La preghiera sacerdotale

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P. SILVIO MARIA GIRAUD
MISSIONARIO DELLA SALETTE

SACERDOTE E OSTIA

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LIBRO SECONDO. 
    Della comunicazione che nostro signor Gesù Cristo fa al suo sacerdote del suo sacerdozio, del suo stato di Ostia e delle sue disposizioni

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CAPITOLO UNDICESIMO. LA PREGHIERA SACERDOTALE

 

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Non v’è in tutto l’universo, nel Cielo, nel Purgatorio e sulla terra, che una sola e unica Religione: quella di GESÙ CRISTO, unico Mediatore tra Dio e gli uomini. Nessun’altra è vera, nessun’altra è gradita al Padre, perché nessun’altra, qualunque essa sia, è omaggio vero davanti alla Maestà del Padre. La ragione ci insegna che dobbiamo un culto a Dio; ma il culto che viene soltanto dalla ragione, non è quello che Dio accoglie. Un genio potrà elevarsi verso l’Essere che ha creato il mondo e lo governa; ma una tale elevazione, in apparenza nobile e grande, se non è una partecipazione della Religione di GESÙ CRISTO, non è altro ché una cosa vana che il Padre respinge, benché sia in se stessa un omaggio sincero e anche buono: nulla è gradito al Padre se non ciò che viene dal Figlio suo. Il Padre non ama né trova degno di sé, se non l’omaggio del Figlio eguale a Lui in ogni cosa, del Verbo Incarnato.

Ma, perché il Verbo divino, facendosi uomo, ha assunto tutta la natura umana ed ha voluto così riassumere o compendiare in sé tutti gli uomini, in questo senso li ha costituiti tutti cristiani. Perciò tutti quelli che in ogni secolo, benché privi della fede hanno inteso onorar Dio, gli hanno in verità, offerto degli omaggi ch’Egli si è degnato di accogliere perché, implicitamente, gli venivano resi in GESÙ CRISTO e da GESÙ CRISTO.

GESÙ CRISTO è dunque l’unico Principio di ogni Religione, di ogni adorazione, lode, ringraziamento e supplicazione, di ogni espiazione, di tutto quanto corrisponde ai diritti e alle perfezioni di Dio. GESÙ CRISTO è Principio e Centro universale di tutta la Religione che Dio ha ricevuto sia dagli Angeli sia dagli uomini dal principio sino ad ora e per tutti i secoli dei secoli. GESÙ CRISTO è stato Centro e Principio universale di ogni Religione in ciascuno dei suoi Misteri, in ogni istante della sua vita mortale; e lo è ancora come lo sarà eternamente nella sua vita gloriosa; e ciò tanto nel suo essere medesimo come per mezzo dei suoi atti e dei suoi stati e in tutte le lodi che Egli offre al Padre, nella sua condizione perpetua di Sacerdote e Ostia del Padre.

GESÙ CRISTO è tutta la Religione del Padre in Cielo. Tale è pure nel santo Tabernacolo, dove la sua Umanità, che è il centro della Religione ch’Egli offre al Padre, vive come in Cielo nella pienezza delle sue grazie, dei suoi diritti, delle sue grazie, dei suoi diritti, delle sue operazioni e dei suoi ministeri. Che fa GESÙ CRISTO nel silenzio del Tabernacolo? Egli dà al Padre il più perfetto compiacimento che sia possibile; gloria magnifica ch’Egli stesso dà al Padre, prima in se medesimo; ma Egli si diffonde incessantemente anche nei suoi eletti del Cielo, nella sua Madre santissima, nei suoi Angeli, in tutti i predestinati, nelle anime del Purgatorio e in tutta la sua Chiesa della terra. Così GESÙ CRISTO estende la sua Religione alle tre Chiese trionfante, purgante e militante. Ogni creatura tutto riceve dalla pienezza di Lui e «per mezzo di Lui, con Lui e in Lui rende ogni gloria al Padre onnipotente» (309).

