L’unione del sacerdote con la Santissima Vergine

MARIA E IL SACERDOZIO
di Padre Paolo Philippe, O.P.

 PARTE SECONDA.  MARIA E LA VITA INTERIORE SACERDOTALE
CAPITOLO II. MARIA E LA VITA INTERIORE DEL SACERDOTE

 2. — L’UNIONE DEL SACERDOTE CON LA SANTISSIMA VERGINE


Sull’altare il Sacerdote continua e riproduce il Sacerdozio di Cristo nel suo atto principale, quindi deve continuare a riprodursi anche l’unione di Maria al sacrificio di Gesù. Tale unione deve rinnovarsi tante volte quante Messe vi sono al mondo, in caso contrario, non mancherebbe qualcosa alla Messa? Sarebbe ancora la rappresentazione perfetta del Sacrificio della Croce?
Senza dubbio, quest’unione del Sacerdote con la Santissima Vergine può non essere cosciente, al modo stesso che il Sacerdote può essere distratto nel consacrare l’ostia o il calice, senza che per ciò la Consacrazione sia invalida, perché Gesù non è mai distratto. Allo stesso modo, in cielo la Santissima Vergine non dimentica mai di unirsi al Sacerdote, che rappresenta Cristo, e di offrire con lui il Sacrificio al Padre, come quaggiù si è unita a Gesù per offrire con lui il Sacrificio della Croce. Dall’alto dei cieli e nella Divina Essenza, ella vede, e agisce unitamente a Cristo Sacerdote, che vive e agisce nel suo Sacerdote. Il mistero dell’unione di Maria Corredentrice col Redentore continua. Il Sacerdote partecipa ai sentimenti di Gesù crocifisso per Maria ed ai sentimenti di Maria per Gesù crocifisso; fa suo l’amore di Cristo per Maria e accoglie l’amore di Maria per Cristo che è in lui. Infine e soprattutto egli accoglie, nella sua preghiera sacerdotale, l’offerta della Corredentrice che si unisce al Redentore nell’atto supremo del Sacrificio.

 

 


L’unione del Sacerdote con Cristo nella Messa ci permette di immaginare a quale intimità con la Santissima Vergine noi siamo invitati, soprattutto se rammentiamo il compito che Maria ebbe sotto la Croce.

Così, all’altare, il Sacerdote riceve, lui pure, l’aiuto che ricevé sulla Croce Colui che egli rappresenta: l’assistenza benedetta di Maria. Come Gesù ha voluto avere in sogno di lei sul Calvario, così il Sacerdote, ogni giorno nella Messa, ha davvero bisogno di questa presenza santa, invisibile, ma quanto efficace sul suo povero cuore di uomo; e la riceve davvero da lei, perché ella si dona a lui, ineffabilmente, di maniera che il mistero della Croce si riproduce alla perfezione.
Alla Comunione il Sacerdote ha ancora più particolarmente bisogno della Santissima Vergine, non per “essere” Cristo, perché è contrassegnato col Sacerdozio di Gesù mediante il carattere sacerdotale, ma per trarre personalmente profitto di tale grazia di identificazione con Cristo. Ella gli insegna ad unirsi alla Vittima santa del Calvario, in conformità all’Ostia dei suo sacrificio.
E’ il momento in cui, queste strofe dello Stabat acquistano per lui tutto il loro significato:

O pia Madre, fonte d’amore,
fammi sentire la veemenza del dolore;
fa che avvampi il cuor mio nell’amor di Cristo Iddio affinché gli piaccia;
fa ch’io soffra la morte di Cristo;
fa ch’io abbracci la sua Passione;
fa ch’io sia piagato delle sue ferite;
fa ch’io m’inebri della Croce e del Sangue del Figlio…


Certo, questa partecipazione alla Passione di Cristo, questo ubriacarsi della follia della Croce, questa piaga del nostro cuore, a parlare con precisione, è tutto opera di Gesù stesso in noi, opera della grazia sacramentale del Sacerdozio e della Comunione della nostra Messa. Ma tutto ciò ci viene per mezzo di Maria, poiché ella è la Mediatrice di tutte le grazie: per poter vivere la nostra Messa da Sacerdoti crocifissi occorre la preghiera e la presenza della Santissima Vergine, la Madonna della Compassione. La Messa di un Sacerdote unito a Cristo non può concepirsi senza l’aiuto di Maria.
Ne abbiamo la prova dell’intimità meravigliosa esistente tra S. Giovanni e la Vergine Santissima durante la Messa. Su tale unione l’Olier ha scritto pagine sublimi (OLIER, J.J., La vie interieure de la Très Sainte Vierge, cap. 16, Paris, 1875).

