La grandezza del sacerdozio ed il rispetto di Maria per i sacerdoti

MARIA E IL SACERDOZIO
di Padre Paolo Philippe, O.P.


PARTE PRIMA. LA MATERNITÀ’ DELLA SANTISSIMA VERGINE ED IL SACERDOZIO
CAPITOLO II. LA MADRE DEI SACERDOTI

 

Se la Vergine Santissima prega tanto per i Sacerdoti, è perché conosce meglio di noi cos’è quel Sacerdozio impresso nella loro anima.
Nel giorno dell’Ordinazioni noi siamo stati contrassegnali coi Sacerdozio stesso di Cristo, Abbiamo ricevuto il carattere del Sacramento dell’Ordine, che ci ha conferito un potere spirituale: “Ordo prìncipaìiter potestatem importat” — dice S. Tommaso (THOMAS AQUINAS. S. Suppl., Q. 34, a. 2. ad 2: Cfr. Contra Gent., IV, 74) —. E’ il potere permanente e indelebile di fare ciò che faceva Gesù come Sacerdote: rendere il Figlio di Dio presente sull’altare, offrire al Padre il Sacrificio stesso di Cristo in una maniera sacramentale, dare in cibo agli uomini il Corpo e il Sangue di Cristo, riconciliare i peccatori con Dio, insegnare le verità eterne… In breve, il carattere sacerdotale ci dà il potere di essere mediatori fra Dio e gli uomini; di noi, poveri peccatori come gli altri, esso fa degli altri Cristi e. quei che è più, ci dà potestà su Luì stesso.

San Tommaso ci ricorda la nostra grandezza: “Il Sacerdote dev’essere intermediario fra l’uomo e Dio: col fervore della sua preghiera deve toccare Dio come uno degli estremi e con la misericordia e la compassione deve toccare l’altro estremo, vale a dire l’uomo” (“Sacerdos debet esse medius inter hominem et Deum, ***** per devotionem orationis debet tangere Deum tamquam unum extremum, sic per misericordiam et compassionem debet tangere alterum extremum scilicet hominem. THOMAS AQUINAS — In Ep. ad Hebr., V, lect. 1.).


“II Sacerdote ha in suo potere due atti, l’uno principale sul Corpo vero di Cristo, l’altro sul Corpo mistico” (“Sacerdos habet duos actus, unum principalem supra Corpus Christi verum et alterum supra Corpus Christi mysti*****” THOMAS AQUINAS, S., Suppl., Q. 36, a. 2).
Noi possiamo far uso di questo potere nel modo che vogliamo, celebrare la Messa all’ora che ci piace, rifiutare il perdono alle, anime che giudichiamo impreparate a riceverlo, abusare — purtroppo!— di tale potere “crocifiggendo nuovamente il Figlio di Dio” (Hebr., VI, 4) e perdendo le anime a noi affidate.
Veramente Cristo si abbandona ai suo Sacerdote. Riportiamo, a tale proposito, alcune righe della Madre Claret de la Touche: “Gesù è del Sacerdote. Egli si è dato volontariamente a lui. Per mezzo dell Eucaristia e nel S. Sacrificio della Messa Egli diventa possessione divina dei Sacerdote. Gesù tutto intero: il suo spirito, la sua dottrina, le sue parole, la sua anima santissima, il suo Cuore amorosissimo, il suo corpo purissimo, la sua Divinità appartengono ai Sacerdote, che ne può disporre come di un suo bene, di una sua particolare proprietà” (CLARET DE LA TOUCHE, L.M., Al servizio di Dio-Amore – Torino, Librería del Sacro Cuore, 1949, pp. 330-331).
Ma questo potere sacerdotale non è che un potere strumentale. Noi non agiamo solamente in nome di Cristo, come potrebbe fare un plenipotenziario, noi agiamo sotto la mozione attuale di Cristo (“Minister comparatur ad Dominud sicut instrumentum ad principale agens; sicut enim instrumentum movetur ab agente ad aliquid efficiendum, sic minister movetur imperio Domini ad aliquid exequendum”, THOMAS AQUINAS. S.. Contra Gent., IV, 74). “E’ lui che battezza e rimette i peccati, è lui che consacra in noi”, dice ancora S. Tommaso (“Onnia sacramenta Christus perfecit; ipse enim est qui baptizat, ipse qui peccata remittit, ipse est verus sacerdos qui se obtulit in ara crucis et cuius virtute corpus eius in altare quotidie consecratur”. THOMAS AQUINAS. S. Contra Gent., IV, 76).
 
