IL NOSTRO SACERDOZIO

  • Categoria dell'articolo:Studi

SACERDOTE CON CRISTO
SACERDOTE E VITTIMA
 Corso di teologia spirituale per sacerdoti
del P. R. GARRIGOU-LAGRANGE, O. P.

PARTE I – CAPITOLO II
IL NOSTRO SACERDOZIO

 
Dobbiamo parlare della sua sublimità che deriva dalla sua istituzione e poi dalla ordinazione sacerdotale e dai suoi effetti, considerando specialmente la loro finalità che è altissima.

L'istituzione del nostro sacerdozio.

 Come afferma il Concilio di Trento[1], il Cristo quando istituì l'Eucaristia, istituì anche il sacerdozio della nuova legge, dicendo: Fate questo in memoria di me [2].
Con queste parole proferite dopo la duplice consacrazione del pane e del vino, Gesù istituì gli Apostoli sacerdoti perchè offrissero il sacrificio eucaristico e, dopo la resurrezione, diede loro anche il potere di rimettere i peccati quando soffiò su di essi dicendo: Riceverete lo Spirito Santo; saran rimessi i peccati a chi li rimetterete e saran ritenuti a chi li riterrete (Gv. 20, 22). Ed all'inizio del suo ministero aveva già detto: Seguitemi, vi farò pescatori di uomini (Mt. 1, 16. 20); Non siete voi che avete eletto me, ma io ho eletto voi (Gv. 15, 16).
Il sacerdozio, come il sacrificio della Nuova Legge, doveva essere continuo fino alla fine del mondo per la salvezza di tutte le generazioni; perciò gli apostoli istituirono altri ministri, con un rito speciale esterno e visibile, quale la imposizione delle mani, in modo che rimanessero separati dagli altri fedeli. Essi soli avevano l'ufficio di reggere la Chiesa di Dio, di dispensare i misteri del Signore, di offrire doni e sacrifici[3]. La mediazione per la quale il sacerdote offre a Dio il sacrificio e distribuisce ai fedeli i doni divini presuppone una chiamata da parte di Dio, secondo quanto è detto nella epistola agli Ebrei (5, 4): Né alcuno si appropri da sé tale onore, ma chi è chiamato da Dio, come Aronne.

L'ordinazione sacerdotale.