“San Giovanni era per lei la continuazione di Gesù Cristo… e nei momenti importanti del suo ministero, egli era tutto suo: doveva entrare nelle sue intenzioni e perdere le proprie in quelle di Maria. Le era stato dato come suo Sacerdote particolare, affinchè offrisse il Sacrificio nelle intenzioni da lei desiderate…” (Ibid.).
Parimenti, ogni giorno, rappresentando Cristo nell’atto principale del suo Sacerdozio, il Sacerdote ha il dolce privilegio d essere invisibilmente assistito dalla Vergine Santa e di riprodurre il mistero di consolazione e di unione, che si consumò sul Calvario tra il Cuore di Gesù e il Cuore della sua Madre e Sposa amatissima.


Ma questa unione cominciata sull’altare deve prolungarsi per tutta la durata della nostra giornata di Sacerdoti, e particolarmente, nell’intimità della preghiera.
Una vera unione d’amore si stabilisce, in effetti, tra la Vergine Santissima ed il Sacerdote, un’amicizia tutta spirituale, tutta divina. E’ Dio che costituisce il vincolo del loro cuore, è in lui che essi si amano ed in lui solo, perché l’amore che unisce Maria al Sacerdote ed il Sacerdote a Maria è un amore di carità, nient’altro che carità.
Mai la carità verso il prossimo s’è trovata in uno stato si puro. Generalmente, infatti, essa rispetta per assumerli i legami stabiliti dalla natura o dalla volontà umana. Può darsi benissimo che, per la carità che li unisce in Dio, una amicizia spirituale nasca tra una madre e un figlio, ma è raro che i vincoli del sangue non frappongano, più o meno, ostacoli alla libertà che è essenziale tra amici. Niente invece si oppone a che Maria divenga l’Amica Santissima dei suoi figliuoli, perché è loro Madre solo per la carità, per il suo Cuore purissimo. La Santìssima Vergine ci ama in Dio di un amore d’amicizia soprannaturale che vuole reciprocità: ella aspetta da noi che l’amiamo di un amore eguale. E, per ciò, basta avere la carità.

Questa unione con Maria riveste, però, modalità differenti, secondo che venga realizzata da semplici fedeli o da Sacerdoti. Per i laici, infatti, essa consiste nell’identificarsi talmente con la Vergine Santa con l’imitazione delle sue virtù, nell’entrare così profondamente nella sua vita interiore attraverso le intuizioni dell’amore, da giungere, in certo modo, a far rivivere e continuare nei secoli l’unione di Maria con Gesù.
Quando si tratta del Sacerdote, però, la prospettiva cambia, lì carattere dell’Ordine ha contrassegnato il suo essere col Sacerdozio di Cristo e gli ha dato la potestà di compiere le azioni stesse del Sommo Sacerdote, la grazia sacerdotale, inoltre gli permette di vivere da Sacerdote, di “altro Cristo”. E’, dunque, da Nostro Signore che il Sacerdote —se così può dirsi— parte nell’amare la Santissima Vergine. Ed egli l’ama come Nostro Signore l’amava quaggiù, rivivendo e continuando, così, attraverso i secoli, l’unione di Gesù con Maria. E’ un amore di purissima e santissima amicizia (Noi, beninteso, parliamo, qui, dell’amore del Sacerdote come Sacerdote. In quanto uomo, infatti, il Sacerdote, come qualunque altro cristiano, è un figlio della Santissima Vergine bisognoso di essere plasmato da lei ad immagine di Cristo stesso, come abbiamo spiegato nel cap, II).

