Il Sacerdote centro divino dove tutta la chiesa si riunisce

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P. SILVIO MARIA GIRAUD
MISSIONARIO DELLA SALETTE

SACERDOTE E OSTIA

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LIBRO SECONDO. 
    Della comunicazione che nostro signor Gesù Cristo fa al suo sacerdote del suo sacerdozio, del suo stato di Ostia e delle sue disposizioni

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CAPITOLO DECIMO. Il Sacerdote centro divino dove tutta la chiesa si riunisce

 

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«Quando il Sacerdote celebra il santo Sacrificio onora Dio, rallegra i Santi, edifica la Chiesa, aiuta i vivi e procura sollievo ai defunti» (298).

Un tal ministero ammirabile nella sua stupenda influenza sulla Chiesa militante, purgante e trionfante, di cui parla 1′Imitazione, ci autorizza a dire che il Sacerdote è come un centro divino dove si riunisce tutta la Chiesa. Procuriamoci, una volta ancora, la conso1azione di meditare quelle parole e di scrutarne il senso profondo.

 

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1°) Quando celebra, il Sacerdote onora Dio. – Tutto l’onore che Dio riceve nel mondo, gli viene dal Figlio suo. GESÙ, Ostia sull’altare del Sacrificio e nel suo Tabernacolo: ecco veramente, quaggiù, tutta la gloria del Padre. Ma quello stato di Ostia, da chi lo riceve GESÙ? Quell’esistenza sacramentale che, secondo la sua volontà, gli è assolutamente necessaria, perché sia Vittima davanti a Dio nella sua Chiesa della terra, quell’esistenza, da chi la riceve? Unicamente dalla volontà del Sacerdote. Se, per una ipotesi impossibile, tutti i Sacerdoti si mettessero d’accordo per non più consacrare, GESÙ, a meno d un miracolo che lo farebbe uscire dal disegno ch’Egli ha costituito, non sarebbe più in istato di Sacrificio sulla terra; e quindi la SS. Trinità resterebbe priva della gloria alla quale ha diritto e che unicamente le piace, l’unica che Essa voglia trovare in questo mondo. Ma non è possibile che manchi una tal gloria.

Possiamo quindi dire con tutta verità in un certo senso, che Dio medesimo si tiene rivolto al Sacerdote, come se questi (ci si perdoni un tal modo strano di parlare) fosse per Dio medesimo un centro, il centro necessario da cui procede e deriva quella gloria della quale Egli non vuole restar privo. Dal Sacerdote, infatti, Dio aspetta che il Figlio suo, oggetto delle sue compiacenze, la sua Vittima di lode, di adorazione, di riparazione, di azione di grazie, sia presente sull’altare, e che dall’Oblazione di questo Figlio s’innalzino verso di Lui, verso la sua Maestà, verso la sua Santità, verso la sua Misericordia, tutti gli omaggi che si merita… Oh! quale stima per il nostro Sacerdozio deve ispirarci questa considerazione così sublime, eppur così semplice e vera! Quale impegno ci deve ispirare per celebrare sempre santamente la santa Messa!

2°) Il Sacerdote rallegra gli Angeli. – Tutta la gioia degli Angeli è di contemplar Nostro Signore GESÙ CRISTO (I Pt 1, 12). Appena lo videro a Betlemme nelle mani di Maria, si effusero in cantici di allegrezza. La loro attenzione è continuamente rivolta al suo sacerdozio ed alla sua vita di Vittima. Epperò compaiono, nei fatti Evangelici, dovunque si manifesta più sensibilmente il suo stato di Ostia: al presepio, nel deserto, nell’orto di Getsemani, nella Risurrezione. Il santo Sacrificio della Messa è, per gli Angeli, tutto un mondo di stupende meraviglie; la vista dell’Ostia è per loro oggetto di beatitudine. Orbene questa gioia, la ricevano da noi; il nostro ministero è la causa delle loro delizie. Perciò, è ben naturale pensare che un gran numero di quegli Spiriti celesti stanno sempre intorno al Sacerdote, perché non tralascino di offrire il santo Sacrificio. Mandano loro pressanti e continue ispirazioni perché compiano sempre e santamente quella grande Azione. Con quale amore ci circondano! Con quale ardore ci eccitano! Quanto bene sperano e aspettano dal Mistero di cui siamo gli unici ministri! O deliziosa meraviglia; che il Sacerdote sia, in questo modo, come un centro verso il quale sono incessantemente rivolte le beate Intelligenze di tutte le gerarchie (I). Quando saliamo all’altare, esse si stringono più vicino ancora a noi, in attesa della gioia che stan per provare. Quando incomincia il Sacrificio, crescono a mille doppi i loro desideri e i loro ardori. Nessuna lingua saprebbe esprimere quali ne siano, nel momento in cui si compie il Mistero, le ardenti adorazioni, gli impeti di gioia, le amorose estasi (2). Raccogliamo almeno alcune parole dei Santi, che sollevano alquanto il velo del mistero. «In quel momento, dice, san Giovanni Crisostomo, gli Angeli stanno attorno al Sacerdote e tutti i cori dei celesti Principati si uniscono nell’esultanza di cantici ammirabili; tutto lo spazio vicino all’altare è ripieno di Intelligenze beate, che rendono omaggio a Colui che viene immolato… Un vecchio venerando, che ricevette parecchie rivelazioni, assicurava di aver goduto di tale spettacolo, in una visione che Dio si era degnato di concedergli. Ei diceva che d’un colpo, al momento del sacrificio, aveva visto attorno all’altare una moltitudine di Angeli rivestiti di abiti candidissimi, inchinati come soldati al cospetto del loro re. Credo ben volentieri la verità di questo fatto» (301).