A GESÙ CRISTO noi rivolgiamo i nostri omaggi e le nostre adorazioni, ma Egli fa omaggio al Padre di tutto l’onore che viene reso a Lui medesimo, e che da Lui stesso viene ispirato. GESÙ CRISTO ancora e sempre dice quella parola: Gloria meam non quaero (Gv 8, 24).

Parimenti gli omaggi che noi rendiamo a Maria e ai Santi nello spirito di Religione di GESÙ CRISTO non si fermano nella Vergine e nei Santi; GESÙ CRISTO unitamente a ciò che offriamo a Lui medesimo, presenta pure all’Eterno Padre tutto quanto Egli stesso ci ispira verso i Santi.

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In tal modo, per mezzo di GESÙ ogni creatura loda il Signore. GESÙ, avendo nella nostra natura unito a sé tutto il creato, diffonde, per modo di dire, il suo spirito di Religione nel cielo degli astri e in tutte le opere di Dio; per questo sta scritto: Caeli enarrant gloriam Dei (Ps. 8, 2). Per soddisfare questo Spirito di GESÙ che vuole estendersi a tutto il creato, e come per dare un’anima e una voce a tutto ciò che esiste, diciamo: Benedicite omnia opera Domini Domino (310). Così, tutti gli eletti del Cielo e del Purgatorio, e insieme le anime pie della terra, felici di essere partecipi di una grazia sì preziosa, corrono a GESÙ come al Centro e al Principio donde quella grazia deriva loro, per non fare che una cosa sola con GESÙ. Quale unione! Quale Comunione! in Cielo, in virtù di tale Religione, GESÙ è in tutti i Predestinati, e tutti i Predestinati sono in GESÙ; parimenti nel Purgatorio, GESÙ è in tutte le anime ivi sofferenti e comunica ad esse tutto quanto possono offrire al Padre, di adorazione, di supplicazione e di azioni di grazie; e queste anime umili e rassegnate si portano verso GESÙ, verso il suo spirito e il suo stato di Ostia, perché la misericordia del Padre non le respinga se la sua Giustizia le condanna. Quaggiù, GESÙ si dà alla sua Chiesa perché partecipi pure alla sua Religione, ma, purtroppo, la Chiesa porta nel suo seno una moltitudine di anime peccatrici e queste non vogliono fruire di tale grazia di unione a GESÙ CRISTO nel suo spirito di Religione verso il Padre; moltissime anime giuste vi corrispondono sì, ma in modo imperfetto, perché divise, come dice san Paolo, e distratte a motivo delle cure della vita presente. Perciò la Chiesa, animata dalla preoccupazione di dar soddisfazione ai desideri del suo Sposo, sceglie a questo scopo anime Vergini, poiché è proprio di queste «pensare a ciò che riguarda il Signore e tendere a piacere al Signore» (I Cor 7). Queste anime Vergini scelte dalla Chiesa perché siano unite a GESÙ CRISTO nel suo spirito di Religione, sono i Sacerdoti e gli altri sacri ministri inferiori, e come ausiliari i Religiosi consacrati a Dio. La Chiesa dunque deputa i chierici insigniti degli Ordini sacri perché unendosi alla Religione di GESÙ CRISTO, intercedano per tutte le sue necessità; perciò essa stessa determina tutte le modalità della loro preghiera, suggerendo le parole da dirsi, come il modo e il tempo di dirle.

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Ed ecco il Breviario, il Libro che contiene la Religione di GESÙ CRISTO e le supplicazioni per la Chiesa. San Francesco di Sales, dice che è questo il Libro più bello di tutti dopo la sacra Scrittura; è il nostro onore e la nostra gioia: Psalterium meum, dice sant’Agostino, gaudium meum (In Psalm., 137). Questo Libro sarà per noi, davanti al nostro gran Giudice, la migliore delle raccomandazioni, se lo avremo amato e ne avremo fatto l’uso che si merita.

