Amor di benevolenza in Gesù

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P. SILVIO MARIA GIRAUD
MISSIONARIO DELLA SALETTE

SACERDOTE E OSTIA


CAPITOLO TREDICESIMO. Amor di benevolenza in Gesù –  Zelo per la gloria di Dio e per la salvezza delle anime


    Amore di Benevolenza verso Dio, – Zelo per la sua gloria, – Amore della salvezza delle anime, sono termini che esprimono quasi lo stesso pensiero. Voler bene a Dio, ossia desiderargli del bene, non può significare altro che il desiderio della sua gloria esterna; questa domandiamo quando diciamo: «Sia santificato il vostro nome, venga il vostro regno, sia fatta la volontà vostra, così in terra come in cielo» (Mt 6, 9); e l’esaudimento di questa preghiera, è la salvezza delle anime. È vero che Dio ritrae la sua gloria, non solo dalla salvezza dei giusti, ma anche dalla perdizione volontaria dei peccatori. La sua gloria, nell’ultimo giudizio e, nell’eternità consisterà, nel trionfo della sua giustizia sopra i cattivi; ma Egli avrebbe voluto trovare la sua gloria unicamente nella fedeltà delle sue creature dapprima, e poi nella loro eterna salvezza.
    È dolce pensare che tutto quanto possiamo desiderare a Dio di bene, di onore, di trionfo in questo mondo e nell’altro, si confonde con la salvezza delle anime. Le anime sono come la materia della sua gloria. Se le anime periscono, Dio non riceverà dal mondo la gloria ch’Egli aveva in vista nel crearla. Tale è davvero la carità del nostro Dio, che non vuole avere, nel tempo, altri interessi che quelli dei suoi figli (122).
     Orbene, GESÙ lo sa. La nostra dolce Vittima viene in questo mondo per la glorificazione del Padre suo, per il regno di Lui, per la fondazione e la dilatazione dell’impero di Lui; ma perché tutto ciò non può effettuarsi se non con la conquista delle anime, non vi sarà nel suo Cuore che un medesimo amore, egualmente forte e costante, egualmente consumante e immolante: l’amore del trionfo del Padre e l’amore delle anime. Per tal fine, qual’è la vita di questo misericordioso Redentore? Egli prega senza posa, soffre, lavora, si offre Vittima. Egli dice: «Sono venuto a portare fuoco sopra la terra, e che voglio, se non che si accenda» (Lc 12, 49)?


E’ questo il fuoco dell’amore di Benevolenza; sono gli ardori del suo zelo per l’onore del Padre suo, è la carità per le anime che lo consuma. Bisogna assolutamente che il Padre trionfi, e che le anime siano redente e salvate: tutto è lì. I trentatre anni della sua vita sono tutti ripieni di tale intima passione; ma soprattutto nei giorni della sua vita pubblica questo amore si manifesta in un modo più sensibile. Con quale tenerezza Egli parla del Padre suo e dei diritti di Lui alla nostra fedeltà! Come vuole guadagnare le anime al di Lui servizio! E come si ritira nell’ombra, perché tutte le anime si rivolgano direttamente a quel Padre dilettissimo! «Quando sarà elevato da terra, tutto trarrà a sé», ma riferisce al Padre tutto l’onore di quel trionfo: «Nessuno può venire a me se non lo attira il Padre mio. Chiunque viene a me, prima ha udito il Padre e imparato da Lui» (123). Muore per dare soddisfazione al Padre suo, restituendogli la sua gloria; e per salvare le anime, strappandole alloro nemico. Nel mistero della sua Risurrezione, non saranno dimenticate né la gloria del Padre, né la santificazione delle nostre anime (124). Il Servo di Dio Giovanni Olier, in una delle sue lettere, scrive: «Nel tempo della sua Risurrezione, Nostro Signore pregava incessantemente per la santificazione del Santo Nome di Dio, e l’esaltazione della gloria di Lui. Egli nutriva un ardente desiderio dell’incremento della Chiesa; pregava perché il Padre si compiacesse di stabilire sulla terra la sua Chiesa, che è il suo vero regno, dove è riconosciuto Re, dove i suoi sudditi lo obbediscono e osservano le sue leggi» (125). La sua Ascensione fu il suo trionfo. e il trionfo del Padre, ma era pure come la profezia e il compimento, iniziato nella sua persona, del trionfo di tutte le anime fedeli al suo amore (GV 14, 2-3; Ef 2, 6).     Infine, verrà quel giorno nel quale questo dolce trionfatore, vincitore perché è Vittima, come diceva s. Agostino, Victor quia Victima, avrà sottomesso a se stesso tutte le anime che debbono formare il suo Corpo mistico. «Allora sarà la fine, dice san Paolo; il Figlio rimetterà a Dio e al Padre la sua conquista, e il Figlio, nella sua Umanità e nella sua qualità di Sacerdote e di Ostia eterna, si assoggetterà pure Lui stesso a Colui che gli ha assoggettato ogni cosa, onde Dio sia tutto in tutte le cose» (I Cor 15, 24-28).
    È questo il termine della missione del Figlio.. Vittima amorosa e generosa, GESÙ, nel suo amore, nelle sue opere, nella sua immolazione, nel suo trionfo, non separa mai questi due oggetti: il Padre suo la cui gloria è il fine di tutto, e le anime la salvezza delle quali è la materia di questa gloria.