La Chiesa ha definito che l'Ordinazione o Ordine è un vero e proprio sacramento istituito da Cristo Signore e come tale produce la grazia. Ed è articolo di fede che «la gerarchia, istituita per ordinazione divina, è formata da vescovi, da presbiteri e da ministri»[4]. Tuttavia molti teologi e molti tomisti, ad es. il Billuart, affermano che l'episcopato non è un sacramento distinto dal presbiterato, ma soltanto aggiunge al carattere sacerdotale la potestà di ordinare e di cresimare, e questo potere non è più alto della facoltà di consacrare l'Eucaristia, ossia il più sublime sacramento e sacrificio. Da ciò risulta chiara l'altezza del sacerdozio di qualsiasi sacerdote della nuova Legge: né i Vescovi, né il Sommo Pontefice hanno un potere maggiore per consacrare l'Eucaristia, hanno solo in più la facoltà di conferire l'Ordine, la Cresima, di consacrare le Chiese, i calici, ecc.
Inoltre è articolo di fede che nella sacra ordinazione viene impresso il carattere indelebile e conferita una grazia sacramentale speciale[5]. Bisogna perciò insistere sulla alta finalità del carattere sacerdotale e della correlativa grazia sacramentale.
Il carattere che intimamente e indelebilmente si imprime nell'anima, dà il potere di compiere validamente gli atti sacerdotali; perciò secondo il giudizio comune è il potere dell'ordine, necessario per consacrare validamente l'Eucaristia e per assolvere, sempre in modo valido, le anime dei fedeli dai peccati commessi dopo il battesimo[6].
La grazia sacramentale dell'ordine[7] a che cosa è ordinata? È più certa la sua finalità che il suo costitutivo formale. È ordinata al compimento non solo valido ma santo, e sempre più santo, degli atti sacerdotali, con il crescere della grazia e della carità richiesto dal supremo precetto[8]. È chiara la ragione di tale affermazione, chiunque riceva da Dio qualche potere, riceve anche i mezzi per esercitarlo degnamente come appare chiaro anche dalle preghiere del Pontificale. Da ciò deriva che la grazia sacramentale è un effetto più alto del carattere, come nota S. Tommaso[9].
Da tutte queste definizioni ed affermazioni appare chiara la sublime dignità del nostro Sacerdozio secondo la Chiesa cattolica. Svolgeremo in seguito questi concetti, ma fin d'ora si delinea la eccellenza della dottrina della Chiesa, in contrapposizione con i diversi errori.
I Protestanti in genere, eccettuati i ritualisti, negano l'esistenza del Sacramento dell'Ordine. Rivendicano il sacerdozio a tutti i fedeli, in forza del loro battesimo, ed affermano che basta una elezione pubblica per essere in grado di esercitarlo. Ed i Modernisti analogamente affermano che esso è stato istituito soltanto dalla Chiesa.
Vi è da notare contro i protestanti che la rivelazione della suddetta verità è stata fatta non in astratto, ma quasi in concreto, attraverso la prassi dell'amministrazione dei Sacramenti. E tale fatto complesso (l'ordinazione sacerdotale come pure il battesimo) può essere dimostrato con molte prove riguardanti la materia, la forma sacramentale, il ministro, il soggetto, e gli effetti. L'uso di non ripetere l'ordine, come pure il battesimo, dice molto su tali effetti, specialmente sul carattere indelebile.
Così il carattere dell'ordine è diverso da quello del battesimo e della cresima, perchè sono ordinati ad atti diversi[10].
Mentre il carattere del battesimo è una potenza passiva che rende capaci di ricevere in modo valido gli altri sacramenti, quello della confermazione e dell'ordine sono potenze attive[11]: ma l'uno, quello della confermazione, è ordinato alla difesa della fede, l'altro dà il potere di consacrare e di assolvere validamente. Cristo non ha ricevuto il carattere, è sacerdote per la grazia stessa della unione ipostatica, grazia assolutamente inamissibile.
Non si perde mai il carattere sacramentale, neppure all'inferno.
La grazia sacramentale può perdersi con il peccato mortale insieme con quella abituale, della quale è una modalità, ma viene restituita insieme con essa quando si ritorna in grazia.
È necessario soffermarsi sulla grazia sacramentale dell'Ordine, o del presbiterato, che deve dar frutti in tutta la nostra vita sacerdotale.

Cosa sia propriamente la grazia sacramentale
ed in particolare quella del presbiterato.