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San Gregorio Magno dice pure: «Al momento della Immolazione, alla voce del Sacerdote, i Cieli si aprono; in questo mistero di GESÙ CRISTO sono presenti i cori degli Angeli, il cielo è unito alla terra, le cose visibili sono riunite con le invisibili nella più perfetta unità» (302).

La santa Liturgia medesima ci insegna che un Angelo, l’Angelo che presiede alla preghiera dei Santi, dall’altare della terra porta l’Oblazione all’altare sublime ‘che sta, in cielo, davanti alla Maestà di Dio (Canon. Missae).

Angeli santi! O gloriosi Spiriti! così umili e così ardenti d’amore! Cosa siamo dunque noi, povere creature, perché con tanto ardore vi appressiate a noi? Ah! vi attira il potere vero e reale che abbiamo di cambiare il pane e il vino nel corpo e nel sangue di GESÙ CRISTO. Questo Dio, Vittima del Cielo e della terra, per la virtù del nostro Sacerdozio, sta qui nelle nostre mani; ed Egli è il nostro Tutto… Quando sarà dunque, che si apriranno i nostri occhi, come voi intenderemo il Miracolo ineffabile dell’amore del nostro Dio, e saremo tutti consumati dal fuoco del santo amore?…

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3°) Quando celebra, il Sacerdote edifica la Chiesa. ­ L’edificazione della quale si tratta qui, è quell’opera grande e santa, di cui san Paolo parla più volte nelle sue Epistole. La Chiesa è un Tempio santo (303); il suo fondamento, la sua pietra angolare? è GESÙ CRISTO; il suo accrescimento è GESÙ CRISTO (Ef 2, 21; 4, 12); il suo coronamento, la sua completa perfezione quale è possibile quaggiù, è GESÙ CRISTO, cioè, la grazia di GESÙ CRISTO, la vita di GESÙ CRISTO. In queste poche parole si contiene un gran Mistero. La Chiesa è il Tempio santo di Dio, ogni anima pure è Tempio di Dio; e la grande sollecitudine della Chiesa è questa, che ciascuno dei suoi figli «sia tale dimora di Dio, dove lo Spirito Santo trovi la sua compiacenza» (Ef 2, 22). L’edificio spirituale incomincia col Battesimo che inizia la vita di GESÙ CRISTO nell’anima; si innalza, cresce, si fortifica, quando l’anima del fanciullo può nutrirsi del pane di vita. Se, sotto i colpi della tentazione, l’edificio si screpola, se anche cade in rovina, sempre lo si può riparare; indi si alza, si rafferma, e finalmente riceve una stabilità che prelude a ciò che esso sarà eternamente. Ecco l’anima peccatrice che si rialza dalla sua caduta e rimane costante; ecco l’anima del giusto sempre più vivente della vita di GESÙ… Orbene, verso chi si rivolge la Sposa diletta di CRISTO perché quella «edificazione», oggetto della sua speranza, si compia, nel suo seno, in ciascuno di quelli ch’essa vi porta? Verso il Sacerdote, unicamente verso il Sacerdote. Per mezzo del Sacerdote «GESÙ CRISTO dona la vita alle anime nella Chiesa» (304); dal Sacerdote viene distribuito il pane che dà la vita eterna (Gv 6, 55). In tal modo, all’altare, il Sacerdote «edifica la Chiesa militante». Ascendiamo più in alto. Il Sacerdote edifica anche la Chiesa trionfante; ovvero più esattamente ne termina l’edificazione. Quaggiù, tutto sussiste unicamente per quella Chiesa dell’eternità. Quando sarà arrivata al suo termine quella costruzione che lassù si opera incessantemente, allora avrà fine anche il mondo, perché non avrà più nessuna ragione di esistere. Orbene, poiché quel compimento, ossia quella perfezione finale dell’edificio eterno, è la gloria massima, suprema e definitiva di GESÙ CRISTO; la Chiesa trionfante sta nell’attesa di tale compimento e man mano che un figlio di Dio lascia la Chiesa della terra o quella del Purgatorio per salire alla gloria del cielo, essa esulta di gioia, perché una nuova pietra, «vivente», vien aggiunta al glorioso edificio di Dio.