Il Breviario è la Religione di GESÙ CRISTO verso il Padre suo, perché tutti gli atti e sentimenti che vi sono espressi, ­ adorazione, azione di grazie, espiazione, supplicazione ­ sono appunto gli atti dovuti al Padre, atti che non si possono compiere se non coll’unirci alla Religione di GESÙ CRISTO, E perché non è il nostro spirito, ma lo Spirito di GESÙ che ci fa «gridare in tal modo verso il Padre» (Gal 4, 6), è appunto questo Spirito adorabile che prega in noi con gemiti inenarrabili» (311),

Inoltre tutte le parole del Breviario sono, in realtà, le parole di GESÙ CRISTO, vale a dire, tutto ciò che GESÙ CRISTO dice al Padre, per lodarlo, sia con le parole sia con gli atti. Vi si trovano lezioni della sacra Scrittura; orbene la Scrittura è ciò che il Verbo ha detto o ha fatto scrivere per la gloria e l’onore del Padre; il Verbo è là vita e l’anima della Scrittura, perciò questa è la vera vita per le anime nostre; in queste lezioni dobbiamo dunque, sotto la lettera, riconoscere GESÙ CRISTO che parla. Utrumque pocutum bibe veteris et novi Testamenti, dice sant’Ambrogio, quia in utroque Christum bibis (In Psalm., l).

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Nei Salmi poi, è GESÙ CRISTO sempre che parla; ma, la Chiesa parla pure col suo Sposo, le loro voci, come i loro cuori, si confondono. Loquatur Christus dice sant’Agostino, quia in Christo loquitur Ecclesia, et in Ecclesia loquitur Christus; et Corpus in Capite, et Caput in Corpore (In Psalm., XXX). Molte parole non convengono che a GESÙ CRISTO, e furono dette da GESÙ CRISTO, perché «Dio ha lodato se stesso (312), per darci il mezzo di lodarlo degnamente»; ma dalla Chiesa sono proferite con GESÙ CRISTO, perché essa è una cosa sola col suo Sposo. Altre non converrebbero a noi peccatori, ma sono pure parole di GESÙ CRISTO, poiché Egli, in tutti i suoi misteri, ha considerato se stesso come il peccatore universale.

Le orazioni e gli inni composti dalla Chiesa sono, in realtà, ispirati dallo Spirito di GESÙ CRISTO (313). GESÙ CRISTO e la Chiesa lavorano assieme, quindi pregano assieme, In commune orat, in commune laborat (314). Gli scritti dei Padri sono anch’essi la parola della Chiesa, quindi la parola di a GESÙ CRISTO. La vita dei Santi, che troviamo pure nel Breviario, non è altro che la vita di GESÙ CRISTO; dobbiamo veder GESÙ nei santi come lo vediamo nel Vangelo, perchè tutto quanto v’è di ammirabile nei Santi è opera della grazia e dell’azione di GESÙ CRISTO, che ha voluto fame Ostie di lode, a sua somiglianza, per la gloria del Padre. Le leggende dei Santi, sono quindi l’espressione commoventissima di questa verità: vi è un solo Religioso di Dio, ed è GESÙ CRISTO; e per noi tutto sta nel sottometterei alla sua azione, ed unirei ai suoi atti per arrivare alla unità con Lui, nel suo spirito di religione. In questo sta per noi, la salvezza; in questo si trovano la santità e la gloria di Dio.

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O bene, tale è la grazia e lo spirito della nostra missione, del nostro ufficio veramente divino, quando recitiamo il Breviario. Ommia et in omnibus ChristusPrima che noi recitiamo le Ore canoniche, qualcuno recita tutte quelle lodi e preghiere: GESÙ CRISTO le recita fin dal momento dell’Incarnazione; le ha dette in tutti gli istanti della sua vita e sulla Croce; le dice in Cielo, le dice pure nel SS. Sacramento. Egli ci ha preceduti, e non abbiamo che da unirei alla sua voce, alla voce della sua Religione. La venerabile Agnese di GESÙ, prima di dire l’Ufficio, diceva del divino Adoratore del Padre: «Fatemi il piacere, Sposo mio adorato, di incominciare Voi «stesso!». Sentiva quindi una voce che incominciava, ed essa vi si univa. La voce divina di GESÙ si faceva sentire all’orecchio di quella santa Vergine Domenicana (315); ma san Paolo ci ha rivelato che fin dal primo istante dell’Incarnazione, quella voce nel seno di Maria, diceva salmi e preghiere (Eb 10, 5).«Ut nomen congruat actioni… ne sit honor sublimis, et vita deformis» (317).Ci permettiamo di dare, a questo proposito, alcuni brevi suggerimenti per la pratica:.

