale confidenza, consentita dai miei sacrifici, dalla mia umiltà. Mio Dio, concedetemene la grazia!