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Orbene, da chi la Chiesa trionfante aspetta la propria edificazione? Verso chi sono rivolti il suo cuore, i suoi sguardi e i suoi desideri? Verso il Sacerdote, perché egli, per vocazione e per missione, deve preparare «le pietre scelte per l’edifizio» (1 Pt 2, 4-6); il Sacerdote le invia al Cielo, sia che le prenda su questa terra, sia che, per la virtù del Sacrificio, le tiri dalle fiamme del Purgatorio. Perciò tutto il cielo, con vera preoccupazione, osserva quanto noi facciamo quaggiù; il cielo intero innalza continue supplicazioni alla SS. Trinità, perché, noi Sacerdoti, possiamo adempiere, con fedeltà e fervore, il nostro santo ministero. Se potessimo godere lo spettacolo di tale sollecitudine degli Eletti, delle loro preghiere, dei loro voti, di tanti sentimenti ardenti di divina carità che convergono, per così dire, verso ciascuno di noi, ne resteremmo confusi e come annientati. I Santi tutti sembrano dirci: «Voi siete la nostra speranza. Ci fu detto d’aspettare, e che il numero degli eletti sarebbe presto compiuto (Ap 6, 2). Ma ci tarda di vederlo perfetto, quel numero predestinato; e in voi sta la nostra speranza, perché il nostro gaudio sia intero».

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4°) Il Sacerdote quando celebra, procura aiuto ai vivi. ­ Tutti i viventi, poveri, afflitti, ignoranti, ricchi, sapienti, tutti han bisogno della buona riuscita di quell’affare che è il più importante, anzi l’affare veramente unico della presente vita: la salvezza. Orbene, il Sacerdote, all’altare è il grande aiuto di tutti, giacché, ogni volta che ascende all’altare, «vi compie l’opera della nostra salvezza» (305). «In quei momenti, dice san Giovanni Crisostomo, il Sacerdote sta tra Dio e gli uomini, portando a Dio le nostre suppliche e trasmettendo agli uomini i benefizi di Dio» (306). Lo Spirito Santo parla di un tal Mistero di grazia e di amore, da parte di Dio, verso gli uomini, quando dice queste parole: «Riverserò nell’anima dei Sacerdoti una pienezza di benedizioni e saranno infiammati di santi ardori; il mio popolo sarà beneficato dalla loro pienezza e ripieno dei miei beni» (Ger 31, 14).

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5°) Procura sollievo ai defunti. – Ecco un altro Mistero commoventissimo. Quelle anime afflitte sono pure rivolte al Sacerdote; perché il Sacrificio che da esso viene offerto è la loro migliore e più sicura speranza. Quale immenso ristoro, per loro, in mezzo alle fiamme divoranti, quando sull’altare scorre queI Sangue adorabile! Perciò, con inesprimibili desideri sospirano l’ora di quella divina Immolazione che solo il Sacerdote può compiere. Ai loro occhi, non v’è benefattore che possa mettersi a confronto col Sacerdote. Il Sangue che egli ha consacrato sull’altare della Chiesa militante, è per quelle anime l’assicurazione che presto o tardi dallo Sposo immortale riceveranno quella benedizione eterna, che il suo Cuore è impaziente di dar loro nel suo bel Cielo. Ma, poiché il fervore del Sacerdote nella celebrazione ha pure una efficacia particolare e potente per il loro sollievo e la loro liberazione, esse pregano con santo ardore perché egli sia santo. Quanti sospiri, quante lagrime, offrono a Nostro Signore per un benefattore tanto amato! Ché se non possono direttamente ottenere sollievo per se medesime, possiamo credere che il loro divino Sposo si compiaccia, per la loro consolazione, di esaudire le domande che gli presentano a nostro favore (307).