È necessario trattarne per fare meglio apparire tutta la dignità del nostro sacerdozio. Difficile è la questione della natura della grazia sacramentale, e spesso non viene affrontata abbastanza metodicamente. Cominciamo da quel che è più noto e più sicuro secondo la Rivelazione.
Quel che è più noto non è tanto la natura di tale grazia quanto il suo fine. Lo stesso accade per la grazia abituale comune: la nozione primordiale e certa è che questo dono è il seme della gloria, ossia della vita eterna; ma la vita eterna è una partecipazione alla vita intima di Dio per mezzo della visione beatifica e dell'amore indefettibile; entrambi questi atti presuppongono una partecipazione alla natura divina, perciò la grazia abituale, quale seme della gloria, deve già essere una qualche partecipazione della natura divina, ossia della divinità.
Per quel che si riferisce alla grazia sacramentale avviene la medesima cosa: la nozione primordiale e certa, secondo la Rivelazione, contenuta nella sacra Scrittura e nella Tradizione, è la sua finalità che è quella di far compiere degnamente e santamente quelle azioni che il carattere rende valide. Così la grazia sacramentale del presbiterato è ordinata all'esercizio degno e santo e sempre più santo, delle funzioni sacerdotali, quali la consacrazione e l'assoluzione sacramentale. Questo è assolutamente certo per tutti i teologi.
Da tale finalità ormai accertata con sicurezza può dedursi quale sia la natura della grazia sacramentale, perchè il fine è la prima causa dato che l'agente opera per un fine e dà una forma ordinata al conseguimento di esso[12].
Così viene amministrata la confermazione a quelli che hanno già ricevuto il battesimo e si dà loro anche l'Eucaristia, e perchè tali sacramenti non siano inutili bisogna che abbiano un effetto speciale. Non basta dire che producono un aumento di grazia, allora sarebbe sufficiente il ripetere più volte uno stesso sacramento o, al massimo, ne basterebbero tre: il battesimo per ricevere la prima grazia, la penitenza per i peccatori che avessero perduto la grazia battesimale, ed un terzo sacramento per aumentarla nei giusti. E non si spiegherebbe in tal modo perchè vi siano sette sacramenti specificatamente distinti; questi devono produrre ciascuno una grazia speciale, per non essere inutili. Si tratta sempre della finalità che illumina tutta la questione.
L'argomento è espresso in forma equivalente nel Concilio di Firenze dove si dice[13]: «Con il battesimo rinasciamo spiritualmente: con la confermazione cresciamo nella grazia e veniamo fortificati nella fede: rinati e corroborati veniamo nutriti del cibo divino della Eucaristia. E se con il peccato incorriamo nella malattia dell'anima, per mezzo della penitenza veniamo sanati spiritualmente… etc.». Ed il Conc. Tridentino[14]: «Se qualcuno dirà che i sacramenti della Nuova Legge non sono necessari per la salvezza, ma superflui… sia anatema».
Perciò la grazia sacramentale aggiunge qualcosa alla grazia abituale comune.
Ma che cosa aggiunge? Anche questo viene manifestato dalla sua finalità ormai accertata. Ma bisogna procedere con ordine, dicendo prima che cosa è che non aggiunge e che cosa invece è ammesso in generale dai teologi. Si può notare 1) che cosa è certo per tutti; 2) dove non vi è certezza, che cosa è probabile[15].
1) I teologi insegnano comunemente che la grazia sacramentale non è un nuovo abito infuso, realmente distinto dalla comune grazia santificante. Infatti l'essenza dell'anima viene sufficientemente santificata dalla grazia comune, che è una certa partecipazione alla natura divina, come fu santificata quella di Adamo innocente e come furono santificati gli Angeli che non hanno ricevuto i sacramenti; d'altra parte per le virtù infuse ed i sette doni che derivano alle facoltà dalla grazia abituale, tali facoltà sono disposte in modo sufficiente ad operare in maniera soprannaturale e connaturale[16]. Perciò la grazia sacramentale non è un nuovo abito infuso.
2) Tutti i teologi sono d'accordo nell'affermare che la grazia sacramentale aggiunge alla grazia comune almeno una specie di diritto certo a ricevere a suo tempo le grazie attuali e corrispondenti al fine speciale di ciascun sacramento. D'altra parte se non aggiungesse tale diritto, la grazia comune in qualsiasi soggetto sarebbe già grazia sacramentale e nessun sacramento produrrebbe una grazia particolare. Perciò ciascuno di essi produce almeno questo diritto a speciali grazie attuali[17].
3) Ma tale diritto è qualche cosa di morale ed è una relazione, e ha bisogno di un fondamento reale, che è propriamente la grazia sacramentale in quanto è un qualche cosa di reale e di intrinseco permanente nell'anima.
Infatti come il diritto alle eredità eterne è basato sulla grazia abituale comune, che è il seme della gloria; come il diritto al premio è fondato sull'atto meritorio per cui si ottiene un aumento di grazia abituale; così il diritto alle grazie corrispondenti ai fini di qualunque sacramento si fonda sulla stessa grazia sacramentale che nell'anima è un quid non solo morale, e non una relazione, ma il suo fondamento, ossia un quid reale, soprannaturale, permanente e intrinseco all'anima[18]. Questo risulta dalla finalità rivelata della grazia sacramentale. E S. Paolo parla di tale realtà soprannaturale permanente quando dice (1 Tim. 4, 14): non trascurare la grazia che è in te, la quale ti è stata data… con l'imposizione delle mani del presbitero.
Ma che cosa è più esplicitamente questa realtà soprannaturale permanente, se non un nuovo abito distinto dalla grazia santificante, dalle virtù infuse, dai doni? Fin qui avevamo la certezza, ora si passa nel campo della probabilità.
La sentenza più attendibile, ammessa da Giovanni di S. Tommaso, dai Salmanticesi, dal Contenson, Hugo, Merkelbach, e da parecchi altri tomisti, è che la grazia sacramentale sia un modo speciale ed uno speciale vigore della grazia santificante, che influisce negli atti di virtù[19]. Così ad esempio la grazia della giustizia originale aveva, rispetto alla grazia abituale comune che ci è stata ridata, uno speciale vigore. E questo ci viene in certo senso restituito dagli effetti particolari dei diversi sacramenti. Ma tale modalità speciale della grazia abituale fonda il diritto morale a ricevere ulteriormente le grazie attuali correlative. Tutto questo viene dedotto dalla finalità dei sacramenti; ma l'ultima deduzione è meno certa e viene proposta come la opinione attendibile. È avvenuto qualche cosa di simile e di più sublime nella Beata Vergine Maria che ricevette la grazia di madre e la carità e la dolcezza di madre verso Gesù, ed in S. Giuseppe che ebbe la carità e la prudenza di padre putativo, entrambi in modo particolare e con speciale vigore.