Noi siamo solo ministri e strumenti. Non v’è, infatti, che un solo Sacerdote: “Unus mediator Dei et hominum”. — dice S. Paolo (I Tim, II, 5) — e noi siamo sacerdoti in lui e per Sui. Se, per impossibile, in cielo Cristo cessasse di essere Sacerdote, immediatamente tutti i sacerdoti della terra ritornerebbero degli uomini come tutti gli altri. Quando ci ha ordinati, il Vescovo non ci ha trasmesso il suo sacerdozio come il Pontefice dell’Antica Legge, ma ci ha incorporati al sacerdozio di Cristo; e, quando esercitiamo il nostro ministero, noi non attingiamo dai nostri meriti: ma comunichiamo la grazia stessa di Cristo, come dice con estremo vigore S. Tommaso (“Ministri Ecclesiae non praeponuntur aliis ut eis ex propriae sanctitatis virtute aliquid tribuant -quia hoc solius Dei est- sed sicut ministri et quodammodo instrumenta illius effluxus qui fit a capite in membra”. THOMAS AQUINAS. S. — Suppl., Q. 36. a. 3).
Noi, dunque, siamo fatti partecipi e, in certo modo, sacramentalmente identificati all’essere stesso di Carisio— Sacerdote per il semplice fatto che siamo Sacerdoti e indipendentemente dalla nostra santità o miseria personale.
S. Giovanni Eudes lo diceva eccellentemente ai suoi Sacerdoti: “Voi siete rivestiti del suo Sacerdozio regale, ii vostro Sacerdozio non è che una sola cosa col suo e voi non siete che un unico Sacerdote insieme al Sommo Sacerdote. Voi siete dei Gesù vìventi e ambulanti sulla terra. Voi rappresentate la sua persona, e ne occupate il posto (S. JOANNES EUDES, Memorial de Vie ecclésiastique – Cap. preliminare).
Si citano spesso queste parole attribuite a S. Norberto:
Sacerdote, chi sei tu? Non sei da te. perché sei dal nulla.
non sei per te, perché mediatore degli uomini,
tu non sei tuo, perché sposo della Chiesa,
non sei di te, perché servo di tutti,
tu non sei tu, perché sei Dio.
Chi sei tu dunque? Niente e tutto”.
 
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Ma tutta questa grandezza del Sacerdozio, questo potere formidabile “che — al dire di S. Cirillo di Gerusalemme— fa tremare i demoni e onorano gli Angeli” tutto quello che tentiamo di indovinare un poco, ma che conosciamo si male, la Vergine Santissima lo sa e vede nella luce di Cristo— Sacerdote.
Ella ci vede come suo prolungamento, contempla in noi il Sacerdozio del Figlio suo amatissimo.
Quali che siano le nostre miserie personali, allora, Ella ha per ciascuno di noi una autentica venerazione.
Di S. Francesco d’Assisi e di S. Caterina da Siena si racconta che baciavano le mani dei ministri indegni quantunque, per divina rivelazione, conoscessero la sozzura in cui viveva !a loro anima. Ma la Santissima Vergine aveva. in terra, per S. Giovanni ed ora per noi dal cielo un rispetto ancora più profondo di questi due grandi Santi.
Per lei un Sacerdote è sempre un Sacerdote, un’immagine vivente cioè del Figlio suo e, se tale immagine è sfigurata dal peccato, ella ha un desiderio ancora più ardente di ridonarle la rassomiglianza con Cristo, perché lo vede come lo vede Dio e nella visione stessa di Dio. La Madre Claret de la Touche scrive: “Dio Padre vede in lui l’immagine più perfetta del Verbo incarnato, un secondo Gesù, tanto simile al primo, che quasi non lo potrebbe distinguere; vede in lui uno specchio tersissimo nel quale si riflettono le virtù di questo suo Figlio prediletto. Egli sente nella voce del Sacerdote quella di Gesù.
Il Verbo vede nel Sacerdote un fratello, un amico, un prodotto del suo Cuore, un altro Se stesso, per mezzo del quale continua tutte le sue opere e nel quale la sua vita umana, la sua vita di Sacerdote e di vittima è come prolungata nei secoli” (CLARET DE LA TOUCHE, L. M. — Al servizio di Dio-Amore – Torino. Libreria del S. Cuore. 1949; p. 320).