     Ecco una grande lezione che va sovente meditata dagli uomini apostolici. Perché, se noi consideriamo le anime soltanto in se medesime, e non in relazione al trionfo di Dio e del nostro Salvatore, potrà darsi che il loro stato miserabile e i loro difetti ci ispirano ripugnanza; se invece all’amore delle anime aggiungiamo l’amore di Benevolenza verso Dio, noi possediamo la grazia vera e completa dell’uomo apostolico. «La divina passione dell’amore di benevolenza è quella che produce tanta abbondanza di predicazione; che, attraverso tanti pericoli, conduce al Giappone, alle Indie… quella moltitudine di gesuiti, di cappuccini, di religiosi ed altri missionari d’ogni sorta. Questa santa passione fa scrivere tanti libri di pietà, fondare tante chiese, altari, pie case, e fa che tanti servi di Dio veglino, lavorino e muoiano tra le fiamme dello zelo che li consuma e li divora» (126).
    Il vero zelo è così il frutto del divino amore, frutto tanto più abbondante, fecondo, atto a formare la gioia della Chiesa e a salvare il mondo, che l’amore di Benevolenza, nell’anima sacerdotale, sarà più ardente, più profonda e più abituale.
    GESÙ, Sacerdote e Vittima, è il nostro gran modello. Egli non vede mai le anime che nel Padre suo. Dice espressamente: «Conosco il Padre mio, e dò la mia vita per le mie pecorelle». Quindi non si risparmia più, dice san Paolo; avrebbe potuto vivere «nella gioia»; Egli sceglie invece il dolore. la contraddizione, e l’obbrobrio. Affinché ci sia nota questa incessante immolazione di se stesso, Egli diceva un giorno: «Generazione perversa, sino a quanto dovrò Sopportarvi»? In tutta la sua vita trionfa continuamente l’amore delle anime, sia che Egli sia sottoposto alla persecuzione dei Farisei, sia che benedica i bambini, istruisca le turbe, consoli gli afflitti, o guarisca gli infermi. Come un giorno darà il suo sangue, così in tutte le strade della Palestina sparge grazie, insegnamenti, consigli e conforti. Meditiamo quelle ammirabili rivelazioni del Cuore della nostra dolce Vittima. «Io sono il buon pastore… Come il Padre conosce me, io pure conosco il Padre, e i suoi disegni, la sua volontà, quella misericordiosa condiscendenza per la quale ha posto la sua gloria quaggiù nella salvezza dei peccatori; perciò dò la mia vita per le mie pecorelle. Vi sono altre mie pecorelle, che non sono di quest’ovile; anche quelle è necessario che le raduni; e vi sarà un solo ovile ed un solo Pastore. Ecco perché il Padre mi ama; perché depongo la mia vita, per nuovamente riprenderla» (127).
 