Prova. Ciò viene confermato dalla considerazione dei diversi sacramenti, in particolare:
la grazia battesimale è data non solo per vivere in modo soprannaturale, come Adamo prima della caduta e come gli Angeli, ma cristianamente con la imitazione del Redentore, in quanto Redentore. Ed in tale grazia, in quanto cristiana, è contenuta la disposizione all'amore per la croce; questa inclinazione non esisteva nei buoni angeli viatori ed in Adamo innocente.
La grazia della confermazione viene data per una ferma e prudente confessione della fede cristiana; quella della comunione per una maggiore unione con Cristo attraverso il crescere della carità; quella della penitenza per evitare le occasioni di peccato; la grazia sacramentale del matrimonio per vivere cristianamente uniti alla propria moglie e ai figli che devono essere educati cristianamente; quella del presbiterato per compiere le azioni sacerdotali santamente e sempre più santamente: la consacrazione, l'assoluzione sacramentale, la predicazione, la direzione delle anime. Così si parla di prudenza e di carità sacerdotali, perchè la suddetta modalità della grazia abituale influisce sulle varie virtù infuse che derivane da tale grazia. Tutto questo si deduce dalla finalità dei sacramenti. Appare perciò in modo chiaro e concreto che il fine è la prima causa e illumina le altre tre, come ragione del loro essere.
Corollari. Così la grazia sacramentale del presbiterato come modo permanente e intrinseco della grazia abituale è come il tracciato della fisionomia spirituale dello stesso sacerdote. Questa fisionomia si evolve e tende alla perfezione, come ad una età spiritualmente matura.
Perciò, mentre il carattere sacramentale dell'ordine, dato per rendere validi gli atti sacerdotali non è suscettibile di aumento, la grazia sacramentale, data per celebrare santamente e sempre più santamente e per assolvere, aumenta insieme con la comune grazia attuale della quale è un modo e un vigore speciale. Ciò non è detto esplicitamente dai libri, ma è certo, data la finalità di questi doni di Dio.
Così tutti affermano che la grazia sacramentale dell'ordine deve fruttificare e dà diritto a grazie attuali sempre nuove e sempre più alte se non vi si oppone ostacolo. Cresce come fanno i lineamenti della fisionomia di un fanciullo, secondo i diversi atteggiamenti del suo volto, riso moderato, pianto, movimento degli occhi ecc. Perciò, come dice il Billuart, «con quanta cura bisogna che ognuno badi di non perdere la grazia sacramentale o di mostrarsene indegno ricevendo il sacramento senza le dovute disposizioni».
La dignità del nostro sacerdozio appare chiaramente anche da questo che il Vescovo non ha nel consacrare l'Eucaristia un potere maggiore del sacerdote, come abbiamo già notato. La potestà di consacrare il Corpo di Cristo è di gran lunga più eccellente del potere di consacrare i sacerdoti ed i calici, perchè l'Eucaristia è il più eccelso Sacramento ed insieme è il sacrificio: infatti non contiene soltanto la grazia, ma l'autore della grazia. Così l'Episcopato appare, come affermano S. Tommaso, S. Alberto, San Bonaventura, Scoto, Soto, non un sacramento distinto dal sacerdozio, ma una sua estensione, e il suo più perfetto complemento per ordinare, confermare e governare; ed è la pienezza del sacerdozio che deve fruttificare nel Vescovo, così come la grazia del presbiterato nel sacerdote. Inoltre la dignità del sacerdozio è manifesta nel fatto che i segreti del cuore, nascosti agli stessi Angeli, vengono rivelati al sacerdote nella confessione per riceverne l'assoluzione e così egli coopera alla resurrezione delle anime ed è un altro Cristo, sia quando celebra la Messa, sia quando esercita il suo ministero presso le anime. Il suo sacerdozio è la sublime partecipazione al supremo sacerdozio di Cristo, di cui è ministro, ossia strumento vivente e cosciente.
Infine è necessario notare che il sacerdote che celebra è così unito con Cristo, principale offerente, che entrambi producono il medesimo effetto della consacrazione, come colui che scrive e la penna che usa producono lo stesso effetto. Infatti l'effetto della consacrazione ossia della transustanziazione passivamente considerata viene prodotto da Dio, quale agente principale, dalla umanità di Cristo, come strumento unito alla divinità, e dal celebrante, quale strumento separato, ma cosciente e volontario.
Obiezione. Sembra che la grazia sacramentale del presbiterato sia meno alta del carattere sacerdotale perchè, mentre questo è indelebile, quella, come la grazia propriamente detta, può perdersi per il peccato mortale. È una difficoltà perchè si sa che quanto più un accidente è perfetto, tanto più solidamente aderisce: perciò la grazia che si può perdere è meno perfetta del carattere che è inamissibile.
Si risponde: il carattere è indelebile non perchè abbia una perfezione o dignità maggiore, ma perchè viene dato affinché il sacerdote possa consacrare e assolvere non in maniera degna, ma validamente, per l'utilità spirituale dei fedeli. Lo spiega assai profondamente S. Tommaso[20], dimostrando che il carattere indelebile viene sempre conservato dal sacerdozio di Cristo, di cui è una partecipazione e dice: «Il carattere sacramentale è una qualche partecipazione del sacerdozio di Cristo nei suoi fedeli…»[21]; e ancora: «la grazia è nell'anima come una forma avente il suo essere completo in essa, il carattere vi è come una potenza strumentale; ma la forma è completa nel soggetto secondo la condizione di questo[22], così la grazia è nell'anima del viatore: ma la virtù strumentale dipende maggiormente dalla condizione dell'agente principale, e perciò il carattere è indelebile nella anima non per la sua perfezione, ma per quella del sacerdozio di Cristo, dal quale deriva il carattere come una certa capacità strumentale».
E ad 3 – «Il carattere rimane dopo questa vita nei buoni a loro gloria, nei cattivi a loro vergogna: così come il militare resta nei soldati anche dopo aver raggiunto la vittoria, nei vincitori a gloria, nei vinti a castigo».
Per ora basta quanto abbiamo detto sulla dignità del sacerdozio di Cristo e del nostro.