Quando un Sacerdote ha compreso ciò, la sua vita ne risulta completamente trasformata. Può amare la Vergine Santa di amore verginale e mai sospetto, di un amore forte e rigoglioso. E, nelle ore di isolamento di tentazione, vede in lei la confidente sicura, di cui il suo cuore di uomo sente la necessità (Il Canonico J. Dupevray, Superiore del Piccolo Seminario di Mombrison, lesse all’XI Congresso Nazionale del Reclutamento Sacerdotale, tenuto a Lourdes nell’agosto del 1935, un rapporto intitolato: «La devozione a Maria e la cultura delle vocazioni”, in cui espone come l’amore per la Santissima Vergine abbia permesso a un gran numero dei suoi seminaristi di superare la crisi dell’adolescenza. Ecco in quali termini conclude il suo rapporto: «quando si dovrà chiedere ad un cuore che si sveglia all’amore il sacrificio di ogni affetto di donna per ottenere da lui una dedizione più completa, l’affetto delicatissimo della Santissima Vergine sarà la soluzione migliore di tale importante e delicato problema psicologico del dono di sè nella castità. Da quel momento, il giovane si abituerà a considerare Maria come la confidente, l’associata, la collaboratrice del suo apostolato sacerdotale”. Rapport da Xle Congrès National de Recrutemenht sacerdotale” – Lourdes 1935 — Lourdes, Impr. de la Grotte, 1936 — pp. 145-146).
Il Cuore Immacolato di Maria è il cuore complementare di cui il Sacerdote ha bisogno “affinchè non sia solo" (Gen., II, 18).

Ma con quale delicatezza e quanta prudenza devono trattarsi tali cose (L’argomento è stato tratto dal R.P. J. KLEIN, M.S.C., in un articolo degli Annales de Notre-Dame du Sacré-Coeur dal titolo: Notre-dame et le Prètre (avril-mai 1943, pp. 15-18). “Come chiamare quest’intima unione tra Maria e il sacerdote? Non é quasi come un vincolo di parentela stretto fra loro? Essa sarà la base di una confidenza reciproca e di una collaborazione incessante. Gli stessi pensieri identici i disegni, gli stessi slanci. “Adiutorium simile sibi, un aiuto a lui simile, così la Genesi qualifica la donna presentata ad Adamo, all’uscita dal suo sonno misterioso. (…). Maria è la Madre del Sacerdote. E? In certo modo la Sposa, la collaboratrice, il complemento naturale dell’uomo Sacerdote, la Sorella del Sacerdote, tanto a lui simile, malgrado la sua condizione” (p. 15). … Per vivere secondo lo Spirito (…), l’uomo soo non basta a se stesso. Gli occorre un aiuto ugualmente spirituale, d’una purezza vivificante, gli occorre l’Immacolata, il Cuore dell’Immacolata, p. 16).

Non ci si spaventi, però, fino al punto di bollarle come temerità: Santi autentici ne hanno vissuto, primo fra tutti l’Apostolo S. Giovanni.
“L’amore che a Maria portava S. Giovanni, — scrive l’Olier — non può essere compreso: era un amore di puro spirito, senza mescolanza di sensi, un amore che sgorgava e si alimentava dalla fede, ma un amore forte, vigoroso, possente, sempre uguale a se stesso. Questa carità lo portava così vivamente a Maria e l’univa a lei cosi potentemente e strettamente in Gesù che la vedeva vicino a se, con gli occhi dello spirito, più distintamente che fosse stato vicino alla sua persona… Finalmente, la confidenza dell’uno nell’altro era si grande, essendo le anime loro unite per l’eternità da un vincolo indissilubile. la loro unione si stabile, cosi forte, da far ritenere che, questa confidenza e questo legame in cielo non potessero essere più puri né più divini” (OLIER, J.J., La vie interieure de la Très Sainte Vierge, cap. 16, Paris, 1875, c. 16).
Quello che l’Olier diceva di S. Giovanni l’aveva sperimentato egli stesso nella propria vita interiore, come ne fa testimonianza il De Bretonvilliers: “Gli sembrava ormai di essere una cosa sola con la Santissima Vergine, che era in lui, per cosi dire, più che egli non fosse in se stesso. Si vide di nuovo stabilito in lei, in una partecipazione più completa della sua grazia, delle sue perfezioni, delle sue virtù e della sua vita, ed in un oblìo di sé più grande che mai” (BRETONVILLIERS, DE A. e TRONSON, L. – L’ésprit de M. Olier – Paris, 1896; L. IX, t. I, p. 409; cfr. Ibid., pp. 396-397).