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Prima dunque di recitare il santo Ufficio, abbandoniamoci allo spirito e alla grazia di GESÙ, nostro Dio, nostro Sacerdote e nostra Ostia, onde ricevere da Lui tutti i sentimenti ed affetti che vuole darci per adorare, lodare, ringraziare, pregare e amare il Padre. Uno sguardo del cuore al Tabernacolo per sottometterei, con umiltà e gioia, con semplice abbandono, all’azione di quelle fiamme divoranti e consumanti perché purifichino la nostra preghiera da ogni negligenza e distrazione. Abbandoniamoci all’azione potente di GESÙ che del nostro povero cuore, se lo trova docile, può fare un’Ostia degna del Padre, nell’unità del suo Sacrificio. E durante la recita, soprattutto quando ci sorprendiamo distratti. ritorniamo ancora ad una tale sottomissione di tutto l’essere nostro a questa unione intima e universale, perché la nostra Religione non ha valore e merito che nella Religione di GESÙ CRISTO.

In tale unione noi c’incontriamo con tutte le anime redente, poiché tutte sono in GESÙ CRISTO per il medesimo fine con gli eletti del Cielo, con la Vergine che in CRISTO continua l’ispirato cantico del Magnificat, con gli Angeli e tutti gli Ordini dei Beati, con le anime purganti alle quali procureremo pure sollievo e liberazione. Che più? Ci incontreremo con la Chiesa della terra, nell’unità di GESÙ CRISTO Ostia, col Sommo Pontefice, coi Vescovi, coi Sacerdoti e con tutte le anime ferventi e pure; tutti assieme formiamo il Corpo mistico di GESÙ, e uniti con GESÙ CRISTO e in GESÙ CRISTO, preghiamo assieme con Lui e in Lui. In tal modo, nella recita del Breviario, presentiamo tutti gli interessi della Chiesa al Cuore del Padre, per mezzo del Cuore del Figlio che presenta incessantemente al Padre gli interessi così gravi e numerosi della sua Sposa.

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Così il ministro della Chiesa che recita l’ufficio nell’unità della Religione di GESÙ CRISTO, abbraccia tutta la Chiesa, ne porta nel cuore tutte le necessità e tutti i desideri onde tutto raccomandare, per mezzo di GESÙ CRISTO, alla Provvidenza, alla misericordia e all’amore della SS. Trinità. Ma questa unione con la Chiesa è pur grandemente vantaggiosa per il Sacerdote, perché egli ha la sua parte nell’abbondanza di grazie che il divino Sposo comunica alla sua Sposa; recitando l’ufficio egli si, trova in un ambiente soprannaturale di felici influenze che non possono a meno di stabilirlo in uno stato che è qualche cosa della vita del Cielo.

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E i poveri peccatori, gli eretici, gli scismatici e gli infedeli, come potrebbero essere assenti dal cuore del Sacerdote? Come non vorrebbe egli, con l’Ufficio santamente recitato, compensare il Padre e consolare il Cuor di GESÙ per la gloria di cui lo privano l’ostinazione e l’accecamento di tante anime da Lui redente ? Vorrebbe il buon Sacerdote compensare e consolare il Cuore di GESÙ persino per l’atroce ingiuria ch’Egli riceve dalla ostinazione finale di quelle anime che hanno definitivamente respinto gli amorevoli sforzi della sua misericordia e sono cadute nell’abisso della maledizione; vorrebbe quindi che la sua voce, nell’ufficio, potesse in certo qual modo, coprire le voci abominevoli che salgono dall’Inferno, piene di bestemmie e di oltraggi. Il Servo di Dio Pietro de Bérulle scriveva alle Carmelitane:

«Voi lodate Dio per il cielo e per la terra, per le creature animate e inanimate, per i cristiani e per gli infedeli, per i cattolici e per gli eretici, per gli eletti e per i riprova ti; anche per l’inferno, benché questo vi si opponga con la sua riprovevole volontà. Voi vi trovate, in questo ufficio, tra il Cielo e l’inferno: l’inferno è sotto i vostri piedi, e Dio volesse che aveste tanta applicazione per lodarlo, come l’inferno per maledirlo! Dio volesse che aveste un sentimento della sua misericordia così vivo com’è l’impressione che l’inferno prova della sua giustizia! Il Cielo è aperto sopra di voi: volesse il Signore che aveste una fede tanto viva e ferma come la chiara visione che si gode in Cielo delle sue grandezze! A Dio piacesse che voi aveste tanta elevazione e ardore di pietà quanto in Cielo v’ha di riposo, di gloria e di godimento nel possesso del Signore!

«Ma ecco un altro soggetto di ammirazione e di riconoscenza per l’ufficio che adempite.

«Il Padre ha voluto compiere l’incarnazione del suo Figlio, e il Figlio ha voluto prendere la nostra carne onde mettersi in istato di lodare e servir Dio suo Padre in una maniera così sublime e divina che non poteva essere comunicata né agli angeli né agli uomini, né alla grazia, né alla gloria. Prima di questo mistero, vi erano soltanto angeli e uomini che servivano e lodavano Dio; ma ora un Uomo Dio compie questo ministero; vi è un Dio che adora ed è adorato. Orbene, soltanto nello spirito di questo Uomo Dio, in virtù del potere di questo Adoratore divino e in virtù della grazia e della potenza che vi è conferita da GESÙ, voi lodate Dio. In Lui e per mezzo di Lui voi compite questo ufficio, e lo adempite pure con Lui. GESÙ CRISTO è in uno stato continuo di amore e di lode verso Dio suo Padre, e voi lo possedete presente sull’altare in qualità di Ostia e di Vittima di Dio, in qualità di Vittima per le anime vostre. GESÙ CRISTO è e sarà per sempre, finché sarà Uomo Dio, l’Ostia, l’Agnello e la Vittima di Dio.

«Nella potenza, adunque, del suo Spirito, nella virtù della sua grazia, nell’unione alle lodi ch’Egli ha rese a Dio suo Padre sulla terra e gli rende ora in Cielo; in adorazione e partecipazione dello stato di lode, nel quale, sopra questo altare, Egli sta davanti alla faccia di Dio Padre come un Isacco; Ostia e Agnello di Dio: celebrate le lodi divine, e ritenetevi felici di stare alla presenza di GESÙ, nella dipendenza e nel potere del suo Spirito, sotto la direzione della sua grazia, nella partecipazione del suo ministero, nell’uso e nell’esercizio della sua funzione (di sacerdote e di Vittima) che è di lodare Iddio e di consacrare alla sua lode le anime vostre» (316).

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Come è mai sublime la nostra grazia! Com’è santa e gloriosa la nostra vocazione! I fedeli pregano in nome proprio e per adempiere un dovere personale; noi, invece, siamo ministri pubblici della Religione di Dio, deputati dalla Chiesa e aventi causa per lei, onde si verifichi quella unione più intima ed abituale con GESÙ CRISTO, che è necessaria per la verità, la legittimità e la santità di tale Religione. O sublimità! O glorificazione! O santa trasformazione in GESÙ CRISTO! Ma, quale santità, dignità, e rispetto non dobbiamo portare in un’azione così sublime!

 

1°) Prima della recita, preparare i segnacoli nel Breviario, prevedendo le commemorazioni, ecc.

2°) Premettere almeno una breve preparazione immediata, non fosse che di un minuto, prima dell’Aperi.

3°) Ricercare, per quanto possibile, un luogo adatto e silenzioso, onde evitare le distrazioni esterne; la chiesa, quando vi sia silenzio, è il luogo più adatto. Guardarsi dalla smania di recitare il Breviario un po’ dappertutto, ad ogni ritaglio di tempo, in mezzo ad ogni sorta di rumori. In tal modo non si dà a questo dovere santissimo e delicato la dovuta importanza, e sembra lo si consideri come un peso noioso.