Breve ricapitolazione di tutta la prima parte.

Abbiamo detto che il sacerdozio di Cristo è così perfetto, per la sua unione con Dio, con la vittima e con il popolo, che non se ne può pensare uno più perfetto.
Il nostro sacerdozio è così subordinato a quello di Cristo per il carattere e la grazia sacramentale, che entrambi producono lo stesso effetto della consacrazione, come producono un effetto unico, come chi scrive e la penna che egli adopera.
Il Vescovo e il Sommo Pontefice non hanno nel consacrare l'Eucaristia, un potere maggiore di quello del semplice sacerdote.
Inoltre i segreti del cuore, nascosti agli angeli, vengono rivelati al sacerdote per averne l'assoluzione e la direzione.
Nel sacerdote il carattere indelebile, dato per la validità degli atti sacerdotali non aumenta, invece la grazia sacramentale dell'ordine che è una modalità della grazia santificante ed è data per celebrare ed assolvere santamente e sempre più santamente, aumenta con la grazia santificante di cui è un modo, aumenta come tratto della fisionomia spirituale del sacerdote e dà diritto a grazie attuali sempre più alte per esercitare sempre più, santamente le funzioni sacerdotali fino alla morte. Così, normalmente, l'ultima messa deve essere celebrata più santamente della prima. sebbene accada di provare una minore devozione sensibile, ma sono più grandi le virtù di fede, di speranza, di carità, di religione, aiutate dai sette doni, ed è Più forte in esse l'influsso della grazia sacramentale quale modo della grazia santificante.
Ciò avviene in modo singolare nei santi: per esempio nell'ultima messa di S. Giovanni Evangelista, di S. Benedetto, di S. Domenico, di S. Filippo, dì S. Francesco Saverio, di S. Carlo Borromeo, di S. Giovanni Vianney.