Un santo della Scuola francese, S. Giovanni Eudes. a quest’unione tra il Sacerdote e la Santissima Vergine ha dato perfino il nome che, forse, nessuno aveva osato pronunziare fino allora (Si citano, talvolta, alcuni Santi precursori di S. Giovanni Eudes su questo punto, come ad esempio, S. Roberto de Molesme, fondatoredi Citeaux, S. Edmondo, arcivescovo di Chanterbury, il “Beato” Alano de la Roche, domenicano bretone e predicatore del Rosario nel XV secolo, ma le fonti storiche difettano per assicurare l’autenticità dei fatti riportati dalle leggende). Lo troviamo in un “contratto d’amore” composto dal Santo per testimoniare i vincoli che l’univano alla Vergine Santa:
“O ammirabile ed amabilissima Maria (…) non è affatto meraviglia che vogliate essere la sposa dell’ultimo degli uomini e del più grande dei peccatori, che ha osato scegliervi, fin dai suoi più teneri anni, per sua unicissima Sposa e consacrarvi totalmente il suo corpo, il suo cuore e la sua anima: si è che voi volete bene imitare la bontà infinita del vostro Figliuolo Gesù, che vuole essere lo sposo di un’anima peccatrice e miserabile (…)
Come lo sposo e la sposa devono amarsi reciprocamente di un amore sincero, costante e cordiale, così io ho tutte le prove immaginabili, o mia tutta amabile, delle incomparabili cortesie da voi usatemi e voi vedete parimenti il fuoco e le fiamme, le attenzioni e le tenerezze del mio cuore per voi (…).
Come Io sposo e la sposa sono reciprocamente obbligati ad assistersi e consolarsi l’un l’altro nelle infermità, malattie ed afflizioni, è mio desiderio di servirvi, aiutarvi e consolarvi, secondo le possibilità che Dio mi concederà, nella persona dei poveri, dei malati, degli afflitti, nei quali io vedrò voi, come la mamma nei figliuoli. Vi supplico ancora, mia tutta buona, di assistermi, proteggermi e sostenermi in tutti i bisogni spirituali e corporali.
Come lo sposo e la sposa non devono avere che un cuor solo ed un’anima sola, fate ancora, o Regina del mio cuore, che io non abbia se non un’anima, una mente, una volontà ed un cuore solo con voi. A tal fine, prendetevi il mio e datemi il vostro cuore. (…)
Ecco le condizioni del contratto di santa alleanza che mi avete ispirato di fare con voi, o Regina del cielo, come con la Sposa santissima del cuore e dell’anima mia” (Il testo integrale di questo Contrat d’Alliance si trova nelle Oeuvres Choiisies di S. Giovanni EUDES; Paris, d. Ch. Lebrun, 1934; t. V., pp. 433-434).

I Santi hanno tutte le audacie! Occorre, però, non allarmarsi e comprendere la portata delle loro espressioni. Se, infatti, si ammette coi Padri (Cfr. CAMELOT, TH., O.P.- Virgines Christi, la virginitá aux premiers siècles de l’Eglise – Paris, 1944 – oppure in: La Vie spirituelle, t. LXX, pp. 113-124 -: è nel III secolo, presso Tertulliano, che si trova la prima volta questa espressione) e con la Liturgia (CAMELOT, TH., O.P.- Virgines Christi, la virginitá aux premiers siècles de l’Eglise – Paris, 1944, p. 55, dove l’A. cita il prefazio della consacrazione delle vergini, che si trovava già nel Sacramento leoniano – VI secolo -, e stato conservato nel Pontificale romano ed è ancora utilizzato fino ai nostri giorni in taluni monasteri – Cfr. ancora ibid., p. 45. Dove, invece, non ha luogo la consacrazione delle vergini, il cerimoniale prevede il canto di testi liturgici analoghi, il Veni Sponsa Christi, per esempio) che le anime consacrate possono essere chiamate “spose di Cristo” e se, con la Tradizione e la Liturgia ancora, si riconosce in Maria la Sposa amatissima di Nostro Signore, non ci meraviglierà oltre modo vedere dei Santi dare questo nome alla Santissima Vergine per designare la natura del vincolo che li stringe a lei. Quel che bisogna ben comprendere è che, sulle loro labbra o sulla loro penna, questo nome non indica altro che la carità che li unisce a Maria, al modo stesso che il nome di amico non designa altro che il vincolo di carità che stringe il Sacerdote a Nostro Signore: i termini ispirati al linguaggio del matrimonio o dell’amicizia sono presi solo per farci comprendere, attraverso analogie umane, la divina trascendenza dell’unione effettuata dalla carità, sia quella verso il prossimo, che quella verso Dio.
Una riserva tuttavia s’impone nell’uso di questi termini, di quello soprattutto che designa le relazioni più intime tra il Sacerdote e la Vergine Santa. E’ conveniente, infatti, conformarsi all’uso comune di non fare, di un termine sfuggito ai fervore di qualche Santo, l’espressione unica, che definisca in modo totale la natura di queste relazioni. Al Sacerdote basta sapere che la carità stabilisce fra lui e Maria una vera amicizia, perché comprenda tutta l’intimità che questo comporta con lei in Cristo e per Cristo: è la stessa carità che ardeva nel cuore di Nostro Signore per la Santissima Vergine e che il Sacerdote fa sua, per continuare quaggiù questa santa amicizia. Tutto il segreto della vita mariana del Sacerdote non è forse qui?