4°) Evitare la precipitazione, come pure la eccessiva lentezza e le positure indolenti. Digne, attente ac devote. – Santa Teresa diceva che nella preghiera meditata è da preferirsi una positura comoda, ma per la preghiera vocale è più vantaggiosa una positura che sia in pari tempo una penitenza. Quando san Francesco di Sales recitava l’ufficio, ed era abitualmente in chiesa, «lo si vedeva nel suo stallo, come una statua nella nicchia; non si muoveva, né dimostrava nessuna fretta, non guardando mai in giro, né si oscurava d’altro che di pregar bene, recitando con grande tranquillità ogni versetto, gustando così ed assaporando nei Salmi, a tutto suo bell’agio, il miele delle celesti soavità dello Spirito Santo» (318).

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Sarà bene fissare qualche pratica particolare per rinnovare l’attenzione e le intenzioni generali o particolari, e rianimare la pietà. Il Gloria Patri sembra essere oggetto d’una speciale predilezione pei Santi. Santa Maddalena de’ Pazzi diceva che il suo confessore le aveva suggerito di chinar la testa nella recita del Gloria, come se la presentasse al carnefice per subire il martirio, alla gloria della SS. Trinità. Un Padre francescano aveva, nel Gloria, le intenzioni seguenti: offrire a Dio Padre tutta la gloria che il Figlio rende alla infinita di Lui Grandezza: nell’Eternità come sua immagine perfetta e increata, nel tempo come esemplare e fonte di ogni vera Religione; aderire a tutti gli omaggi che, nel Figlio, rendono a Dio Padre la Beata Vergine, gli Angeli e i Santi del cielo e della terra; far voto che Dio sia conosciuto e servito da tutti coloro che lo offendono, che si convertano gli eretici e gli infedeli; domandare che i Sacerdoti e tutte le anime sante crescano nella perfezione e procurino sempre maggior gloria a Dio; offrir a Dio una riparazione per tante bestemmie e peccati di ogni genere; fare alla SS. Trinità l’offerta, senza nessuna riserva, di se stesso, per onoraria e servirla in ogni modo che Essa potrà desiderare. Ognuno segua in proprio la propria attrattiva; l’essenziale è che l’Ufficio venga recitato con attenzione e pietà, come una vera preghiera e non già perfunctorie e pro forma.

È buona cosa recitare a memoria? Anche dopo lunghi anni, sarà bene invece recitare a memoria meno che sia possibile. «Si dice che san Carlo non recitava a memoria neppure le parti più facili del Breviario o del Messale; perché pensava che l’atto medesimo di tenere gli occhi sul libro e di leggere le parole, aiuta molto la divozione» (319).

Vediamo, in somma, di non perdere nessuna briciola di quel dono divino che è l’ufficio. Non defrauderis a die bono, et particula boni doni non te praetereat (Eccli 14, 14).

NOTE

(309) Per ipsum et cum ipso et in ipso, etc. – Canon Missae.

 

(310) (DAN., III, 57 et seg.; – Ps., CXLVIII

(311) Rom., VIII, 26. – Cfr.: S. Th., I, II, q. XCVIII – III, 16 – I, XXIX.

(312) Ut bene ab homine laudetur Deus, laudavit se ipse Deus… ideo invenit homo quemadmodum laudet eum… ut amemus eum, laudando se amabilem se facit. S. AUG., In Psalm., CXLIV.

(313) Cfr.: Rom. VIII. 26, 27; Ephes., V, 18, 19; Coloss.

(314) S. AMBR., De offic. ministr.

(315) Dalla vita della Ven. Agnese di GESÙ

(316) Oeuvres, Migne, col. 1339

(317) S. AMBR., De dignitate Sacerdot., III.

(318) HAMON, Vita di San. Francesco di Sales, lib. VII, cap. VII. Un giovane domandava un giorno ad un sacerdote se ci voleva molto tempo a recitare il Breviario. «Ciò dipende, disse il sacerdote, dalla volubilità della lingua». Quel giovane, forse un po’ troppo sfacciato, rispose: «Credevo invece che dipendesse dalla divozione del cuore». Bella lezione!

(319) FABER, Progresso dell’anima