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Il Sacerdote è dunque veramente centro della Chiesa universale di GESÙ CRISTO. In se medesimo, il Sacerdote è niente; ma, per il carattere che ha ricevuto e per l’ostia che porta nelle sue mani, è una benedizione universale. San Lorenzo Giustiniani l’ha detto in termini notevoli che non possiamo esimerci dal riferirli: «Sacra Missae Actione, nulla major, nulla utilior… quae Deo honorem, Angelis contubernium, exsulibus caelum, Religioni cultum… gentibus fidem, laetitiam mundo, credentibus gaudium, virtuti robur, hominibus pacem praestat… In cujus oblationis hora, quantum fas est credere, aperiuntur coeli, mirantur Angeli, Sancti laudant exsultant justi, captivi visitantur, compediti solvuntur luget, sanctaque in Spiritu laetatur Ecclesia» (Sermo de Euch). Ecco ciò che il Sacerdote fa ogni giorno, all’altare!

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Quale gloria! Quale magnificenza! Povero Prete, come sei grande! Di Dio soltanto può dirsi, in tutta realtà, ch’Egli è il centro del mondo. Eppure questa parola è vera anche di te! O meraviglia di un impenetrabile mistero!

Ma, il Sacerdote, elevato ad una gloria sì sublime, oggetto, come se fosse un Dio, degli sguardi e dell’amore dell’universo, non dimentichi mai che un tal posto tra le opere di Dio gli impone l’obbligo della più grande santità, e quindi di una unione intima e di una perfetta conformità di disposizioni Con la Vittima adorabile; poiché la santità non è altro che la vita di intima unione con GESÙ CRISTO. Si ricordi il Sacerdote che è Sacerdote con GESÙ CRISTO per essere Ostia con Lui (308).

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Quale spettacolo indecoroso e desolante presenterebbe al cospetto del Cielo, del Purgatorio, e degli Angeli custodi della terra, il Sacerdote che, consacrando, portando, offrendo l’Ostia, non fosse degno dell’Ostia e unito all’Ostia, non fosse Ostia esso medesimo! Ma come!… i Santi della Patria, le anime del Purgatorio, la Chiesa militante su la terra, tutti aspirano ad unirsi al Sacrificio, ad inabissarsi nelle unità della Vittima che vi è immolata; e colui che è come l’autore medesimo del Sacrificio, colui che realmente e essenzialmente è una cosa sola col Sommo Sacerdote che si immola, non sarebbe con Lui una medesima oblazione, una medesima Immolazione, una medesima Ostia!…

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Noi vogliamo essere veri Sacerdoti; vogliamo essere Vittime! È questo un doppio carattere indivisibile che vogliamo portare davanti a Dio, nella sua Chiesa santa. Sarà, è vero, la morte universale e completa per la natura e per la carne; ma sarà pure la vita universale, la vita plenaria di GESÙ CRISTO in noi, anzi, «la pienezza di Dio in noi» (Ef 3, 19). Che questo si verifichi per tutti i vostri Sacerdoti, o eterno Amore! o eterna Misericordia! o Sapienza infallibile! o Dio! o Verbo! o GESÙ! Che tutti siamo simili a Voi… (questo è tutto!) «santificati e immolati nella verità come Voi siete per noi santificato e immolato nella verità!».

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NOTE

(298) De imit. Christi, Lib.

IV, cap. V.
(299) Una cum Seraphim canis, una cum Seraphim sta… Quid mirum, si cum Seraphim steteris, cum ea quae Seraphim non audent contingere, tibi confidenter Deus concesserit ?… S. JOANN. CHRYSOST., Homelia In Seraph., n. 3.
(300) Esistono le più intime relazioni tra la gerarchia angelica e la gerarchia sacerdotale, così insegna san Dionigi. Gelasio di Cyzico dice pure: «Cleri sacri ordinis caelestium typi et imagines esse debent. Episcopus enim debet obtinere locum Domini…
Presbyter debet tenere sedemet locum Seraphicum, Diaconus autem Cherubicum». – Histor. , II, 30.
Conc. Nicaeni
(301) De Sacerdotio, lib. VI, cap. IV. (2)
(302) Dialogor. lib. IV, cap. LVIII.
(303) I Cor., III, 16, 17; VI, 19. – II Cor., VI, 16, etc.
(304) Generat Christus in Ecclesia per suos Sacerdotes. – S. PACIAN., Sermo de Baptismo.
(305) Secret., Dom. IX post Pentecost.
(306) Homil. V, n. I, in illud: Vidi Dominum.
(307) San Roberto Bellarmino, Lessio, Suarez, ecc., pensano che le anime del Purgatorio pregano per noi.
(308) Ne sit honor sublimi s, et via deformis – S. AMBR., De dignit. Sacerd., cap. III