La cosa è quindi semplicissima: il Sacerdote ama la Santissima Vergine e si lascia amare da lei. Egli si dà a Maria e Maria si dona a lui.
“Maria Santissima —scrive S. Ludovico Grignion de Montfort — quando vede che uno si dà tutto a lei… si dà ella pure tutta a lui, e in una maniera ineffabile. Lo fa sommergere nell’abisso delle sue grazie… A quel modo che questa persona consacrata è tutta di Maria, anche Maria è tutta di lei, cosicché può ripetersi di questo perfetto servo e figlio di Maria ciò che S. Giovanni Evangelista dice di se, che ha preso la Vergine Santissima in luogo d’ogni suo bene: Accepti eam discipulus in sua (Jo., XIX, 27)” (LUDOVICUS GRIGNIO DE MONTFORT, S. – Trattato…, n. 144).

Da questo dono scambievole nasce una compenetrazione reciproca, quella “mutua inhaesio” che S. Tommaso ci ha insegnato a considerare come il frutto più puro dell’amicizia (Cfr. THOMAS AQUINAS. – Summa Theol. I-IIª Q 28 a. 2): il Sacerdote vive in Maria ed ella vive in lui. Cos’è, infatti, amare, se non volere alla persona amata tutto il bene di cui è capace? (E’ la definizione dell’amore data da Aristotele e ripresa da S. Tommaso: “Amare es velle bonum alicui”. – Summa Theol. Iª Q 20 a. 2. Cfr. II-II, Q. 27, a. 2, ad 1). Amare la Santissima Vergine è compiacersi della felicità che ella possiede e desiderare che la sua gloria aumenti. Ma volendo il bene degli amici in questo modo, noi veniamo a vivere, in certo senso in loro, rattristandoci e rallegrandoci di tutto ciò che loro capita, come se fossimo trasfusi nella loro esistenza. E così del Sacerdole; a misura che conosce ed ama maggiormente la Santissima Vergine, egli partecipa sempre più profondamente a tulle le sue gioie e sofferenze, dimenticando, per cosi dire, tutto ciò che gli è proprio per non interessarsi più che di lei e di quanto la riguarda, per la maggior gloria di Dio. Come quelli che amano sulla terra, egli non vive più in se stesso, ma in lei e per lei. D’altra parte, egli possiede Maria nel suo cuore, la custodisce come un tesoro, non cessa di pensare a lei e di offrirle il suo amore: la Vergine Santissima è la sola creatura alla quale possa dare tutto il suo cuore. Come dice S. Ludovico Grignion de Monfort: ”Non è l’anima che vive, e Maria che vive in essa o, per così dire, l’anima di Maria diviene la sua anima” (LUDOVICUS GRIGNION DE MONTFORT, S. – Le Secret de Marie – Paris, 1930, n. 55).