    Dio! quali meravigliose parole! Come esprimono il carattere, il fine, il compito della sua missione! il Padre l’amerà; così esprime la gloria e il compiacimento che il Padre ne proverà. E quel dolce «È necessario!» Vi è qui un mondo, un vero mondo di luce, di bontà, di grazia, di speranza, di salvezza. «È necessario»: è l’eterna volontà del Padre, il suo decreto steso in piena forma e munito del suo sigillo; qualche casa quindi di immutabile, sovrano, irresistibile. Oportet! è la necessità, il bisogno dell’amore, dell’amore che ama, che comanda anche alla potenza e dà la spinta alla volontà. È, inoltre e per conseguenza, la volontà e il bisogno di GESÙ tutto animato dagli amori santi che stanno nel Padre, e assolutamente docile e abbandonato ad ogni volere di Lui: «È necessario»: è lo scopo della sua Incarnazione e il prezzo del suo Sacrificio… Ne andrà di mezzo la sua vita: non importa! Oportet! Non riuscirà quest’opera, senza che migliaia di apostoli vi si sacrifichino e soccombano nella prova; senza che milioni di martiri vi apportino il contributo del loro sangue. GESÙ vede tutto, tutto conta, tutto pesa; eppure dice: «E’ necessario ch’io raduni anche le altre» (GAY, LVI Elévation).


     GESÙ ci ha dato la sua Madre, ha stabilito la sua Chiesa, il Sacerdozio, la santa Gerarchia, i Sacramenti; ha promesso d’essere con noi sino alla consumazione dei secoli con la sua grazia e la sua assistenza, le quali non mancheranno mai né ai Pastori, né ai fedeli: tutto per le anime. Che si salvino le anime! Ecco l’incessante omaggio. il culto e l’attestato d’amore ch’Egli vuol dare al Padre suo (128).
     Sempre vivente nel suo Corpo mistico, Egli solo è il principio di tutto il bene che in esso viene operato. Tutti i sacrifici da Lui ispirati, tutte le immolazioni da Lui richieste, i Dottori da Lui suscitati, i Santi da Lui formati in ogni secolo, le lotte, le prove, i trionfi della sua Chiesa; tutto ciò ancora è un complesso di mezzi, dei quali si serve il suo Cuore per raggiungere quell’unico fine ch’Egli predilige: la glorificazione del Padre e la salvezza delle anime.
 


    Oh! come davvero è bello, delizioso e degno di tutte le nostre congratulazioni, delle nostre adorazioni e delle nostre lodi, l’amore di Benevolenza di GESÙ, nostro Sacerdote e nostra Ostia! Come questo amore è per Lui un peso che lo opprime! Quando diceva: «Ho da ricevere un battesimo (di sangue); e qual pena è la mia, finché non sia adempito» (Lc 12, 50)! Egli parlava del compimento dell’opera sua, dell’opera del suo zelo; perché allora il Padre riceverebbe, infine, tutta la gloria a Lui dovuta, e le anime sarebbero redente. Ma un tal peso comprimeva in ogni tempo il suo Cuore. Quanto è tenero il Bambino di Betlemme! l’Adolescente di Nazareth! il Dio sì umile della vita pubblica! il dolce Agnello condotto al Macello! il nostro adorabile Crocifisso, tutto affannato, tutto schiacciato sotto quel peso doloroso, ma a Lui mille volte caro, del suo Amore di Benevolenza! Come sono belli i suoi desideri, le sue sollecitudini, le sue angosce, le sue speranze, le sue gioie, le sue amarezze, sentimenti tutti che a volta a volta opprimono o sollevano la sua anima! O vita tutta animata dagli ardori consumanti dell’amore!


NOTE

(122) Hoc est enim maximum et maxime regium Dei opus, humanam salvare naturam. CLEMENS ALEX., Paedagog., I. – Nihil tam dignum Deo, quam salus hominis. – TERTULL., Adversus Marcionem, II

(123) Luc., XVIII, 19; JOANN., VI, 44, 45; XII, 32.

(124) Rom., VI, 4; VI, 25. – Per salutiferam Resurrectionis potentiam, ad aeternam mereamur pervenire laetitiam. Missa de Adv, de Beata M. V.

(125) Lettre CXLIV. De la dignité et de la sainteté des Prètres, etc.

(126) S. FRANCESCO DI SALES, Traité de l’Amour de Dieu, liv. V, chapitre IX.

(127) JOANN., X, 11-17; MARC., IX, 18; Rom., XV, 3; Hebr., XII, 2.

(128) Nullum omnipotenti Deo tale est sacrificium, quale est zelus animarum. S. GREG. MAGN., XII, in Ezechiel.