NOTE

[1] Denz. 938.
[2] Lc. 22, 19; 1 Cor. 11, 24.
[3] Cfr. Atti degli Apostoli: 6, 6; 13, 3; 14, 22; 20, 28; I a Timoteo 4, 14; II a Timoteo 1, 6; I ai Cor. 4, 1; agli Ebrei 5, 1.
[4] Conc. di Trento, Denz. 966.
[5] Denz. 964, 959.
[6] Cfr. Conc. Trident., Denz. 960.
[7] Denz. 959.
[8] Denz. 960.
[9] Somma Teol. III, q. 62, a. 5.
[10] Cfr. Somma Teol. III, q. 63, a. 5.
[11] Q. 63, a. 3.
[12] Vedere in S. Tommaso, Somma Teol. III, q. 62, a. 2: Se la grazia sacramentale aggiunge qualche cosa alla comune grazia abituale, che viene detta «grazia delle virtù e dei doni» in quanto le virtù infuse ed i sette doni derivano da essa e ne derivavano anche in Adamo innocente e negli Angeli che pure non ricevettero i sacramenti. S. Tommaso risponde nell'argomento sed contra…: Aggiunge qualche cosa, perchè, in caso diverso, i Sacramenti verrebbero conferiti senza alcun effetto a coloro che già possiedono la grazia delle virtù e dei doni.
[13] Denz. 695.
[14] Denz. 847.
[15] Molteplici sono le definizioni della natura della grazia sacramentale: 1) alcuni dissero una volta che è uno speciale abito infuso distinto dalla grazia abituale, dalle virtù infuse e dai sette doni. – 2) Altri sostengono che non è un abito distinto, ma qualche cosa di reale che conferisce il diritto alle grazie attuali per cui vengono compiuti gli uffici correlativi ad un dato sacramento. – 3) Altri ancora dicono: è un modo speciale della grazia della virtù e dei doni che dà il diritto alle suddette grazie attuali. Bisognerebbe scrivere una tesi su questo argomento, considerando soprattutto la finalità di tale grazia.
[16] Cfr. S. Tommaso nel passo già citato, ad l.
[17] Cfr. S. Tommaso nel passo citato.
[18] Cfr. S. Tommaso nel passo citato, ad 3.
[19] Cfr. S. Tommaso, De Veritate, q. 27, a. 5 ad 12.
[20] Somma III, q. 63, a. 3.
[21] Somma III, q. 63, a. 5 c.
[22] Così, per, es., la scienza è nel discepolo istruito, secondo la sua capacità.

<precedente

indice

prossima>