Allora, nei momenti preziosi in cui il Sacerdote vìve veramente questa unione d’amore, gli può capitare di sperimentare questa presenza intima della Santissima Vergine. Santi Sacerdoti hanno confidato che essi avevano conosciuto questa “unione mistica con Maria” (NEUBERT, E., – L’Union mystique à la Sainte Veirge – in: La Vie Spirit., T. I, 1937, pp. 15-29) in particolare l’Olier, S. Giovanni Eudes (Cfr. HERAMBOURG – Le R. P. Jean Eudes, ses vertus – Paris, 1869, cap. 43, pp. 572-673.: “Non appena mi si a vvicina, perdo per qualche tempo l’uso dei sensi; allora ella mi usa molta tenerezza, chiamandomi per sua bontà con nomi diversi, come: figlio, servo e talvolta padre e sposo. Ella ha per me delle gentilezze ineffabili…”), il venerabile Cestac (Cfr. P. BORDARAMPÉ – Le Vénérable L. Ed. Cestac: sa vie, son oeuvre – Paris, 1925, p. 458) ed il P. Chaminade. Quest’ultimo diceva che “c’è un dono di presenza abituale della Vergine Santa, come v’è un dono di presenza abituale di Dio, rarissimo è vero, accessibile tuttavia attraverso una grande fedeltà” (P. CHAMINADE, – Ritiro del 1824, 4ª conferenza, appunti del P. Lagenay, citato ne L’esprit de notre fondation (Società di Maria), t. 1, p. 173).

Questa presenza della Santissima Vergine non consiste solamente nel fatto di averla col pensiero e l’amore nel nostro cuore. Come fa notare S. Tommaso. “l’amore basta per costituire l’unione affettiva, ma esso porta a desiderare l’unione effettiva, che si realizza con la presenza dell’essere amato” (Cfr. THOMAS AQUINAS. – Summa Theol. I-IIª Q 28 a. 1 c., e ad 2). Chi ama la Santissima Vergine e la conosce così nella fede vorrebbe averla ancora più vicina, trovarsi effettivamente in sua presenza.
Che ci occorre per essere alla presenza di Maria? S. Tommaso ce lo insegna, quando dichiara che “una cosa può dirsi presente a qualcuno quando sta dinanzi al suo sguardo” (Ibid., I, Q. 8, a 3, ad 2). Orbene, la Santissima Vergine, come d’altronde Nostro Signore nella Sua Santa Umanità, non cessa di vederci dall’alto dei cieli. Noi siamo, dunque, tutti presenti alla Santissima Vergine e, di conseguenza, possiamo dire che ella ci è presente nella misura in cui crediamo di essere veduti da lei. Senza dubbio, questa presenza nella fede è ben poca cosa rispetto alla presenza di cui godremo in cielo, costituisce, tuttavia, un saggio prezioso di ciò che sarà la visione della Madre nostra e la “conversatio” eterna che avremo con lei.

Inoltre, se quaggiù non vediamo la Santissima Vergine, possiamo però sentire gli effetti della sua azione in noi. Pur senza spostarsi effettivamente, infatti, Maria è là dove si esercita la sua azione materna. Distribuendo le grazie divine come Mediatrice universale, la Santissima Vergine agisce, dall’alto dei cieli e senza intermediari, nell’anima dei suoi figli. Senza dubbio in se stessa, questa azione, essendo puramente spirituale, non è avvertita da colui che ne beneficia, ma è un fatto consolantissimo che le anime che si prestano di buon grado a quest ‘azione della Madre loro ricevono spesso una grazia soavissima e fortisisma, che fa loro sperimentare questa virtù meravigliosamente efficace della Santissima Vergine: dagli effetti che Maria produce nel più intimo dell’essere loro, queste anime si accorgono che ella è là. Quando si domandava al venerabile Cestac se vedesse la Santissima Vergine, rispondeva: “No, non la vedo, ma la sento: come il cavallo sente la mano del cavaliere che lo guida” (P. BORDARAMPÉ, op. cit., p. 458).

Tuttavia questa presenza “virtuale” di Maria non produce i medesimi effetti nei semplici fedeli e nei Sacerdoti perché l’azione di Maria su questi ultimi non consiste solo in un esercizio della sua maternità, come in tutti ì cristiani, ma anche in un aiuto efficace, che si manifesta soprattutto nella Messa e nella orazione. Il Sacerdote che sperimenta quest’azione di Maria nella sua anima, prende ancora una coscienza sempre più viva e profonda dell’ufficio complementare, che Maria deve svolgere presso di lui, come lo ha svolto presso Cristo-Sacerdote. D’altra parte, egli sperimenta la sua identificazione con nostro Signore negli atti del suo Sacerdozio e l’intimità alla quale è invitato col suo Sacro Cuore. Così, questa presenza della Santissima Vergine suscita nel Sacerdote un aumento d’amore per Maria e, indirettamente, un aumento di amore per Gesù.